#AskUbitennis: Madison Keys e le promesse da mantenere

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#AskUbitennis: Madison Keys e le promesse da mantenere

Per la nostra Newsletter, ci avevate chiesto lumi su Madison Keys. La statunitense è ancora da considerarsi una futura campionessa? Intanto è in semifinale a Stanford…

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Madison Keys è uscita dai radar, questo forse a causa dell’operazione al polso che l’ha costretta a star ferma 4-5 mesi. Si parla tanto delle ’97, di Anett Kontaveit (’95 come la Keys). Vi chiedo semplicemente cosa c’è da aspettarsi da una giocatrice di quel calibro, ancora così giovane, che ha vinto molto poco e su una sola superficie (che non ritengo nemmeno la più adatta al suo tennis) e vanta due finali di Premier 5 di livello (Roma e Montreal). (Ermanno Ossola)

Buongiorno Ermanno,

malgrado abbia solo 22 anni, è ormai da molto tempo che si parla di Madison Keys. Se ripenso alla sua carriera, rivedo alcuni momenti sparsi, positivi e negativi, difficili da classificare in modo semplice e lineare. All’inizio c’era la ragazzina prodigio che si allenava all’Accademia di Chris Evert ed era ritenuta una promessa dalle doti speciali. Qualche anno dopo, tra le adulte, sono arrivate le prime conferme, con la vittoria a Eastbourne nel 2014, poi nel 2015 la semifinale agli Australian Open, la finale a Charleston, i quarti a Wimbledon.

Ma già in quel biennio di grandi progressi le cose non erano andate sempre in modo costante. Fra un picco e l’altro c’erano stati anche momenti difficili: il ritiro a Wimbledon 2014 per infortunio, o la delusione agli US Open (sconfitta da Krunic). Anche il 2016 è stato in parte contraddittorio: un’ottima primavera-estate (con la finale a Roma e la vittoria a Birmingham, la finale a Montreal e il quarto posto alle Olimpiadi); ma degli Slam non esaltanti, leggermente al di sotto delle aspettative.

E quindi? Forse per comprendere meglio la situazione occorre fare uno zoom all’indietro, lasciare che i singoli episodi sfumino in lontananza, e avere la possibilità di individuare il quadro generale. In questo ci può aiutare il ranking, che è costruito su dodici mesi e dà indicazioni a lungo termine. E il ranking ci dice che Keys dal suo esordio (nel 2009) è sempre migliorata: 621, 483, 315, 149, 37, 31, 18 (fine 2015), 8 (fine 2016).

Il quadro di insieme è quindi sicuramente positivo. Ma rimangono dei nodi da sciogliere, legati ad aspetti tecnici, fisici e caratteriali. Ci si chiede se il suo tennis estremo potrà rivelarsi produttivo ai massimi livelli. Ho definito il suo tipo di gioco quello delle “super-attaccanti”: chi vuole avere sempre il controllo dello scambio, attraverso un atteggiamento ultra offensivo e una grande velocità di palla che comporta alti rischi. Tenniste come Keys, Lucic, Giorgi, possono attraversare fasi in cui sono irresistibili, ma anche altre di crisi in cui a errore segue errore, in loop negativi che sono quasi auto-distruttivi.

A questi dubbi aggiungerei due questioni, più specifiche e personali. La prima è legata ai frequenti cambi di coach: Keys negli ultimi anni ha avuto un rapporto “tira e molla” con Lindsay Davenport, con cui aveva cominciato a collaborare alla fine del 2014, ma poi ha sperimentato anche altri allenatori (Levine, Wilander, Hoegstedt). Oggi è di nuovo insieme a Davenport. Cambi frequenti di coach indicano una insoddisfazione che non può risultare costruttiva; per questo c’è da augurarsi che le ultime scelte risultino più durature.

L’altra grande questione sono gli infortuni. Già in passato aveva avuto qualche guaio fisico (in particolare alla gamba sinistra), ma il problema al polso sinistro è stato molto più serio. È stata operata una prima volta in novembre e poi una seconda volta, a sorpresa, tra il Roland Garros e Wimbledon, perché il primo intervento non aveva fatto scomparire il dolore. Intervistata di recente dalla WTA ha raccontato particolari abbastanza raccapriccianti, e ha spiegato nel dettaglio come i trattamenti con il cortisone subiti nel 2016 e la prima operazione avessero lasciato problemi irrisolti. Ha spiegato come dalla fine del 2015 e in tutto il 2016 abbia spesso giocato convivendo con il dolore; eppure ha comunque saputo finire la stagione fra le prime otto del mondo.

Non solo. Dopo il primo intervento i medici le avevano detto che non c’erano più ragioni per sentire male, e dunque il dolore persistente sembrava frutto di autosuggestione. Poi però dopo l’ultima recentissima operazione il chirurgo ha confermato: “Non so nemmeno come abbia potuto giocare con una situazione del genere, era così mal messa”. Altro che suggestione: dopo il primo intervento, un nervo periferico era cresciuto “fuori controllo” dentro l’articolazione, e provocava dolori alle prime sollecitazioni.

Il risultato di tutto ciò è stato un 2017 iniziato saltando i primi tre mesi di tornei e poi ampiamente insufficiente: solo 12 partite, appena 5 vittorie e 7 sconfitte. Cinque volte è andata al terzo set e cinque volte ha perso. Dopo il Roland Garros durante la seconda operazione le è stato prelevato del grasso dallo stomaco per iniettarglielo nel polso e questo l’ha obbligata a rimanere assolutamente ferma per dieci giorni. Preparazione davvero sui generis in vista di Wimbledon, e non stupisce che contro Giorgi abbia finito per crollare di nuovo al terzo set (6-4, 6-7, 6-1).

A questo punto, quasi di sicuro per la prima volta chiuderà l’anno con un regresso nel ranking. Ma quando si entra in top ten, per rimanere a quei livelli la salute è indispensabile, e una stagione gravemente compromessa da problemi fisici difficilmente si conclude nelle prime dieci. Oggi sembra tutto negativo. Ma forse, ancora una volta, dobbiamo fare uno zoom all’indietro e ragionare con una prospettiva più ampia. Per me Keys rimane una giocatrice con enormi potenzialità che, malgrado un tennis difficile e rischioso, ha saputo crescere anno dopo anno. Dopo aver vinto tornei Premier, avere raggiunto la top ten e avere preso parte al Masters, le rimane l’ultimo passo, il più difficile: l’affermazione in uno Slam. Potrà farcela chi pratica un tennis come il suo? Malgrado tutto penso di sì, e il successo di una giocatrice come Jelena Ostapenko al Roland Garros è una conferma indiretta.

Ma per farlo dovrà ricostruire passo passo tutti gli elementi del suo gioco: innanzitutto recuperare la piena efficienza fisica, poi tornare a vincere sempre più spesso, e quindi ritrovare la fiducia e la solidità psicologica. Solo allora, quando tutti i complicati ingranaggi del suo tennis gireranno senza incertezze, potrà esprimersi al massimo. Se saprà farlo, penso che qualsiasi risultato sarà alla sua portata.

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