Cilic: "Ho imparato a gestire le sconfitte. Sono pronto per Roger"

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Cilic: “Ho imparato a gestire le sconfitte. Sono pronto per Roger”

Le dichiarazioni di Marin Cilic dopo la vittoria in semifinale contro Sam Querrey

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Oltre al fatto di essere in finale, qual è la cosa di cui sei più orgoglioso?
Direi che la mia solidità mentale è stata notevole considerando che entrambi abbiamo disputato un grandissimo primo set. Un livello da non credere. E poi al tie-break ho fallito; ero 4-1 avanti e Sam ha fatto dei bei punti. Ho avuto un po’ di sfortuna su due chiamate con il challenge e ho perso quel set. Ma sono riuscito a riprendermi e me ne sono reso conto in alcune situazioni critiche. Sono stato bravo anche quando ero sotto di un break al quarto set. Ho giocato tutto l’incontro ad alto livello.

Cosa significherebbe per te interrompere qui a Wimbledon il dominio dei fab 4?
Sarebbe un sogno divenuto realtà vincere qui. Quando vinsi lo US Open nel 2014 sentii che mi si aprivano tante opportunità per il resto della mia carriera. Rifarlo significherebbe ancora di più perché so quanto ha significato per me quel primo successo.

Molti osservatori, tra i quali Lopez e Ivanisevic, ti avevano indicato tra i favoriti alla vigilia. Ti sei sentito così durante il torneo? Pensi di poter battere chiunque indipendentemente da chi sia in finale?
Ne ero molto consapevole. Molte persone intorno a me erano positive sul fatto che potessi andare molto avanti. Sapevo di poterlo fare, ma poi si tratta di riuscirci in campo. Gli ultimi due incontri sono stati molto duri per me e mi hanno messo molto alla prova. Sono stato pronto. È solo un altro passo avanti. Io credo nella mia possibilità di poter giocare grandi partite a questo punto del torneo. Sono prontissimo per la finale.

Il tuo coach Jonas Bjorkman ha dichiarato di essere rimasto impressionato dal modo in cui tu impari dalle sconfitte, tipo quella recente al Queen’s. Credi di essere giunto a questa finale grazie alla tua umiltà nel riconoscere le tue lacune?
Direi di sì. Certo è dura perdere, ma le sconfitte ti danno una visione migliore e più chiara rispetto alle vittorie. Quando vinci va tutto alla grande. Non ti curi degli errori. Nel corso della mia carriera, in particolare negli ultimi anni, ho imparato a gestire meglio le sconfitte, soprattutto sui grandi palcoscenici. Penso che imparare dai piccoli dettagli in tali circostanze mi abbia aiutato a progredire. Ora so come sfruttarli in situazioni analoghe.

Molto probabile che tu debba incontrare Federer. Puoi parlarci delle sfide insite nell’affrontarlo in una finale?
Se sarà lui, qui a Wimbledon, ritengo che sia il suo giardino di casa. Un posto dove si sente al meglio e dove può esprimersi al massimo. Io guarderò indietro, a 12 mesi fa, quando fui a un punto dalla vittoria contro di lui. Penso proprio che se dovrò affrontarlo, dovrò dare il meglio per batterlo. Ma mi rendo conto che è una montagna altissima da scalare. Lui sta giocando forse uno dei migliori tennis della sua carriera attualmente e sta facendo una grande stagione. Ma io ritengo di essere pronto.

Anche se era una superficie diversa, la vittoria contro Federer allo US Open del 2014 ti dà più convinzione di poterlo ribattere?
Sì. Anche per via della partita dello scorso anno di cui ho parlato. Ora sono in forma migliore rispetto ad allora, sono più forte mentalmente e ho imparato alcune importanti lezioni. Ma è una finale. Non è mai facile da gestire. Non sai mai quali saranno le tue emozioni quando scendi sul campo centrale. Io credo di avere le capacità e il gioco e che durante il torneo abbia giocato molto bene. Questo mi dà tanta fiducia in vista della finale.

Hai detto che questo è il giardino di casa di Federer. Quando pensi a ciò che lui ha raggiunto qui, quali immagini ti vengono in mente per prime?
Non so bene cosa rispondere. Guardando al suo gioco, al suo stile, direi che è quasi perfetto per l’erba. Sento che, specialmente sul campo centrale, i suoi colpi sono molto fluidi e gioca molto aggressivo. Ha quel talento naturale nelle sue movenze di poter accelerare e decelerare a piacere. L’erba si adatta perfettamente al suo tipo di gioco.

Uno dei tuoi obiettivi dichiarati per la stagione era entrare tra i primi cinque e, se vincerai domenica, lo centrerai. Questa considerazione ti mette addosso ulteriore pressione oppure no?
No. Per me è un grande passo avanti. Ne abbiamo parlato anche al Queen’s. Io non ho iniziato bene la stagione. Ma ho continuato a pensare, insieme al mio team, che il mio traguardo era arrivare tra i primi cinque alla fine dell’anno. Sono sulla buona strada per farcela. Anche se non dovesse succedere ora, c’è molta strada ancora per potercela fare.

Jonas dice che fuori dal campo sei un ragazzo adorabile e che in campo stai cercando di diventare più cattivo o intimidatorio. È più facile per te adesso provare a diventarlo? Come ti vedi? Sei abbastanza cattivo?
Credo di essere ancora una persona gradevole anche sul campo. Dovreste chiedere ai miei colleghi. La gente mi chiede sempre se dovrei essere più cattivo, arrogante, egoista etc. per vincere con più costanza. Io non sono d’accordo. Non c’è una formula. Sento che le emozioni sono molto importanti, specialmente per me che sono di temperamento tranquillo. Con Jonas e la mia squadra sto lavorando per essere un po’ più carico emotivamente. Penso mi possa aiutare a giocare più libero.

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