Insulti sessisti all'arbitro, Fognini fuori dagli US Open (Scanagatta). Fognini cacciato! E adesso rischia tutti gli Slam. Lorenzi, c'è Anderson per un sogno gigantesco (Lopes Pegna). Fognini stangato (Zanni). Cattivissimo Fabio (Azzolini). Dottor Fognini e Mister Fabio (Piccardi)

Rassegna stampa

Insulti sessisti all’arbitro, Fognini fuori dagli US Open (Scanagatta). Fognini cacciato! E adesso rischia tutti gli Slam. Lorenzi, c’è Anderson per un sogno gigantesco (Lopes Pegna). Fognini stangato (Zanni). Cattivissimo Fabio (Azzolini). Dottor Fognini e Mister Fabio (Piccardi)

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Insulti sessisti all’arbitro, Fognini fuori dagli Us Open (Ubaldo Scanagatta, Nazione-Carlino-Giorno)

DUE ANNI fa Fabio Fognini conquistò i titoli dei giornali newyorkesi per aver rimontato all’Us Open, due set di svantaggio a Nadal. Questa volta li farà per essere stato sospeso dal torneo a seguito dei pesantissimi insulti lanciati alla signora svedese, Louise Engzell, arbitro del suo match perso (6-0 al quarto) con Travaglia, mercoledì. Insulti sessisti e irripetibili andati in diretta via satellite in tutto il mondo. Ubitennis.com ne ha pubblicato un video. Fognini già venerdì era stato multato per 24.000 dollari, per tre diverse infrazioni, fra cui le ripetute parolacce al giudice di sedia (per l’appunto la stessa cui sua moglie Flavia Pennetta nel 2009 aveva mostrato il dito medio per un “overrule” prima del matchpoint contro Amelie Mauresmo in Fed Cup) e la mancata stretta di mano finale all’arbitro. LA SOSPENSIONE, comunicata ieri all’arrivo di Fognini, comporta al ligure n. 26 del mondo la confisca dei punti e premi: 72.000 dollari (50.000 per aver perso il singolare al primo turno, 22.000 per aver superato due turni in doppio con Bolelli). E’ possibile che la federazione internazionale prenda ancora altri provvedimenti, e così forse dovrebbe fare anche la federazione italiana. Non è stato certo un bel “promo” per il nostro tennis. Incredibile poi che Fognini abbia dimenticato, per un’ora e mezzo, di avvertire il suo compagno di doppio Simone Bolelli, che ha saputo da chi scrive che… si stava allenando da un’ora del tutto ignaro. «Spero che non tolgano punti e soldi anche a me!». (L’audio è ascoltabile su Ubitennis.com). I due sono eliminati dal doppio

 

Fognini cacciato! E adesso rischia tutti gli Slam (Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport)

Al suo arrivo a Flushing Meadows, sembrava un mezzogiorno come un altro per Fabio Fognini (allenamento per il terzo turno di doppio di oggi in coppia con Simone Bolelli), senza sapere che presto si sarebbe trasformato in un mezzogiorno di fuoco. Ignaro del colpo di machete che lo avrebbe cacciato dal torneo pochi minuti dopo, messaggiava sereno sul cellulare. CHE BOTTA E’ stato un colpetto sulla spalla di un impiegato degli Us Open che gli ha indicato l’ufficio di Brian Earley, direttore del torneo, a spegnergli sorriso e serenità. Ci è entrato con il suo passo indolente e le porte si sono chiuse. Dieci minuti di colloquio, poi la comunicazione ufficiale: sospeso provvisoriamente dal torneo, e quindi cancellato anche dal doppio, e privato dei premi vinti (72.000 dollari, 50.000 in singolare e 22.000 in doppio) e dei punti. Costano cari gli insulti alla giudice di sedia svedese Engzell nel match contro Travaglia: la provvisorietà significa semplicemente che il Board dello Slam sta ancora indagando il ligure per «comportamento aggravato» e «condotta contraria all’integrità del gioco», violazioni gravi che potrebbero addirittura portare a una sospensione definitiva dagli Slam e a 250.000 euro di multa. Anche la Federtennis si muove: il procuratore federale Arianna Terzulli ha aperto un procedimento e ascolterà il giocatore. LA REAZIONE Non la prende bene il Fogna, che ieri era stato multato di 24.000 dollari per comportamento antisportivo. Quando vede nelle vicinanze un giornalista italiano, lo minaccia: «Quel telefonino te lo spacco in testa». Il mercoledì nero rischia di oscurargli il futuro. A un certo punto del secondo set contro Travaglia, per una chiamata poco chiara, si era rivolto alla giudice di sedia con parole pesantissime. Forse pensava di farla franca, ma nell’età dei social è dura. Così quasi subito era circolato un video, che aveva fatto ben presto il giro del mondo, in cui l’audio (le frasi in italiano) non gli lasciava scampo. Persino un collega argentino aveva chiesto lumi sulla traduzione di quelle scurrilità. Fabio si era scusato e venerdì era tornato di malavoglia su quanto successo: ‘Quando uno sbaglia chiede scusa, poi non dipende da me se le scuse sono accettate o meno. Tutti commettono errori, giornate storte ne ho avute e ne avrò ancora come tutti gli esseri umani. Poi, però alcuni diventano moralisti e quello è un altro discorso». Ma era chiaro fin da quelle ore che gli organizzatori non si sarebbero accontentati di una multa, anche per il passato non proprio immacolato di Fabio (nel 2014 frasi razziste al serbo Krajinovic a Amburgo e nello stesso anno 27.500 dollari a Wimbledon per intemperanze). I PRECEDENTI L’ultimo italiano a essere espulso da un torneo fu Stefano Pescosolido nel 1992 a Sydney. Il laziale prima sbatté a terra la racchetta e poi le diede un calcio: per sua sfortuna colpì una spettatrice. L’ultimo episodio è recente. Ha avuto per protagonista il giovanissimo Denis Shapovalov, una delle rivelazioni del torneo, che a febbraio scagliò per rabbia ma involontariamente la pallina contro il giudice di sedia del match di Davis del suo Canada contro la Gran Bretagna, con immediata squalifica. Fra le mancanze di Fabio c’è anche il warning che non dà al collega di doppio. Bolelli è in campo ad allenarsi con Seppi e non sa nulla. «Come espulso dal torneo?», dice stupito. «E’ ufficiale?», s’informa. «Beh, io ero qui a giocare, ero rimasto ai 24.000 dollari di multa. Non so altro». Vittima inconsapevole delle follie del socio.

 

Lorenzi, c’è Anderson per un sogno gigantesco (Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport)

Dice che nonostante l’altezza (2.03), non si è mai dedicato al basket. Kevin Anderson ci scherza su: «No, non in Sudafrica: da noi non lo pratica nessuno». Lui ha sempre pensato al tennis ed è stato ispirato da Pete Sampras («Anche se il mio gioco non gli assomiglia per niente») e dal connazionale Wayne Ferreira. Sarà questo pennellone dal servizio possente, che da tempo vive negli Usa (ha la cittadinanza), a sfidare Paolo Lorenzi per l’accesso ai quarti degli Us Open. Non guardate la sua classifica, numero 32, perché l’anno scorso ha disputato una stagione a singhiozzo: «Tanti infortuni. Ho cominciato con il ginocchio e non mi sono fermato. Così compensavo. Non usavo abbastanza la gamba e mi sono fatto male alla spalla». TOP TEN Nel 2015, in cui era andato due volte agli ottavi (Australian e Wimbledon) e nei quarti su questo cemento, si era infilato nei top 10 della classifica. Quest’anno sta risalendo la china: già ottavi a Parigi e a Wimbledon e soprattutto finale a Washington, sconfitto da Alexander Zverev. Non lo dice per educazione, ma un ottavo contro Lorenzi in uno Slam è una buona opportunità. Anche perché i suoi precedenti sono incoraggianti: 3-0. Il successo più recente, la vittoria a Ginevra a maggio sulla terra. Racconta: «Me la ricordo bene quella partita: una battaglia. Del resto, con Paolo è sempre così: è uno che non molla mai. Però su questa superficie il mio servizio sarà più efficace». Lorenzi spalanca i suoi occhi grandi e chiari: «L’ho visto giocare contro Zverev: è bravissimo». La cosa che ti colpisce del senese è l’ottimismo. Non esistono bicchieri mezzi vuoti, soprattutto adesso che guadagna bene e ha promesso un bel regalo alla moglie Elisa che lo ha seguito fin qui. Non c’era negatività neppure in passato: fino a un anno fa non si era mai spinto al terzo turno di uno Slam. Accadde proprio qui, a Flushing, dopo 21 tentativi. E ne aveva impiegati 13 prima di conquistare un secondo round. La risposta che dà anche all’inviata del New York Times è quella che dà a chiunque glielo chieda: «La chiave è semplice: il lavoro. Migliorarmi ogni anno, studiare cose nuove». Ha neutralizzato il servizio di Gilles Muller, eliminato al secondo turno, studiandolo su Youtube. Probabilmente farà altrettanto per trovare un antidoto alle bombe di Anderson. «Ci ho sempre perso», allarga le braccia. Ma non significa certo una resa. Chi? Paolino? Non scherziamo. Lui ha issato bandiera bianca solo alla facoltà di medicina, professione del padre e fratello: «Sono iscritto da quindici anni, ma non farò mai il medico. Resterò nel tennis anche dopo». NON HO L’ETA’ Il suo allenatore, Claudio Galoppini, avrebbe forse preferito un match contro Coric: «Perché noi prediligiamo scambiare di più. Anderson ha un gran servizio e gioca bene a tennis, ma saranno palleggi più brevi». Adesso in che cosa può migliorare l’allievo? «Per esempio, riuscire a stare più vicino dalla parte del dritto. Si può aggiungere sempre qualcosa«. Paolino ripete: «E’ un lavoro iniziato sette o otto anni fa: sto raccogliendo i risultati». Quando si sente ripetere che è diventato uno dei magnifici sei italiani a entrare negli ottavi, scuote la testa perché non ha alcuna intenzione di fermarsi. E a chi gli fa presente che con i suoi 35 anni è il più anziano, risponde: «L’età ha scarsa importanza: contano solo i risultati». Se si qualificherà ai quarti degli Us Open (secondo azzurro di sempre) scriverà anche un pezzo di storia italiana

 

Fognini stangato (Roberto Zanni, Il Corriere dello Sport)

Fuori! Fabio Fognini nel primo pomeriggio di ieri a New York ha ricevuto la meritata notizia: espulso dagli US Open. Sbattuto a casa, “sospensione provvisionale con effetto immediato” mentre era ancora in gara nel doppio con Simone Bolelli, dopo gli irripetibili insulti in italiana sessisti, lanciati alla giudice di sedia svedese Louise Engzell, durante il secondo set, sul 2-2, della partita poi persa con Stefano Travaglia. Offese che non possono, e non devono trovare nessuna giustificazione, anche se Fognini, dopo le scuse postate sui social, ci aveva provato, per la verità senza troppa convinzione. II provvedimento, ripetiamo assolutamente corretto, è stato firmato da William L. Babcock, direttore degli US Open. In un primo momento al ligure (multato in precedenza anche a Wimbledon 2014) era stata affibbiata una multa di 24.000 dollari, ma c’erano già i presupposti e soprattutto le intenzioni di andare avanti nelle indagini. C’era nell’aria di Flushing Meadows la netta sensazione che questa volta “Fogna” non l’avrebbe passata liscia. E così è stato con un comunicato ufficiale, che espelle Fognini e al tempo stesso c’è anche la probabilità che gli venga tolta la somma incassata finora a New York, un montepremi di 72.000 dollari. ASSURDO. Una, due palle sospette, forse a ragione, non possono portare a un comportamento come quello assunto da Fognini, tra l’altro, a scoppio ritardato, dal momento che gli insulti sono arrivati dopo il 2-2 del secondo set, mentre gli episodi incriminati si riferivano a fasi di gioco precedenti. Un aspetto che fa pensare anche alla premeditazione, ancora più grave se davvero fosse stato così. L’altro giorno Fognini nello scrivere le sue scuse, partendo però dai tifosi, si era giustificato dicendo che era stata una «giornata no». Venerdì dopo il doppio, intervistato dal sito Ubitennis, tra le altre cose aveva aggiunto anche una precisazione che poteva evitare: «Ho fatto le mie scuse – le sue parole – accettate o no non dipende da me. Al giorno d’oggi tutti moralisti…» . Ma con quegli insulti, pesantissimi e veementemente gettati addosso alla giudice di sedia, non era necessario essere moralisti per risentirsi. INCHIESTA FIT. La FIT ha intanto annunciato che la Procura federale ha aperto un fascicolo a carico di Fognini. Per la serie: non finisce davvero qui. QUESTIONE DI FAMIGLIA. Certo che la espulsione per “major offense, offesa significativa, che porterà poi a un ulteriore esame del accaduto, “final determination, rappresenta una pesante macchia e se l’elenco di chi ci è caduto riporta anche nomi celebri da Jimmy Connors a John McEnroe, non c’è da andarne orgogliosi.  L’ultimo italiano ha incorrere in una squalifica fu Stefano Pescosolido nel 1992, ferì leggermente ma in maniera del tutto involontaria, una spettatrice calciando la sua racchetta, mentre recentissimo è stato il caso, sfortunato e anche in questo caso non cercato, della junior Maria Vittoria Viviani con una pallata a una raccattapalle agli Australian Open 2017. Ma tornando all’episodio di mercoledì a New York e alla Engzell, non si può dimenticare che evidentemente deve esserci un conto aperto con la famiglia Fognini: nel 2009 infatti Flavia Pennetta durante un match di Fed Cup con la Francia mostrò il dito medio alla giudice di sedia

 

Cattivissimo Fabio (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Alla fine della triste storia, sappiamo con precisione quanto costa insultare un arbitro, che fra le molte, capirete, è una delle attività più fesse che si possano intraprendere. La vicenda Fognini, multato prima, espulso poi, ha fissato il prezzo: insulto sessista ala giudice Sophie Engzell, prima singolo poi doppio, seguito da un triplice avvitamento carpiato nell’oltraggio fine a se stesso, fanno 96 mila dollari, più la cacciata dal torneo, più il pubblico ludibrio che ormai – è noto – percorre agilmente le vie del web, dove da ieri Fabio viene insultato a tutto campo da chi sostiene che non si debbano insultare giudici e arbitri. E vabbè. E un prezzo alto, come si vede. Molto alta in termini economici e personali. Ma è anche una stupidaggine che Fabio avrebbe dovuto evitare e sulla quale farà bene a riflettere, sempre che ne abbia modo, e voglia. Nelle ultime 24 ore il nostro ha percorso tutte le tappe della sua via crucis tennistica, passando dalla multa di 24 mila dollari, alla squalifica che gli è stata presentata in mattinata dal direttore del torneo, Brian Earley, con il ritiro dei premi vinti in singolare (primo turno) e doppio (terzo turno, dov’era ancora in gara), in tutto 72 mila dollari. Non dovrebbero esserci ulteriori sanzioni, perché i fatti sono avvenuti in uno Slam, e non in un torneo del circuito, dove esiste un limite alle multe, superato il quale (e Fognini con la sua bravata l’avrebbe a dir poco disintegrato) scattano squalifiche anche per i tornei successivi. Negli Slam si procede invece per via diretta, anche se sarà interessante capire sevi saranno ricadute a livello federale e italiano. Vedremo. Non è la prima volta che Fabio finisce nel girone degli ingiuriosi. A Wimbledon 2014 la multa aveva toccato quota 27 mila sterline. E non è certo lui il primo a fare la storia dell’insulto tennistico. Scorrono nomi ben più nobili del suo, da John McEnroe, espulso dagli Australian Open 1990 per aver insultato (quando si dice la fantasia al potere) la moglie di un giudice di linea, a Grigor Dimitrov, che in un challenger a Helsinki dette l’assalto al giudice, fino al “sei l’arbitro più corrotto del mondo” che l’americano Tarango sparo in direzione del francese Rebeuh, prima che la moglie del tennista, la signora Dominique, completasse l’opera con un sonoro ceffone. Con la folle bravata degli Us Open, pero, Fabio diventa il Cattivissimo Me del tennis 2017, e non è un’impresa che faccia onore. È un peccato, anche una definizione che mal si adatta a un ragazzo che soffre di un evidente sdoppiamento di personalità. Fuori simpatico, persino affettuoso. In campo alle prese con scatti d’ira che, malgrado le mille sedute sostenute con gli psicologi, rivelano ancora una visione del mondo confusa, dove il tennis viene posto in una dimensione a se stante, nella quale è consentito oltrepassare i limiti in nome dell’adrenalina che ti scorre dentro. Imparerà mai Fognini che il tennis è la vita di tutti i giorni, e basterebbe affrontarlo con quel buon senso che usa, per esempio, nella vita familiare, dove mai gli verrebbe in mente di mettere da parte l’educazione? Imparare sembra diventata l’arte più difficile, in questi anni. Prendete il caso Sharapova. Nessuna delle molte tenniste che si sono spese, con più di una ragione, per spiegare quanto fosse ingiusto stendere un red carpet a una squalificata per doping, si è soffermata a tentare di capire cosa la russa nasconda davvero sotto quei diamanti che le luccicano addosso. E stata lei a lanciare la sfida: sotto gli Swarovski c’è di più. Non è difficile scoprirlo, c’è una capacità di restare aggrappata al match che la rende difficilissima da battere. Una dote da vera n.1. Tornerà a esserlo? E negli ottavi, e se va avanti troverà la Muguruza. Lì si deciderà il tornea. Intanto, la nascita di baby Williams ha attivato l’orologio del tennis, fra quattro mesi Serena tornerà. Chi vuole prendere possesso del tennis deve farlo ora

 

Dottor Fognini e Mister Fabio (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera)

Quando il Dottor Fognini ieri è arrivato a Flushing Meadows, sede dell’Us Open (quarta prova stagionale dello Slam), Mister Fabio era già tornato a nanna. Aveva scandalizzato il torneo e Il mondo del tennis, l’alter ego cattivo, con gli insulti sessisti alla giudice di sedia Louise Engzell nel derby di primo turno perso con Stefano Travaglia, ma pensava di essersela cavata con una multa: 24 mila dollari per condotta antisportiva (a Wimbledon 2014 era riuscito a fare di peggio: 27.500 sterline di ammenda, stesso capo d’accusa). «Non è questione di uomo o donna. Sono andato via di testa, un problema mio. Ora volto pagina e cerco di andare avanti con Bolelli in doppio» si era giustificato il Dr Fogna postando su twitter una frettolosa difesa («Sono una testa calda: ho sbagliato») e concentrandosi sull’ottavo di finale in coppia con il compagno azzurro di Davis. Ma la misura, aggravata dalla recidività, era colma. E dopo la multa il board dei direttori dei quattro Slam, a furor di popolo social (il video delle ingiurie è stato cliccatissimo), si è riunito di nuovo per impartire una lezione (rischia un bando permanente dai Major) al bestemmiatore seriale, al bambino viziato della sceneggiata al padre Fulvio a Montecarlo 2014, al lucido folle che un paio di mesi più tardi ad Amburgo aveva dato dello «zingaro di m…» al rivale serbo Krajinovic e poi a Madrid aveva minacciato il giudice Mohamed Lahyani («Se perdo questo game avrai dei problemi, ci vediamo fuori»). È stato il direttore dell’Open Usa, Brian Earley, a fargli inghiottire la pillola più amara: «Sei espulso». Finisce così, e non senza rancore, l’avventura newyorkese del tennista numero uno d’Italia, tanto amabile fuori dal campo quanto (spesso) insopportabile nell’esercizio delle sue funzioni. E non c’è improprio confronto con il passato che tenga: John McEnroe era un fuoriclasse maleducato, Fabio Fognini è il bravo figlio della borghesia ligure che tre anni fa ha perso il treno per i top-10 senza mai abbandonare del tutto la pessima abitudine di utilizzare il campo come sfogatoio degli istinti più bassi. Perde la faccia, i punti e i premi americani (72 mila dollari circa), Mister Fabio, protagonista di una figuraccia interplanetaria (i tennisti squalificati negli ultimi 3o anni, da Connors a Tarango, da Nalbandian all’italiano Pescosolido, out nel ’92 a Sydney per lancio di racchetta che colpì una spettatrice, si contano sulle dita di due mani), sgambettato da se stesso nella stagione in cui stava cercando, non senza impegno e sacrifici, di riguadagnare i piani alti della classifica. Nuovo coach, una moglie (Flavia Pennetta) e un bimbo (Federico) cui rendere conto — a 30 anni suonati — nella buona e cattiva sorte. Questa volta non c’è alibi che tenga. Non la scarsezza conclamata della giudice Engzell, che ha una carriera costellata di erroracci (non ultimo quello commesso ai danni di Francesca Schiavone nella finale, persa, del Roland Garros 2011) ed era la scelta peggiore per un match di Fognini. Non l’eterna velata autoassoluzione da bad boy de noantri, diventata ripetitiva e stucchevole. «Credimi, vorrei tanto fare pace con me stesso…» ci aveva detto il reprobo dopo l’ennesima mattana. Sbagliando, di solito, si impara. Quante altre volte, figliolo?

 

 

 

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