Pagelle: il giovane, il vecchio e il tortellino

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Pagelle: il giovane, il vecchio e il tortellino

Nella settimana dell’affaire Errani arriva Shapovalov a far tornare il sorriso. Gli anni di Federer e i progressi di Zverev. Nadal e la sindrome Djokovic, l’incubo Wozniaki

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È sempre una questione di pasta, ciò che conta è di che pasta siamo fatti. E per fortuna dopo una settimana a disquisire sulle modalità del discioglimento del letrozolo nel brodo dei tortellini, in una notte di agosto siamo stati abbagliati da una fluente chioma bionda e abbiamo scoperto che il tennis andrà avanti anche quando quel signore li, un altro che di pasta se ne intende, si sarà ritirato.

Tutto nella norma ovviamente, Roger Federer (7,5) ha giocato la sesta finale dell’anno e stavolta l’ha persa. Sempre senza giocare contro nessuno, ovviamente come in tutta la sua carriera, addirittura perdendo un set contro Ferrer (6,5) e spingendosi ad un tiebreak contro Haase (7,5). Intanto lui si diverte come un matto “È bello che in finale di un 1000 arrivi un ventenne, prima ci arrivavano solo venticinquenni“. Ora invece ci arrivano i trentaseienni e all’improvviso la barba incolta, la schiena che scricchiola e gli anni si fanno sentire tutti.

Come di consueto è partita la gara a chi ha scoperto prima Denis Shapovalov (9)Eh io lo seguo da quando vinse il futures di Weston” – “Sì vabbè, ma io mi ricordo quando a Tel Aviv giocava con il sonaglio, si vedeva da come lo impugnava (ad una mano) che era un fenomeno“. Chissà che Rafa Nadal (5) non sia affetto dallo stesso morbo del Novak Djokovic 2016: vedi Parigi e poi… In fondo non è così assurdo pensare che lo sforzo mentale di Nole di vincere l’unico torneo che gli mancava sia paragonabile a quello di Rafa di conquistare la Decima coppa dei Moschettieri. E allora non è nemmeno giusto pretendere la luna da questi fenomeni, Parigi val bene una messa…al tappeto.

Ma attenzione! Ci hanno subissato di NextGen e NextGen (4 ma non è meglio dire i GIOVANI?), ora arrivano i NextGen, quando arrivano i NextGen… e ora che uno finalmente è arrivato, già si lamentano di Sascha Zverev (9) che avrebbe un gioco noioso e che non sa giocare a rete. Ah, dimenticavamo, il vero tennis è quello dei Tomic e Dolgopolov. Però forse è meglio non correre troppo, ha vinto Washinghton e Montreal, magari vincerà pure Cincinnati ma gli Slam sono un’altra cosa, ricordate che dopo il trionfo romano è bastato un Nandone Verdasco a rispedirlo subito a casa a Parigi.

Cresce intanto anche Matteo Berrettini (7) – il nostro primo candidato a presenziare a quella che nasceva come una splendida idea e finirà con essere una pagliacciata milanese di fine anno – e magari crescerà ancora ripensando a come ha lasciato sottrarsi la vittoria da quel volpone di Stakhovsky.

Mentre ci commuoviamo per il sottovalutato Schwartzman (7) – abbiamo un debole, lo confessiamo, d’altra parte è argentino e si chiama Diego – e per il tentativo di Thiem (4) di scoppiare ancor prima che nel 2016, dall’altra parte del Canada (non proprio vabbè) hanno giocato anche le donne.

Pliskova (5,5) sta cercando di dimostrare di meritare il numero 1 ancor meno di quella che l’ha preceduta, si è rivista una rediviva Stephens (7), mentre visto che di Simona Halep si diceva che vincesse solo i Premier e non gli Slam allora ha pensato di prendere 6-1 6-1 da Svitolina (9) che chissà se avrà pensato a Parigi quando era 6-3 5-1 e poi finì per perdere tra un match point annullato e un nastro beffardo. E chissà se la fama di Toto Cutugno sia arrivata fino in Danimarca: con la sesta finale persa su sei, Caroline Wozniaki meriterebbe la tessera onoraria del Toto Fun Club.

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