Errani, la Fed Cup non rischia. E adesso come si riparte? (Crivelli). Omissioni e controlli, quel discusso rapporto tra tennis e doping (Semeraro)

Rassegna stampa

Errani, la Fed Cup non rischia. E adesso come si riparte? (Crivelli). Omissioni e controlli, quel discusso rapporto tra tennis e doping (Semeraro)

Pubblicato

il

 

Errani, la Fed Cup non rischia. E adesso come si riparte? (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Oggi Sara Errani aggiungerà nuovi particolari alle sue verità. La conferenza stampa fissata in un hotel di Milano alle 11.30 sarà quasi certamente un ragionamento in prospettiva, uno sguardo sul futuro, perché la vicenda doping che lunedì le è costata una squalifica di due mesi, fino al prossimo due di ottobre, presenta ormai contorni definiti e completamente sviscerati nelle pagine della sentenza del Tribunale indipendente che l’ha giudicata: la Cichi ha assunto il letrozolo, la sostanza proibita, attraverso una contaminazione alimentare di cui era ignara, per una pastiglia di un farmaco antitumorale assunto dalla madre finita per sbaglio nei tortellini. Niente di più, niente di meno.

Oltre all’amarezza, nell’immediato restano le conseguenze della punizione: non solo lo stop all’attività, ma soprattutto la cancellazione dei risultati (e dei relativi premi) dal 16 febbraio, data del test incriminato, al 7 giugno, giorno del controllo successivo, risultato negativo. Santa farà sicuramente ricorso contro la pena accessoria, ma intanto il colpo di spugna su cinque mesi di partite la lascia con appena 171 punti in classifica, così distribuiti: 1 a Brisbane, 70 agli Australian Open, 29 a Bol, 1 a Eastbourne, 10 a Wimbledon, 30 a Bastad e Washington. Attualmente, valgono la posizione 286 nel ranking, un pesante balzo all’indietro per una giocatrice che proprio questa settimana era rientrata tra le prime 100: era dal 2005, praticamente da bambina, che non scendeva così in basso. E bisognerà pure tenere conto dei punti che non potrà incamerare durante la squalifica, con la sola, piccola consolazione di un mese di ottobre, quello del rientro, in cui non avrà risultati da difendere, perché l’anno scorso non giocò. Quanto ai premi, la Errani perde circa 200.000 dollari dei 322.000 guadagnati in stagione. Soprattutto, una domanda diventa legittima: che giocatrice ritroveremo il 3 ottobre, a sospensione conclusa? Avrà voglia di rimettersi in gioco ripartendo dai challenger o dalle qualificazioni dei tornei minori, gli unici appuntamenti che, salvo wild card, le saranno concessi dalla classifica, almeno all’inizio?

Doveva essere la stagione del possibile rilancio, anche attraverso la scelta di affidarsi a Michele Montalbini, il coach dell’infanzia, e una leggerezza di cui sostanzialmente non è colpevole rischia di ripiombarla nel baratro. Dubbi e interrogativi sui quali oggi si squarcerà il velo, ma intanto è scongiurata l’ipotesi che tra i risultati cancellati ci siano anche le due vittorie ottenute da Sara ad aprile contro Taiwan in Fed Cup e che ci hanno tenuto in serie B. Il regolamento dell’Itf recita infatti che se una giocatrice viene squalificata per doping, i suoi risultati in Fed non vengono invertiti o modificati ai fini della qualificazione. Unica eccezione sarebbe la finale, ma per l’Italia si trattava soltanto di uno spareggio per evitare i gruppi zonali. Il posto nel World Group II, la serie B, dell’edizione 2018 è al sicuro e l’unica conseguenza sarà una multa per ogni incontro di singolare disputato dalla giocatrice.

Sarebbe stato piuttosto bizzarro, del resto, che la federazione la schierasse sapendo di rischiare, visto che la comunicazione della positività è arrivata quattro giorni prima del match (il 18 aprile). La Fit, che le è stata accanto fin dal primo giorno, non appellerà la sentenza (…)

—————————————————-

Omissioni e controlli, quel discusso rapporto tra tennis e doping (Stefano Semeraro, La Stampa)

II caso di Sara Errani, che tragicomicamente passerà alla storia come il doping dei tortellini, ha riacceso l’attenzione sul rapporto fra il tennis e gli «aiutini» proibiti che ha già conosciuto momenti topici (e tossici) con le confessioni di Andre Agassi nella sua autobiografia «Open» e la discussa squalifica di Maria Sharapova, altra ex n.1, incastrata nella bolla del Meldonium. Ovvero due estremi del problema: il big che l’ha «passata liscia» e la diva che, secondo molti, è stata usata come capro espiatorio per ridare una verginità ad uno sport tanto nobile quanto chiacchierato. Nelle discussioni da bar – oggi sarebbe meglio dire: da social – il tennis fa spesso la parte della disciplina protetta, quasi coccolata, recinto dorato nel quale in pochi vengono testati, pochissimi beccati con le mani sporche, e quei pochissimi se la cavano con pene minori.

Le cifre parlano di una realtà un po’ diversa, soprattutto negli anni più recenti. Dal 2007 in poi i controlli sono diventati più numerosi, più seri. Passi avanti Nel 2015 sono stati 4451 (dati Wada), con un’incidenza di campioni fuorilegge dello 0,5, ma da quest’anno l’Itf, la Federazione internazionale, ne ha annunciati 8000, quasi il doppio, con un aumento anche dei fondi destinati all’antidoping (tanto invocato da Roger Federer, che vorrebbe controlli in tutti i tornei a livello di quarto di finale) per un cifra totale di 4,5 milioni di dollari. Si può fare di più, ma è un passo avanti. E l’esempio della Sharapova e della Errani – due finaliste di Slam ed ex top-10 – è un segno che gli intoccabili non esistono più. Un capitolo diverso è quello della trasparenza, dove ancora c’è da lavorare. Non annunciare subito la positività di un atleta (perlomeno al momento delle controanalisi), ma comunicare reato e pena a processo già fatto, come è accaduto per la Errani, non aiuta il pubblico a evitare i sospetti di omertà, di copertura, di inciucio.

Purtroppo il caso di Marin Cilic – a cui nel 2013 fu consentito di scontare una squalifica in silenzio, camuffandola dietro un infortunio – ha aumentato il livello di diffidenza. Oggi il «silent ban» in teoria non è più possibile, e vale la pena ricordare che anche nel tennis ci sono state punizioni esemplari per i recidivi (Mariano Puerta) o chi ha utilizzato doping pesanti (Wayne Odesnik), ma una normativa più chiara – e non solo nel tennis – limiterebbe il (lecito) sospetto che fra consuetudini delle federazioni internazionali, Tribunali Indipendenti e corti d’appello la giustizia si sfarini e proliferino circuiti paralleli, con leggi e regole proprie e pene diverse per infrazioni identiche. Alimentando così il Tribunale più pericoloso e insicuro di tutti: quello dell’Opinione e del Sentimento (…)

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement