Thiem va, Djokovic è un fantasma (Crivelli). L'inspiegabile declino di Djokovic lo svogliato (Clerici). Djokovic, il male oscuro del guerriero (Giua). Thiem, rivincita doppia (Mancuso)

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Thiem va, Djokovic è un fantasma (Crivelli). L’inspiegabile declino di Djokovic lo svogliato (Clerici). Djokovic, il male oscuro del guerriero (Giua). Thiem, rivincita doppia (Mancuso)

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Thiem va, Djokovic è un fantasma (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

II buio oltre la rete. Dov’è finito Djokovic, chi è quel fantasma che si aggira per il Centrale tramortito dagli schiaffi di Thiem, così ansioso di abbandonare la trincea di sangue delle sue ferite da non osservare neppure il minuto di pausa dopo il 5-0 del terzo set, quasi a voler suggerire al rivale di affrettare il colpo di grazia? Un anno fa, Nole cavalcava su Parigi con la forza maestosa di un conquistatore invincibile, novello Napoleone che completava lo Slam personale e vinceva il quarto Major di fila. Un anno fa, in semifinale, annichiliva proprio l’austriaco e la sua fresca ambizione, inchiodandolo alla miseria di sette game. Oggi, a ricordarlo, sembra un’altra epoca: non gli bastano infatti due set point sul 5-4 per incamerare il primo parziale, e dopo un tie break in cui offre il petto a Dominator con sei errori di rovescio, il colpo più sicuro e la sua coperta di Linus, evapora fino a scomparire, con i gratuiti che doppiano in pratica i vincenti (35 a 18), quasi che lo spirito guerriero dei tempi d’oro si sia arreso insieme a lui. Il Djoker non beccava un 6-0 in una sconfitta in uno Slam dal 2005, la preistoria, quando da sbarbato diciassettenne qualificato prese una lezione da Safin in Australia. Soprattutto, diventa il primo campione uscente dal 2000 a subire un’eliminazione con un bagel, come lo chiamano gli americani, quando Agassi, giusto lui, si inchinò allo slovacco Kucera.

Adesso, ovviamente, il rapporto con Andre, da un mese solo abbozzato, è al centro del villaggio: «Non mettelo in mezzo a questa storia — tuona il serbo recuperando fierezza —. Andre non è implicato per nulla in questa sconfitta, ho fatto tutto da solo. Il suo impatto e la sua influenza hanno bisogno di tempo, dobbiamo conoscerci di più e nessuno ha il filtro magico. Tempo. Novak lo insegue ormai da dodici mesi, da dodici mesi chiede in continuazione a se stesso e al mondo altre occasioni, altre opportunità, ma per sua stessa ammissione resta lontano, lontanissimo dal livello abbagliante dei trionfi in serie. E allora una pausa, uno stop, un ripiegamento si illuminano all’improvviso nella mente, diventano una riflessione non così banale: «Credetemi, sto pensando a molte cose. Sto provando a capire quale possa essere la migliore soluzione per me. Ci sono stati tanti cambiamenti nel mio team, lavorare con Agassi certamente mi riempie di entusiasmo e in ogni caso la decisione non sarà agevole, vedrò come mi sento nei prossimi giorni».

Ai giornalisti del suo paese, però, confesserà poi di avere troppi impegni in ballo per rinunciare a Wimbledon, una rivelazione che manifesta i turbamenti dell’antico signore. Qualche risultato, come la recente e travolgente vittoria proprio contro Thiem a Roma (6-1 6-0, incredibile vista oggi), aveva lasciato intuire squarci di luce, ma non ha guarito la malattia: «Sono incostante, gioco bene due o tre match e poi ho un calo. Devo accettarlo, non vinco un grande torneo da troppo tempo, cercare di uscirne è una grossa sfida che sono pronto ad affrontare. Ma che io perda per la dieta che faccio, come ho sentito dire, è una cosa ridicola». Però è tornato a mangiare uova e pesce, mentre Nadal e Wawrinka scoppiano di salute (…)

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L’inspiegabile declino di Djokovic lo svogliato (Gianni Clerici, La Repubblica)

Sulla scala di uscita, dopo che Djokovic ha perduto l’ultimo set 6-0 contro Thiem, mi imbatto in John McEnroe. Saluti e poi: «Tu cos’avresti fatto, al posto di Nole, John?» domando. «Per cominciare, avrei fatto qualcosa prima del terzo set». Annuisco. «E poi, gli avrei fatto qualche drop, seguendolo a rete». Annuisco. Pensando che quello appena sofferto è un tennis diverso, con le atroci racchette in grafite, che rendono difficilissimo sbagliare. Il match tra Thiem e Djokovic, forse il più importante della giornata, l’avevo seguito insieme al mio amico Stefano Semeraro, unico dei pochi cronisti capaci di leggere e addirittura di scrivere. Ci siamo guardati più volte increduli. Ma quello era davvero Novak Djokovic, ci domandavamo. E Stefano: «Sembra un telefonino in treno. D’improvviso perde campo». Un giocatore simile alle fattezze di Nole era il n.1 mondiale sino al Masters di Londra. Ricordavamo che il suo ultimo torneo vinto risaliva a Doha, all’inizio dell’anno, ricordavamo che aveva ceduto il n.1 mondiale, suo per 4 anni. Ricordavo anche che a Roma, due settimane addietro, aveva incontrato e dominato lo stesso avversario, peraltro affranto di fatica, per 6-1, 6-0. Credevamo di esserci insomma ben preparati, ma non sapevamo spiegarci il Djokovic di oggi.

Contro un Thiem capace di colpire con violenza e regolarità la palla, Nole non pareva riflettere più di un giocatore che svolgesse malvolentieri, o distrattamente, una partita. Non variava una rotazione, permettendo così al giovane austriaco di avventarsi sui rimbalzi e colpirli con identica, crescente intensità. Era arrivato al momentaneo pareggio del primo set con colpi occasionati e non inferiori all’austriaco. Ma, nel tie break, cadeva d’improvviso in sei errori gratuiti. Perduto quel tie break, mentre ci aspettavamo in molti che il match cominciasse, ci eravamo resi conto, increduli, che era finito. L’altro quarto mai in dubbio è dovuto a Wawrinka, che molti trovano simile a quello che vinse Flushing Meadows, e che colpisce la palla con crescente potenza e disinvoltura.

Non l’ho visto dominare un Cilic dal rovescio insufficiente, ma non sono ancora in grado di seguire due match contemporanei, ad imitazione di colleghi più giovani, amanti della tv. Mentre Wawrinka dominava, mi sono posto alcuni dubbi sulla possibilità del giapponesino Nishikori di divenire un winner. Alla Scuola di Bollettieri, infatti, è facile imparare ad essere un attaccante dal fondo, tipo Agassi o Courier, ma non un tennista capace di strappare un’alta percentuale di palle decisive. Così, raggiunto il tie break del terzo set, Nishikori è riuscito ad imitare Djokovic nell’impresa negativa di sei errori gratuiti e, nel quarto set, ha trovato modo di soccombere al solito Murray implacabile, nelle imprecazioni e nella regolarità (…)

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Djokovic, il male oscuro del guerriero (Claudio Giua, repubblica.it)

C’è un piccolo “male oscuro”, come lo chiamò Giuseppe Berto, nel vissuto attuale di Novak Djokovic. Altrimenti non si spiegherebbe quel che il consapevole “malato” risponde a chi gli chiede se stia meditando una pausa dal tennis: “Penso a molte cose, cerco di capire cosa è meglio per me. Non escludo nulla. Ma non mettiamo Andre in mezzo. Ci siamo appena conosciuti, questa è una faccenda mia”. Il male oscuro è una leggera forma di depressione, azzardo. Andre è Agassi, il quale – come tutti sanno – con queste angosce ha avuto a che fare per più di vent’anni e adesso dovrebbe aiutare il più titolato giocatore di questo decennio a superare le proprie.

È forse il giorno più nero della carriera di Nole. Mai l’avevo visto sbuffare così, dopo ogni singolo scambio, e poi fissare un punto che va oltre le tribune del Suzanne Lenglen. Mai avevo letto, stampata sul suo volto, un’espressione a caratteri cubitali che significa “…e adesso che cazzo faccio?”. Imprecare al cielo e chiedere incattivito il sostegno del suo staff e del pubblico nei passaggi cruciali dei match sí, l’avevo visto spesso: ma né io né altri lo ricordiamo cedere sotto il peso di due set persi per lasciare il terzo senza lottare.

Oltre ai muscoli facciali tesi, sono i movimenti in campo a tradire l’assenza della spavalderia di un tempo e la costante presenza dell’incertezza. È che Nole parte e arriva tardi, dopo infiniti scambi spara passanti che non passano e decelerazioni che si fermano contro la rete, non sfodera nemmeno una volta il guizzo che cambia il momentum della partita. Non prevede le mosse dell’avversario e tatticamente fa le scelte sbagliate, delle quali si rende conto ancora prima che l’ultima sua palla lunga si sperda lontana dalla riga di fondo. È esasperato e intristito. Un ex guerriero.

Questa è “la” sconfitta, non una sconfitta come le altre. Si può perdere per mano di un qualunque Daniel Istomin (“…una giornata storta”, pensammo tutti in gennaio a Melbourne) ma non per quella di Dominic Thiem, che ha come proprio impegno programmatico battere tutti i Top Five per detronizzarli. È vero che l’austriaco non è lo stesso giocatore al quale Djokovic meno di tre settimane fa in semifinale a Roma aveva lasciato un misero game e nei precedenti quattro confronti da Shangai 2014 alle ATP Finals dell’anno scorso aveva concesso un solo set, al tie break, nell’O2 Arena londinese. L’austriaco, che nel 2017 ha ottenuto risultati inferiori soltanto a quelli di Roger Federer e Rafael Nadal, ha impiegato tre anni e cinque match a trovare i colpi – il rovescio soprattutto – e la strategia per mettere in difficoltà l’ex numero 1 al mondo. Mission accomplished: oggi li usa con sapienza e determinazione fino a stroncare Nole con un eloquente 7-6 6-2 6-0 in due ore e un quarto. Però, mentre sappiamo chi è, cos’è e com’è oggi questo ragazzo di quasi 24 anni con la saggezza del veterano, non sappiamo più niente di chi è, cos’è e com’è oggi il campione serbo fresco trentenne. L’abbiamo perso, come dicono nelle serie tv delle Emergency Room, un anno fa con il suo primo trionfo a Parigi e non l’abbiamo più ripreso.

Nulla oggi va come Nole vorrebbe. Ne prende via via consapevolezza nel corso del primo set, che tuttavia potrebbe conquistare al tie break: “Si è deciso tutto lì”, commenterà a fine partita. “Nel secondo ho lasciato un break decisivo. Difficile commentare il terzo set. Dominic ha meritato di vincere, oggi è stato migliore di me, mi ha impedito di giocare con il rovescio sia in top sia piatto. Non mi ha dato ritmo, variava continuamente”. Nessun cronista avrebbe saputo essere altrettanto sintetico ed efficace (…)

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Thiem, rivincita doppia (Angelo Mancuso, Il Messaggero)

Dimenticare la severa lezione al Foro Italico non era semplice: un 6-1 6-0 che lo aveva riportato bruscamente sulla terra. Dominic Thiem lo ha fatto da campione, anche se Djokovic ci ha messo del suo: 7-6 (5) 6-3 6-0 il punteggio in favore del 23enne austriaco, che ha colto la seconda semifinale consecutiva al Roland Garros dopo quella persa proprio contra Nole un anno fa. Irriconoscibile il serbo, tarantolato Thiem, che lo ha schiantato sul ritmo, punto di forza del 30enne di Belgrado. Ha dominato sulla diagonale del rovescio (lo gioca a una mano ed è uno spettacolo) aprendosi il campo per chiudere con accelerazioni di diritto devastanti. I due set point falliti con il rovescio da Djokovic nel primo parziale, avanti 5-4, sono lo specchio della partita. Come vederlo gambe all’aria su un contropiede diale di Thiem. Mai nella storia dello Slam francese il campione in carica aveva perso tre set a zero con l’ultimo set a zero.

Nole lunedì prossimo uscirà dai primi due giocatori del ranking per la prima volta dal 21 marzo 2011 e non esclude di prendersi una pausa: «Ci ho pensato in questi ultimi mesi e solo io posso sapere cosa è meglio per me. Valuterò. Ci sono stati molti cambiamenti ne] mio staff, scelte difficili_ Io adoro il tennis e sono felice di lavorare con Agassi, ma ho delle responsabilità verso questo sport e nei confronti delle altre persone. Ho raggiunto la vetta e questo mi ha dato tante emozioni, ora è difficile ritrovarle. Ma non è successo solo a me e in questo Andre potrà aiutarmi».

Domani in semifinale Thiem troverà un Rafa formato Superman, che va a caccia della storica “decima”. Ieri gli sono bastati 51 minuti per superare il connazionale Carreno Busta, costretto al ritiro per un infortunio ai muscoli addominali sul 6-2 2-0 per Nadal. 11 maiorchino è passato alla demolizione fisica dei rivali: in 5 match ha mollato 22 game. E’ primato a Parigi: ha fatto meglio del 2008, quando ne aveva ceduti 25. Virtualmente è n.2 ATP, a meno che Wawrinka (6-3 6-3 6-1 a Cilic) non raggiunga la finale. Intanto parla de] suo prossimo avversario, che come lui non ha perso un set e lo ha eliminato nei quarti a Roma. «Prima o poi Thiem vincerà il Roland Garras, speriamo non già quest’anno… Colpisce con potenza e íI suo rovescio fa male». Nell’altra semifinale Wawrinka sfiderà il n.1 Murray, che ha superato per 2-6 6-1 7-6 (0) 6-1 Nishikori (…)

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