Felici e conten...nis: racchette e letteratura, incontro d'emozioni

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Felici e conten…nis: racchette e letteratura, incontro d’emozioni

Classici, autobiografie, gialli, romanzi rosa: le mille pagine con protagonista il gioco del tennis

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Moravia, Bassani, Nabokov, Soldati, Wallace, sono autori così lontani per stile e temi trattati, che risulta difficile credere possano avere qualcosa in comune. Eppure è così. Loro, come altri colleghi meno noti ma comunque di indubbio valore, hanno dedicato pagine memorabili al mondo del tennis, ergendolo a protagonista o lasciandolo sullo sfondo, descrivendone l’emozione e il fascino senza tempo, in pagine di vibrante emozione. Su Ubitennis abbiamo già parlato del capolavoro “Il giardino dei Finzi-Contini” di Giorgio Bassani, dove il tennis era più che altro una scusa, per il protagonista, per frequentare la casa dell’amata, una villa con tanto di campo da tennis, luogo di ritrovo della Ferrara bene. Anche in “Delitto al circolo del tennis” di Alberto Moravia, questo gioco non è che uno sfondo alla vicenda, un contesto più sociale che fisico.

Per trovare un’opera con il tennis protagonista, descritto con la sensibilità degli artisti e la passione dei giocatori irriducibili, non si può che pescare fra le opere di David Foster Wallace, fra le quali va ricordato “Il tennis come esperienza religiosa” (qui la nostra recensione: prima parte, seconda parte), raccolta di saggi in cui si parla dello scontro fra talento e potenza, degli interessi economici che vi sono dietro a questo splendido sport, delle geometrie che sembrano sovraintendere ad ogni altra logica, e infine della parabola esistenziale di uno sport che finisce col mettere di fronte non solo due atleti, ma anche due uomini coi propri limiti personali, tecnici ma anche caratteriali.

È ormai un classico invece la descrizione della protagonista del libro “Lolita” di Nabokov, in cui l’autore sottolinea, in un’opera così controversa e affascinante, la sua conturbante eleganza in campo: “La mia Lolita aveva un modo impareggiabile di alzare il ginocchio sinistro flesso nell’ampio, scattante inizio del ciclo del servizio, allorché veniva a crearsi, e restava un istante sospeso nel sole, un vitale ordito d’equilibrio tra il piede sulla punta, l’ascella ancora imberbe, il braccio brunito e la racchetta gettata ben all’indietro, mentre lei sorrideva con denti scintillanti al piccolo globo sospeso così in alto, allo zenith del cosmo possente e armonioso da lei appositamente creato per piombargli addosso con il netto schiocco sonoro della sua frusta dorata”.

In questa ricerca letteraria del tennis come vera anima di un’opera, non si può non citare “Smash”, una raccolta di 15 racconti scritti, fra gli altri, da Sandro Veronesi (qui potete leggere integralmente il suo racconto “Vitamina”: prima parte, seconda parte), in cui un tema comune è sviluppato con diverse sensibilità, fra avvincenti aneddoti e curiosità, in cui la bellezza di uno sport in cui non sempre vince il più forte viene fuori con differenti toni, singolari punti di vista, e un comune tratto di innegabile fascinazione. Come quella che il lettore non potrà negare leggendo “La palla da tennis” di Mario Soldati, favola surreale di un grande scrittore, regista e giornalista italiano.

E proprio un noto giornalista italiano, da sempre ossessionato dal tennis e che tanti appassionati ha saputo contagiare con questo fuoco sacro, Gianni Clerici, ne ha scritto la Bibbia, “500 anni di tennis”. Ex tennista anche di Wimbledon e Roland Garros, fine giornalista sportivo e romanziere, in quest’opera Clerici ci porta in un lungo viaggio nella storia e nell’evoluzione del gioco del tennis. La grandezza dell’autore è riassunta nella definizione che ne fece Italo Calvino, riconoscendogli di essere “uno scrittore prestato allo sport”.

Infine, come non citare due autobiografie di fenomeni del tennis mondiale, l’epico John McEnroe con “Non puoi dire sul serio”, e l’ex capellone Andrè Agassi, “Open”. La prima è forse più un regalo ai suoi fan, che un’opera di cui si sentiva la mancanza. Discorso diverso invece per il signor Graf, che in questo libro, vero e proprio best seller, ci parla del suo odio per il tennis, imposto sin dai 4 anni da un padre autoritario che voleva a tutti i costi farne un campione. Inserita fra le 50 migliori opere moderne da Alessandro Baricco nella sua rubrica “Una certa idea di mondo”, è la perfetta unione fra sport e letteratura, un’opera che va al di là della mera autobiografia, la parabola esistenziale di un uomo che gioca a tennis perché “non in grado di fare altro”, un talento rinnegato, odiato, ma che milioni di persone sognano. L’accettazione infine del proprio destino, la rinascita dall’odio quando si smette di fare qualcosa soltanto per gli altri, in quella che è una perfetta sintesi fra arte ed emozione.

Antonio Petrucci

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