Federer: “Se non mi sentissi competitivo direi basta”

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Federer: “Se non mi sentissi competitivo direi basta”

ATP Montreal: le parole di Roger dopo la vittoria al secondo turno contro Polansky. “Oggi posso dire con serenità di non soffrire di nessun acciacco”

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Finora questa è la tua migliore stagione dal 2006, non so se te l’hanno riferito. L’avresti mai immaginato, anche ripensando all’intervento al ginocchio di fine 2016? Quale credi che possa essere il motivo di tutti i successi di questa stagione?
Onestamente, ero davvero triste l’anno scorso quando mi sono sottoposto all’intervento. Mi preoccupava non sapere con certezza come ne sarei uscito e al risveglio mi sono sentito sollevato. Pure i tempi di recupero e il dolore mi spaventavano. Non sapevo di questo dato a proposito della mia stagione, immagino che tutto sia dovuto al fatto che adesso mi sento bene. Ero certo del fatto che se mi fossi sentito in salute avrei potuto competere per vincere di nuovo gli Slam, come nel 2006. La mia competitività è anche la motivazione principale che mi permette di giocare ancora oggi: se non mi sentissi competitivo per questi traguardi lo accetterei e probabilmente mi ritirerei. La pausa mi ha fatto bene, mi ha ringiovanito fisicamente e mentalmente e mi ha permesso di recuperare totalmente dall’infortunio. In Australia pensavo che sarebbe stato meglio ritirarmi dopo il primo match senza infortuni, piuttosto che arrivare magari in semifinale e tornare sotto i ferri. Oggi posso dire con serenità di non soffrire di nessun acciacco, magari devo riscaldarmi un po’ di più prima di un match, un po’ noioso ma niente di che.

Hai saltato varie edizioni di questo torneo. Che impressione hai avuto del pubblico oggi? Cosa
ti piace di Montréal?
Il pubblico è stato fantastico oggi. Non è stato un incontro combattuto, ma hanno sostenuto Peter quando ne aveva bisogno e devo dire che ha anche fatto dei bei punti. Ieri sono andato al concerto dei Coldplay in città e anche lì c’era un’atmosfera fantastica, dall’inizio alla fine hanno cantato insieme alla band. Riscontro lo stesso entusiasmo pure nel torneo, ed è per questo che lo considero uno dei miei tornei preferiti.

A fine match Peter ha raccolto alcune palle usate durante l’incontro e le ha messe nella sua
borsa. Come ti senti a ricevere tutto questo rispetto dai tuoi avversari?
Ovviamente mi fa piacere. Cerco di essere loro da esempio e di ispirare anche il pubblico, gli addetti ai lavori, i raccattapalle e tutto il resto. Dietro all’organizzazione di un torneo c’è molto lavoro alle spalle da parte di tutti. Ho firmato a Peter le palle che ha raccolto, erano per i suoi amici, gli hanno chiesto un souvenir di questo match. Mi piace come ragazzo, lo conosco da un po’ di tempo e mi fa piacere constatare che abbia raggiunto il suo best ranking negli ultimi mesi, spero che possa migliorare ancora da qui a fine anno. Oggi ha commesso qualche doppio fallo di troppo, anche perché ho cercato di mettergli molta pressione in risposta.

Alla conferenza stampa indetta a Newport per il suo ingresso nella Hall of Fame, Andy Roddick ci ha raccontato di essere rimasto colpito dal fatto che il primo messaggio che aveva ricevuto fosse stato il tuo. Quale pensi sia stato l’evento che ti ha permesso di essere considerato una leggenda di questo sport e non solo un numero 1 e vincitore slam?
È successo tutto molto in fretta, da un giorno all’altro i giornalisti non mi chiedevano solo dei match, ma hanno cominciato a chiedermi opinioni anche su altri argomenti. Io mi sono sempre sentito un giocatore di tennis come tutti gli altri, non ho mai considerato il fatto che la gente si interessasse di ciò che dicevo. Non sono l’unico, anche Novak, Rafa e Andy Murray godono di questo interesse, è splendido notare quanti campioni abbiamo potuto vedere al vertice in questi anni. Anche Roddick fa parte di questa lista, mi sono emozionato a vedere la sua cerimonia a Newport e volevo fargli sapere che se lo meritava. Anche vedere Ferrero in giro mi fa piacere, anche se non è il mio coach è bello vedere tutti loro un’altra volta.

Prima degli Australian Open ti sei allenato molto per migliorare il tuo rovescio, i risultati ti hanno dato ragione. Su cosa ti stai focalizzando attualmente per migliorarti ulteriormente?
Ora sto solo cercando di ritrovare la confidenza coi campi trovata durante la stagione su erba. Devo ancora trovare il mio gioco, la palla qui rimbalza molto più in alto rispetto a Wimbledon, mi devo abituare anche alla presenza del vento. Non mi sono allenato molto prima di venire qui, dieci giorni di vacanza e 5-6 di allenamento in palestra, non ho visto molto il campo. Domenica mi sono allenato e non sentivo bene la palla, ora le cose sono notevolmente migliorate. Attualmente sono focalizzato su questo torneo per farmi trovare al meglio per Cincinnati e per gli US Open. L’erba resta la mia superficie preferita, ma ho vinto così tanti titoli in questo periodo dell’anno, mi trovo molto bene a giocare sul cemento americano.

Abbiamo molti giovani talentuosi in Canada, che consigli gli vorresti dare per affrontare nella migliore maniera possibile le pressioni del pubblico e della stampa?
Dovrebbe essere un onore per loro trovarsi in mezzo ai migliori giocatori al mondo, respirare la stessa aria nello stesso spogliatoio, essere supportati dal pubblico ad ogni punto. Non dovrebbero avere paura, la tensione è normale ma devono vivere tutta la settimana come se fossero in un sogno. La presenza di Raonic, Nestor, Niemeyer, giocatori che hanno ottenuto e stanno ottenendo risultati di rilievo dovrebbero essere un ulteriore incentivo per loro.

Come hai festeggiato il tuo compleanno qui? Hai fatto qualcosa di speciale?
Mi hanno dato cinque torte, è un bene che stia giocando questa settimana (ride). Ieri non ho fatto niente di speciale, ho trascorso la giornata col mio team, mi sono allenato, ho incontrato i miei tifosi, ho cenato e sono andato al concerto dei Coldplay. Ovviamente mi è mancata la mia famiglia, ma festeggerò anche con loro quando li rivedrò a Cincinnati.

Traduzione di Giovanni Napoli

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