Fognini più forte dei suoi fantasmi (De Ponti). Pennetta:"Cara Federica, ora puoi lasciare (Foschini). Allenatori, ascoltate Federer e insegnate il coraggio (Garlando)

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Fognini più forte dei suoi fantasmi (De Ponti). Pennetta:”Cara Federica, ora puoi lasciare (Foschini). Allenatori, ascoltate Federer e insegnate il coraggio (Garlando)

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Fognini più forte dei suoi fantasmi (Diego De Ponti, Tuttosport)

Dalla wild Card alla semifinale del torneo di Gstaad. Fabio Fognini ha centrato l’ingresso nelle semifinali del torneo svizzero. Il 30enne di Arma di Taggia, nei quarti ha sconfitto per 6-3 4-6 6-3 il lettone Ernest Gulbis, che nel turno precedente aveva eliminato in tre set Paolo Lorenzi. Il 28enne di Riga è avversario scomodo per l’azzurro e si è aggiudicato quattro dei cinque precedenti, compresi gli ultimi tre. Una statistica che aggiunge valore al successo di ieri. Fognini è riuscito a controllare l’incontro. Soprattutto non si è fatto travolgere quando il lettone ha trovato i colpi per aggiudicarsi il secondo set. Oggi Fognini si gioca un posto in finale con la seconda testa di serie del tabellone, lo spagnolo Roberto Bautista Agut che ha regolato per 6-3 6-4 l’uzbeco Denis Istomin. Il ligure è in vantaggio per 5-2 nel bilancio dei confronti diretti ma il 29enne di Castellon de la Plana si è aggiudicato l’ultima sfida, disputata in semifinale a Stoccarda nel 2014

 

Pennetta: “Cara Federica, ora puoi lasciare” (Giuliano Foschini, La Repubblica)

Quando Flavia Pennetta ha visto la sua amica Federica Pellegrini vincere i 200 stile libero ai campionati del mondo aveva accanto Federico, il suo bambino di due mesi e mezzo. E ha pensato a quel messaggio di due anni fa. Flavia aveva vinto da poco gli Us Open, annunciando di smettere. Federica le scrisse: «Brava, fai benissimo!». Ora tocca alla Pellegrini. «A quel messaggio risposi: ora vinci i 200 alle Olimpiadi e lascia anche tu. Ha vinto i mondiali, diciamo che andrebbe bene lo stesso…».

Perché bisogna smettere quando si vince?

«Parlo per me, ma penso che il tennis e il nuoto abbiano molte cose in comune. Io ero stanca di competere, ma non con gli altri, io non ho mai giocato contro gli altri, ma con me stessa. La mia carriera è stata, sin dal principio, sin da quando ero bambina, una partita infinita tra Flavia e Flavia, tra i miei sogni e i miei limiti. Non giochi, non nuoti per gli altri, io agli altri non mi sono mai troppo interessata. Lo fai soltanto per te stesso».

Ne parla come una sofferenza.

«In parte lo è. Intendiamoci: gli sportivi professionisti sono dei privilegiati, girano il mondo, spesso guadagnano cifre altrimenti impensabili. Ma smettere è una liberazione. significa rompere quella bolla di vetro nella quale, inevitabilmente, sei stata cacciata quando eri bambina. Smettere vincendo è una pacificazione. Significa dire ce l’ho fatta, ho raggiunto quello che volevo, scusate ma non ho più niente da dire, grazie, è stato bellissimo ma ora ho altro da fare».

Ecco, ora cosa ha da fare?

«Non ho mai avuto tanto tempo per me. Le mie giornate erano cadenzate dal fisioterapista, dall’ allenamento, dallo psicologo, tutto girava attorno a un colpo sbagliato, a una reazione in campo non efficace, sei sempre tu e soltanto tu. Ora se ho voglia di andare a prendere un caffè con le mie amiche, vado. È la mia liberazione».

Ma i campioni devono rispondere anche al loro pubblico. Ci sono centinaia di bambine che hanno cominciato a giocare a tennis perchè giocava lei.

«È bellissimo. Ma in campo ci vai tu. E quelle partite sono prima di tutto con te stesso, poi con l’avversario. Quelle ore passate nel campo, quella fatica fisica, mentale fanno parte di una partita che giochi in solitaria Ecco perché c’è qualcosa di ancora più bello di una vittoria».

Cosa?

«Vincere in età matura. Perché vincere con consapevolezza ti permette di avere tranquillità: sai chi sei, quello che hai fatto, e puoi lasciare nel momento più alto, quando nessuno se l’aspettava».

Si rivede ogni tanto?

«Sì, guardo i video. Sorrido: penso, oddio, se provassi adesso a fare quelle cose, mi spaccherei. Come facevo! Ecco, non mi sono mai pentita della scelta che ho fatto. Ma mi manca allenarmi: non la competizione, ma ho bisogno di sudare, vorrei sentire ancora la fatica. Federico dorme poco ( ride) ma quella fatica è un’altra cosa».

Non le manca altro?

«Mi manca giocare».

 

Allenatori, ascoltate Federer e insegnate il coraggio (Luigi Garlando, La Gazzetta dello Sport)

Questo è un appello per gli allenatori di bambini e ragazzi che sui lettini in spiaggia stanno raccogliendo le idee per i primi allenamenti della prossima stagione. Stracciate quei fogli pieni di frecce e annotatevi una frase sola, quella che Roger Federer ha pronunciato dopo l’epico trionfo di Londra: «Mi spiace che in un torneo come Wimbledon alcuni avversari e quasi tutti giovani non abbiano fatto nemmeno il 2% di serve and volley in una partita. Spero di vedere più ragazzi a rete. Ci vuole più coraggio». Dal tennis al calcio cambia poco, se parliamo di spirito: più attacco. più coraggio, più rete. Ha ragione Roger. Riempite l’area di palloni, poi fate scattare il cronometro: “Bambini, vediamo quanto ci mettete a calciarli tutti in porta”. Giochi cosi. Insegnategli l’elastico di Ronaldo, la ruleta di Zidane. Se inciampano, amen. Si rialzano e impareranno. Raccontategli come Bruno Conti cambiava direzione in corsa con un colpo di tacco, parlategli di Garrincha e del doppio passo di Robinho. E se uno ferma la palla sotto la suola o la passa davanti a un difensore, fermate la partitella come fa Di Francesco e spiegatelo anche Voi: l’avversario si punta e si salta: il dribbling va coltivato e annaffiato come un fiore in allenamento. E piantate un palo nella testa dei vostri terzini, come ha fatto il Gasp con Conti: ad ogni azione deve arrivare là in fondo e toccarlo quel palo, attaccarlo. E se i giovani mediani si fermano a presidiare, scaraventateli in area, fategliela attaccare, fategli cercare il gol. Sempre. Euro finale Under 21 del 2013: ci fa tre gol Thiago Alcantara. Euro-semifinale 2017: ce ne fa 3 Saul. Coincidenze? No. Legge. Perché nel calcio spagnolo l’interno, per costituzione, ha istinto e tecnica per cercare la porta. Su quanti interni del genere può contare oggi Ventura? Una miseria. Si dirà: vabbe, è la terra del tiqui-taca? Questione di tradizione. E la Germania allora, che a centrocampo ha sempre prodotto carri armati da corsa? Quest’estate ha vinto Confederations ed Europeo Under 21 mettendo in vetrina stelline offensive dai piedi dolci. Da quando hanno rivoluzionato il sistema di formazione, sfornano in serie mezzepunte alla Ozil. E cosi l’Inghilterra che plasma tanti piccoli Sterling e ha vinto il Mondiale Under 20 facendoci girare la testa sul piano della fantasia e della tecnica pura, cosa un tempo impensabile. Significa che uno può onorare la propria tradizione, ma anche farla sterzare verso il futuro. Sarebbe ora che lo facessimo anche noi. Invece di tirarcela da maestri della tattica e ripeterci che noi abbiamo sempre vinto in difesa, educhiamo i nostri bambini alla tecnica virtuosa, al coraggio di osare e alla gioia della porta, al piacere del gioco. Per l’organizzazione e la tattica c’è sempre tempo. Allenatori in vacanza. quando riavrete i vostri piccoli giocatori abbronzati, date retta al sommo Federer: buttateli a rete

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