Macché Next Gen! Se non fosse per Federer e Nadal…

Editoriali del Direttore

Macché Next Gen! Se non fosse per Federer e Nadal…

Wimbledon è stato salvato dall’Old Gen. Insieme ai due più grandi, Venus Williams e Gilles Muller. Si salvano solo Zverev e Thiem

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La rassegna stampa di Ubitennis – La lezione di Federer: giovani, ci vuole più coraggio

Ora che Roger Federer è ufficialmente il più grande campione che il sacro tempio di Wimbledon abbia mai visto in 131 anni di storia e leggende, e direi che non c’era bisogno di queste ultime 11 ore e 37 minuti per celebrare il regno di Roger VIII anche se stavolta non ha neppure perso un set, 41 anni dopo un certo Borg, occorre forse fare il punto sulla situazione del tennis.

Perché non stupisce soltanto il fatto che a dominare una stagione, due Slam e i soli due Masters 1000 giocati, sia un signore di quasi 36 anni, un’età in cui i… “non superuomini” si accontentano di fare un po’ di palestra, magari anche un po’ di bicicletta e qualche weekend di golf. Inciso a proposito del golf: magari a qualcuno è sfuggito, ma Roger ha battuto anche un record… del golf! Jack Nicklaus aveva vinto “soltanto” 18 Slam del golf. Roger 19. Stupisce, invero, che in questo stesso anno un altro signore, di 31 anni (non un ragazzino NextGen quindi) e come Roger con una discreta mole di acciacchi alle spalle (anzi, qualcuno in più), tal Rafa Nadal, abbia dominato un Roland Garros per la decima volta. Anche lui, vedi un po’, senza perdere un set.

Stupisce che questi due signori, da 34 Slam in due, stiano dominando la Race 2017 e siano i principali candidati – salute permettendo, è la cosa più importante, hanno sempre ripetuto entrambi fino alla noia – a concludere l’anno da n.1 e n.2, perché nel prossimo secondo semestre Andy Murray (che comunque ha 30 anni, mica è un bambino) ha cambiali talmente pesanti – e un’anca talmente malridotta (mica era l’alluce sinistro di Cilic…) – che è praticamente impossibile onorarle. Quanto a Djokovic, beh ne ha meno, ma se ci ha appena raccontato di soffrire del “Gomito del Tennista” c’è qualcuno oggi che scommetterebbe per i mesi a venire su una sua “eroica cavalcata” sul modello dei primi sei mesi del 2016? Quando oltretutto non si è nemmeno ben capito la sua situazione con Agassi, con il nuovo team in sostituzione della ben più collaudata coppia Becker&Vajda? Tuttavia, reso il meritato e dovuto onore ai due Grandi, sarà il caso di ricordare che Murray è arrivato quasi alle semifinali con una gamba sola, e Djokovic con un braccio che gli impediva di battere a più di 150 km l’ora.

L’ATP tira legittimamente l’acqua al proprio mulino propagandando ai quattro venti che la base dei buoni giocatori si è molto allargata, che il livello è molto salito, che la preparazione atletica dei professionisti di oggi non è comparabile con quella di qualche anno fa, che la tecnologia di palle e racchette ha fatto grandi progressi, ma è un fatto incontestabile – anche per l’ATP – che ben pochi giovani tennisti (inclusi quelli di mezza età) dimostrano di avere le qualità tecniche per impensierire i Fab Four, l’indiscussa élite del tennis degli ultimi quindici anni.

Da 15 anni, val la pena di sottolinearlo ancora una volta, il titolo di Wimbledon è stato appannaggio dei soliti quattro giocatori, otto volte Roger, tre volte Nole, due volte Rafa, due volte e tre quarti Andy (i tre quarti stanno per l’oro olimpico vinto dallo scozzese). Della cosiddetta e così tanto strombazzata NexGen per gli ovvi motivi promozionali – anche in Italia per “lanciare” il torneo under 21 di Milano, dove però i due per i quali pagherei il biglietto sono già fuori età, l’imprevedibile Kyrgios e il più solido Thiem – il solo che è arrivato agli ottavi è stato Sascha Zverev che è anche il solo che ha già cominciato a vincere qualcosa di davvero importante: il Masters 1000 di Roma. Anche Thiem è arrivato agli ottavi. Ma gli altri?

Fosse stato per tutti loro il torneo sarebbe stato una gran delusione. Il torneo è stato “salvato” in campo maschile dal leggendario e storico trionfo di Roger Federer e dall’unico match davvero meritevole d’essere visto per equilibrio e suspence: Muller, 34 anni, vs Nadal 31. Per ora i millantati campioni della NextGen sono ancora nascosti nel sottoscala. Quello che ha fatto più parlare di sì è stato forse Medvedev… per aver gettato le monetine all’arbitro Mariana Alves che gli aveva fatto un overrule aspramente contestato. Di sicuro è stato originale.

E in campo femminile? Dal percorso affascinante di una anziana campionessa che, anche lei, non vuole saperne di arrendersi all’età, Venus Williams che a 37 anni dice quel che ripete instancabilmente anche Roger Federer: “I keep playing  because I love tennis and tennis loves me”. “Continuo a giocare perché amo il tennis e il tennis ama me”. Fra le ragazze almeno c’è una Muguruza, 23 anni, che assicura un minimo ricambio alle Williams e alle altre “vet” di minor classe e regolarità.

Dopo aver clamorosamente sbagliato le mie previsioni sul ritorno ad altissimi livelli del trentaseienne Roger – ma ero in buona compagnia no? – chi si azzarda più a vaticinare l’impossibilità di mamma Serena a rivincere qualche Slam all’età di 37 nel 2018. A gennaio il Mago Ubaldo farà attenzione a non esporsi troppo. Guai a dare troppa soddisfazione ai miei innumerevoli detrattori (eh eh).

Va dato atto ad una n.1 molto discussa, Angelique Kerber, di aver dato vita, insieme alla futura regina Muguruza. al miglior match del torneo femminile. Auguro a Karolina Pliskova di onorare la sua fresca leadership WTA, perché – se non fosse per Ostapenko che deve comunque ancora dare ulteriori prove delle sue qualità – lo stato di salute generale del tennis femminile mi sembra assai precario e peggiore di quello maschile. Nei doppi spopola sempre Martina Hingis a… beh no, l’età delle donne non si dovrebbe dire. Ho già fatto eccezione per Venus.

C’è ancora tutta un’estate per vedere se qualche NextGen riuscirà a fare qualche exploit. Sarà importante che ci riesca, perché altrimenti il torneo di Milano sarà un flop. Non un flop di pubblico, beninteso, perché sulla fame di tennis a Milano probabilmente si può contare – e poi alla peggio pur di non mostrare spalti semivuoti fra ATP e FIT sarebbero disposti anche a regalare un po’ di biglietti – ma un flop televisivo. Perché, alla fine, non sono ormai più i biglietti a decretare il successo di un evento, di un torneo, ma le audience televisive.

Roger Federer ha fatto il boom, dopo che in prime time Murray-Fognini aveva registrato 6 milioni e 600.000 spettatori sulla BBC e Nadal-Muller 6 milioni e 700.000. Ma Muguruza-Venus Williams si era fermata a 2 milioni e 500.000, autorizzando Charles Sale del Daily Mail a rispolverare l’annosa questione: ma è davvero giusta la parità dei montepremi fra tennisti e tenniste? Guai a sollevare un argomento del genere negli USA. Per quel giorno degli ottavi in cui a Wimbledon hanno programmato i quattro Fab Four sui due campi principali, Centre Court e uno, e le donne anche su campi due, tre e 18, il New York Times ha sollevato un polverone e ondate di proteste femministe. In Italia forse non sarebbe successo.

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