Fognini e Giorgi hanno impensierito gli avversari ma hanno perso. Non è un caso

Editoriali del Direttore

Fognini e Giorgi hanno impensierito gli avversari ma hanno perso. Non è un caso

WIMBLEDON – Entrambi hanno perso gli ultimi cinque game di fila. L’analisi è semplice: gli altri sono più forti. I bei colpi illudono ma non bastano. È la continuità il segreto dei campioni come Murray e Ostapenko

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da Londra, il Direttore

L’inizio del mio editoriale riprende in buona parte, con alcune integrazioni, ciò che ho scritto in un commento a caldo appena concluso il match di Fognini. Fognini e Giorgi avranno certo molti rimpianti oggi. Escono a testa alta dal torneo, ma hanno in comune anche una cosa meno piacevole da ricordare: hanno perso entrambi gli ultimi cinque game. D’altra parte Giorgio di Palermo stasera mi domandava: “Quanti sono i primi dieci tennisti del mondo?”. La domanda, retorica, stava a significare che… alla fine i top ten si distinguono dagli altri proprio perché al momento buono vengono fuori con gli attributi e vincono mentre gli altri, che magari hanno giocato colpi splendidi e spettacolari, svaniscono e alla fine perdono. Alla Giorgi non manca il coraggio, però quando i nervi prendono il sopravvento affiorano le debolezze e lei guarda caso i primi doppi falli del suo match li ha fatti proprio sul 5-3 del primo set (due). E nel secondo set, dopo che aveva perso appena tre punti in tre turni di servizio, fra terzo, quinto e settimo game, di nuovo! Arriva a servire sul 5-3, non mette una prima ed ecco che sul 15-30 ha fatto nuovamente un doppio fallo in una giornata in cui ne ha fatti pochini per il suo standard. E Fognini? Idem con patatine. Uguale. Ha battuto discretamente bene (ma non come contro Vesely) salvo quando gli serviva. Batte sul 5-3 40-15 e i peggiori servizi e set point sono stati proprio quelli. Un caso? Purtroppo se i casi si ripetono non sono più casi.

Poi ora, è come immaginare tutto quel sentirò dire. Ci sarà la solita ricerca delle attenuanti, l’arbitro che lo ha ammonito prima perché aveva sbattuto la racchetta a terra (e sul Centre Court più ancora che altrove non è consentito) e che poi gli ha dato un penalty point che peraltro non ha inciso minimamente sul risultato. Ha fatto raggiungere il 2-2 a Murray nel quarto, ma poi Fognini è salito a 5-2. Vogliamo stare a rinvangare il penalty point. Ridicolo suvvia. Fognini ha fatto sapere in conferenza stampa che andrà a far sentire le sue ragioni dal Supervisor. Che ci va a fare? Fossi lui non ci andrei, ma non sono lui. A tennis vince chi è più continuo e chi gioca meglio i punti importanti, che sono quelli finali. La Ostapenko è n. 13 del mondo e non n.86, Murray è il n.1 e non il n.29. Quella differenza numerica non impedisce a chi è classificato peggio di giocare anche colpi più belli e spettacolari. Quella differenza scaturisce dalla diversa continuità con cui i tennisti riescono a fare i punti, spettacolari o meno importa il giusto, e torneo dopo torneo. Non un giorno sì e cinque no. Il computer non ce l’ha con Camila o con Fabio. I quali hanno il potenziale per realizzare ogni tanto anche un grande exploit… ma, appunto, ogni tanto. O comunque non abbastanza spesso.

Insomma la spedizione azzurra a Wimbledon (11 al via) si è conclusa al venerdi della prima settimana dei Championships. Gli ultimi due superstiti sono stati sconfitti dopo due partite più che dignitose. I rimpianti non mancheranno, ma forse sarebbe giusto sottolineare ancora che hanno perso da avversari oggettivamente più titolati di loro. Molto più titolati. E quindi non per caso, come dicevo sopra. L’erba, d’altra parte, non ci è mai stata troppo amica. Nicola Pietrangeli è stato il solo a raggiungere le semifinali, 57 anni fa, e quando non potevano esibirsi diversi professionisti della troupe di Jack Kramer: Rosewall, Hoad, Gonzales per citarne solo alcuni. Adriano Panatta si fermò nei quarti davanti a DuPre nel ’79 (che rabbia! Quella sì che è stata un’occasione clamorosa), come Davide Sanguinetti nel ’98, battuto però senza storia da un Krajicek che era troppo più forte di lui. Davide era stato non poco fortunato ad infilarsi in un corridoio giusto lasciato vuoto da Marcelo Rios che l’erba non la poteva proprio vedere… e Davide si trovò a giocare contro Pepe Clavet che non  era davvero un fenomeno. Le nostre ragazze ormai sono passate in… riproduzione o sono prossime alla pensione. Purtroppo noi non abbiamo avuto una Venus Williams (unica ex regina di Wimbledon ancora in lizza, qui ha collezionato 5 trionfi): raggiunge gli ottavi a Wimbledon per la quindicesima volta. Non credo che vincerà il torneo, ma a 37 anni è la più anziana ad andare così avanti dal ’94 quando Martina Navratilova fu fermata solo in finale da Conchita Martinez.

Torno un attimo su Camila Giorgi: aveva mostrato ancora una volta il talento, ma non la freddezza e la sagacia tattica, per competere con le più forti del mondo. Camila è stata avanti 5-3 (e 30-0) nel primo set e 5-2 nel secondo con ragazzina lettone, Jelena Ostapenko campionessa del Roland Garros, ma li ha persi entrambi 7-5 (1 ora e 21 minuti). Poteva vincere lei in due set, ma ha perso in due. Vecchia storia, troppe volte deja vu. Quando ha servito sul 5-3 ha fatto i suoi doppi falli del match, due. E negli ultimi cinque game del secondo set lei ha fatto solo 6 punti e la Ostapenko 20. Alla fine i punti conquistati in più dalla Ostapenko sono stati solo 11. Insomma fino al 5-2 ne aveva fatti di più Camila, pur sbagliando – anche questo deja vu – tattica. È quindi una questione di testa anche se tatticamente avrebbe dovuto capire che quando serviva e giocava centrale metteva in difficoltà la Ostapenko e invece quando cercava gli angoli era la lettone ad aprirsi meglio il campo e a far suo il punto. Purtroppo Camila, che pure ha battuto 7 top-ten in carriera, per vincere una partita la deve vincere almeno due volte. E anche tre. Nel secondo set aveva battuto benissimo fino al 5-2, difendendo un’unica palla break nel primo game e tenendo i successivi tre turni di servizio a 30, a 0 e a 15. Ma sul 5-3 combina disastri. E, come detto sopra, perde cinque games di fila.

L’ultima volta che tennisti italiani avevano raggiunto la seconda settimana di Wimbledon era stata nel 2013, con Seppi, Pennetta, Knapp e Vinci: persero tutti e quattro nettamente, ma fu comunque record.

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