Federer, Nadal e lo squilibrio imperdonabile del tabellone a NY (Clerici), Anche Carreno al circo senza padroni (Pegna), Shapovalov il futuro n.1 (Azzolini), Federer e Nadal agli ottavi a braccetto (Semeraro), Mamma Serena e il corpo di una diva involontaria (Mecca)

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Federer, Nadal e lo squilibrio imperdonabile del tabellone a NY (Clerici), Anche Carreno al circo senza padroni (Pegna), Shapovalov il futuro n.1 (Azzolini), Federer e Nadal agli ottavi a braccetto (Semeraro), Mamma Serena e il corpo di una diva involontaria (Mecca)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Federer, Nadal e lo squilibrio imperdonabile del tabellone a NY

 

Gianni Clerici, la repubblica del 4.09.2017

 

Riuscirebbe il mio vicino di casa George Clooney a mettere insieme uno spettacolo senza attori, ad accezione dei due vecchi Federer e Nadal? Eravamo già privi di protagonisti, all’inizio, con le assenze di Wavrinka ( detentore 2016), Djokovic, Raonic, Nishikori, poi ci si è messo all’ultima ora Murray, a squilibrare del tutto il tabellone basso, e mi son visto costretto a invocare il nome di Lance Tingay, invece di quella macchina incapace del Ranking Robot, intoccabile negli Stati Uniti d’America. Ora, mentre scrivo, sono scomparsi i nomi di sette teste di serie (pessima traduzione dal francese invece di favoriti ) dalla parte alta, e ben otto da quella bassa, priva, quest’ultima, di almeno uno dei primi dieci. È andata bene, per non cadere in una rivoluzione priva di futuro, che Federer si sia ripreso da due partite indegne di lui, due cinque set con il piccolo Tiafoe e il meno giovane Youzhny, per poi rassicurare il gregge dei Fedeli con un successo, alfine previsto, su Feliciano Lopez, trentunesimo favorito. L’altro previsto vincitore anziano, Rafa Nadal, ha mostrato invece una comprensibile e cronica lentezza iniziale, perdendo il set d’avvio due volte su tre, e vincendone uno al tie-break, per poi riscaldarsi e dominare com’era previsto i suoi avversari-allenatori. In tutta questa vicenda s’è tuttavia affacciato un inatteso e nuovo tennista, il russo Andrey Rublev (numero 53 della classifica) che, forse, aiuterà Federer a ritirarsi, nei prossimi anni. Un po’ più conosciuto, ma penalizzato da una classifica che non tiene alcun conto dell’esistenza della mutua, il vincitore dell’Open 2009 Juan Martin Del Potro, che udii far mormorare a Nadal ( battuto in semifinale con diciotto games a sei ) «Non si può giocarci» l’anno della sua vittoria contro Federer allo US Open (2009), prima dello smarrimento del polso. Non posso esimermi, tra gli eroi del quarto turno, di rivolgere la mia incredula ammirazione al semidottor Lorenzi, capace dell’eliminazione, tra gli altri, del volleatore Gilles Muller, testa di serie, e poi di Thomas Fabbiano in un inattesissimo terzo turno tra italiani. Perdonando i miei sicuri errori, ecco gli ipotetici quarti di finale dello US Open, dopo il quarto turno.

 

Anche Carreno al circo senza padroni

 

Massimo Lopes Pegna, la gazzetta dello sport del 4.09.2017

 

Coperto come una pentola a pressione per la pioggia, lo stadio Arthur Ashe ribolle di tifo per il ragazzino di 18 anni che si fa passare la pallina fra le gambe come un giocatore di basket e calza il cappellino di una taglia troppo grande, fino alle orecchie. Insomma, per Denis Shapovalov, il più giovane dai tempi di Chang (1989) a spingersi agli ottavi qui a Flushing Meadow. Veniva dalle qualificazioni e al secondo round, fra i notabili, ha eliminato Tsonga. In una manciata di settimane ha fatto un tuffo in classifica (da 169 a 69), grazie alle semifinali di Montreal dopo aver battuto Del Potro e Nadal. C’è voglia di novità e lui lo è. Speravano tutti in un piccolo ulteriore miracolo, che non accade: lo spagnolo Pablo Carreno Busta è troppo solido, regolare e lo sovrasta di 51 posizioni in classifica. Il canadese nato in Israele, genitori della vecchia Unione Sovietica, perde in tre partite concluse tutte al tie-break, buttando anche due set point nel primo set. E’ proprio Carreno, testa di serie numero 12 (e 19 in classifica) , il più alto in grado di questa parte meridionale del tabellone, devastata dalle assenze illustri e dalle sconfitte imprevedibili. E così ora si trova nel ruolo, totalmente inaspettato, di favorito per la finale. «Ma non sarà facile», mette le mani avanti. Dopo l’eliminazione venerdì di Marin Cilic (testa di serie n. 5) con l’argentino Diego Schwartzman, uno dei più piccoli del circuito, è sparito anche l’ultimo vero ostacolo di questa zona diventata ormai franca. Per capire, basta una statistica: in questa edizione degli Us Open ci sarà sicuramente un finalista inedito. Naturalmente c’entrano gli infortuni, che hanno tenuto fuori dal torneo cinque dei top II forfeit di Murray, il mirare degli Zverev e Clic fuorc pronostico apart 11 del ranking: Murray, Wawrinka, Djokovic, Nishikori e Raonic. Lo scozzese numero due della classifica aveva annunciato il suo forfeit subito dopo il sorteggio, la ragione cha ha contribuito a sbilanciare i due lati del «main draw» e provocato le critiche di Nadal: «Mi è parso strano, perché in questi casi ti ritiri all’ultimo momento, magari addirittura il lunedì», ha detto senza fronzoli il numero uno del mondo. Poi, strada facendo (in tre turni) sono caduti i top 10 Alexander Zverev, Grigor Dimitrov e Marin Cilic, appunto. OCCASIONE Carreno si ritrova ai quarti di questo Slam senza perdere un set e dopo aver eliminato quattro qualificati consecutivi (King, Norrie, Mahut e Shapovalov): mai accaduto prima in nessuno degli Slam. Si ribella: «Nessun regalo. Se hanno passato i loro turni, se lo sono meritato». Ci riesce dopo aver raggiunto i quarti anche a Parigi, ma con 14 eliminazioni entro il 3 turno fino agli Australian di quest’anno. In tre avevano giocato gli ottavi per la prima volta: Schwartzman, Shapovalov e il nostro Lorenzi. Uno solo di questi magnifici otto (fino a ieri) si era mai spinto a una semifinale Slam: l’americano Sam Querrey a Wimbledon. Un’occasione così ghiotta non capitava da tempo. C’è spazio per tutti. E qui si apre il capitolo recriminazioni. Quelle del più piccolo degli Zverev (eliminato da Coric), che aveva appena vinto Montreal contro Federer, oppure di Isner, che era rimasto il più alto in classifica.  E per giustificare questo strambo vuoto di potere, non c’entra la celebrata Next Gen, perché ci sono presenze di giovani e meno giovani. Nel 2016, l’età media dei vincitori Atp è stata di quasi 29 anni, con 14 di loro sopra i trenta. Intanto Carreno è combattuto fra la scaramanzia («Penso solo al prossimo turno: nient’altro», assicura) e la voglia matta di imitare il suo idolo Nadal: «Cerco di assorbire tutto da lui. Quello che fa prima, dopo e durante un allenamento», racconta. Gli occhi guardano lontano, perché nel Sud di questo pazzo tabellone sognare è lecito.

 

Shapovalov il futuro n.1

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 4.09.2017

 

L’erede è biondo, ha gli occhi azzurri, ed è mancino. Ma sarà lui, Denis Shapovalov, a interpretare Federer nel prossimo futuro. Senza esserlo, ovviamente, e senza possederne i guizzi geniali, e nemmeno la naturale predisposizione a estrarre dall’arsenale il colpo giusto al momento giusto. Avrà dalla sua, però, la fluidità del gioco, quel modo di far partire i colpi che suscita l’invidia degli altri giocatori, e fa intuire al pubblico dove stiano per finire. E insieme l’amore totale per le giocate più arrischiate, quelle che occorre sentirsele dentro per dipingerle sul campo. Nato per divertire gli appassionati. A Sasha l’altro predestinato, toccherà il ruolo di Nadal. Senza essere mancino (del resto, non lo è nemmeno Rafa, tennis a parte). Zverev ha dalla sua la gittata dei pallettoni, la frustata, la pesantezza delle conclusioni. Ha più fisico di Nadal, alto e grosso com’è, e copre bene la rete. Ama l’erba, per giunta. Ma è la carta più sicura per rinnovare il dominio sulla terra rossa, dove i suoi colpi acquistano un peso ancora maggiore, e sa cavarsela da protagonista su tutte le superfici. Appunti su un futuro del tennis ancora tutto da scoprire, mentre il presente fornirebbe indicazioni meno confortanti. Zverev è finito subito fuori dallo Slam, Shapovalov lo ha seguito ieri dopo tre tie break sprecati (ma era al settimo match, fra qualificazioni e tabellone), perché è ancora disarmonico nelle scelte, e tenta l’impossibile quando sarebbe opportuno starsene al riparo, e perché dall’altra parte della rete c’era Pablo Carreno Busta, ventiseienne e numero 19 del ranking, giunto a completa maturazione (primi quarti, a New York), forse il più forte ed equilibrato fra gli spagnoli entrati in scena dopo Nadal. Il quale negli ottavi trova Dolgopolov. La New York del tennis c’è rimasta male. Ha avuto il tempo di innamorarsi di Shapovalov, ne ha apprezzato quella voglia di stupire che la metropoli ritiene fra i valori irrinunciabili dei veri newyorker. E lui sembra uno di qua, aria da rock star, un po’ Bon Jovi prima maniera. Mamma Tessa, ex giocatrice, ha invece scelto il Canada per farlo crescere. Scelta tennistica, si badi bene. Lui è di Tel Aviv, la famiglia ha chiare origini russe, ma in Israele non esistono strutture adeguate. Il Canada è invece in grande spolvero, ha Raonic, presto arriverà Auger-Aliassime, che ha 17 anni. «ll posto migliore per crescere», dice mammà, che prepara la festa per l’ingresso di Denis nei primi 50. Un bel passo avanti per un ragazzino che l’anno scorso giocava fra gli junior.

 

Federer e Nadal agli ottavi a braccetto

 

Stefano Semeraro, la stampa del 4.09.2017

 

Sono i custodi dell’ortodossia, in un torneo ormai anarchico. La Premiata Ditta Federer e Nadal, che è approdata agli ottavi degli Us Open fornendo una prova finalmente – quasi – all’altezza del blasone. La parte bassa del tabellone è il Far West: nemmeno un top-ten in gara, nessuno che sia mai arrivato in precedenza ad una finale di un major. E ieri sera, circondato dal lutto di tutta New York che lo aveva acclamato nuovo eroe e sperava nel colpaccio epocale, ha salutato la compagnia anche Denis Shapovalov, sconfitto in tre set dalla solidità iberica di Carreno-Busta (7-6 7-6 7-6). Di sopra, lato numero 1, cioè Nadal, nell’ufficio dello Sceriffo e con mille stelle sul petto resistono i due tutori del vecchio ordine. Di Federer, alle prese con la solita lombalgia dal torneo di Montreal, si era temuto addirittura un forfait improvviso, alla vigilia del match contro Feliciano Lopez, tanto che Sebastian Luthi, il capitano della Svizzera che lo assiste insieme ad Ivan Ljubicic, si era scomodato per rassicurare le folle. Si riprendono i due grandi Una volta sceso in campo ci ha poi pensato Federer in persona a tranquillizzare sulle sue condizioni, sbarazzandosi in tre set (6-3 6-3 7-5) di un avversario mancino e insidioso si, ma che aveva già sconfitto 12 volte su 12 in passato. «La schiena non è più un problema – sostiene -: ora posso finalmente dedicarmi solo al tennis, il problema è che sono in ritardo di condizione». Oggi gli tocca Philip Kohlschreiber, dai quarti eventualmente inizierebbero gli avversari più tosti (Del Potro o Thiem). Nadal invece, come già gli era capitato con Taro Daniel, prima di ingranare e passare sopra alla buona volontà di Leonardo Mayer (6-7 6-3 6-1 6-4), ha passato un set e mezzo a sbarazzarsi di dubbi e incertezze, e a sprecare palle break. «D diritto all’inizio non funzionava – spiega -, cosi non va bene». Agli ottavi incontrerà Alexander Dolgopolov, il fantasista ucraino sui cui è aperta un’inchiesta per un match “strano”. Salgono, timidamente ma legalmente, le quote di un semifinale fra gli sceriffi del tennis.

 

Mamma Serena e il corpo di una diva involontaria

 

Giorgia Mecca, la repubblica del 4.09.2017

 

Serena Williams è sempre stata il suo corpo. L’hanno disegnata così. Troppo mascolina, troppo muscolosa, troppo grande, troppo sexy. Troppo. Da tre giorni è diventata mamma, dopo una gravidanza che è sembrata molto più lunga del normale, perché questa volta è stata lei a mettere il proprio corpo davanti a tutti. Prima per sbaglio, postando una foto su Snapchat, poi per orgoglio con il servizio apparso su Vanity Fair Usa in cui si mostra completamente nuda, coperta soltanto dal pancione. Al momento, ci sono poche notizie: c’è stato un parto cesareo, è nata una bambina, stanno tutti bene. L’unica cosa certa è che Serena Williams ricomincerà a giocare. A gennaio vuole ritornare in campo per gli Australian Open, per difendere il titolo vinto l’anno scorso quando era incinta di quattro settimane e il suo fisico si stava trasformando ancora una volta. Serena Williams è il corpo che ha ricevuto in sorte. Ogni volta che scende in campo a nessuno viene in mente il modo in cui si prepara per colpire il rovescio, le centinaia di migliaia di prime di servizio lanciate in aria cercando di imitare i movimenti di Pete Sampras, la fatica che fa per raggiungere la pallina, il cuore che ci mette. Gli occhi del pubblico sono sempre stati puntati sul suo corpo smisurato, le gambe sproporzionate. Serena è cresciuta sopra a un campo da tennis, è li dentro che si è fatta muscoli e ossa. La potenza delle sue braccia, benedette e scolpite dai vent’anni, ha divorato tutto ciò che si sapeva del tennis femminile e dei gesti bianchi, trasformandola nella tennista più forte di tutti i tempi. Poi, improvvisamente, ha cominciato a mancarle il fiato. Nel 2007, alla vigilia degli Australian Open, un manager della Nike, il suo sponsor, le ha detto che voleva parlarle. Non era mai successo prima. «Serena, qui devi giocare bene», le disse facendole capire che non erano sicuri di rinnovarle il contratto. Non era uno scherzo. Serena era irriconoscibile, scivolata in novantacinquesima posizione, pesava dieci chili in più di quanto avrebbe dovuto. I giornali la definirono una vacca grassa. La Nike vestiva Roger Federer e Maria Sharapova, in mezzo a loro lei non c’entrava più niente. Quindici giorni dopo quell’incontro, Serena Williams con un completino verde attillato e troppo corto, ha vinto per la terza volta gli Australian Open battendo in finale proprio Maria Sharapova, 6-1 6-2. Da allora ha vinto 15 titoli Slam, l’oro olimpico in singolo e in doppio ed è stata a due sole partite dalla conquista del Grande Slam ( la vittoria dei quattro tornei più importanti nello stesso anno ). Mentre lei soffre e vince, il suo corpo continua a trasformarsi; non ha più i muscoli di una campionessa, ma il fisico di un’atleta che sta invecchiando male. Dall’altra parte del campo le sue avversarie si muovono come il tennis comanda, lei no. A trent’anni, Serena dentro al campo ha cominciato a perdere l’equilibrio, a inciampare su sé stessa. È ancora la numero uno del mondo, la testa continua a ricordarglielo, le gambe rimangono inchiodate al cemento. L’11 settembre 2015, durante la semifinale degli Us Open contro Roberta Vinci, Serena Williams con un vestito rosa, stretto e troppo corto, mostra due gambe che non sono più adatte allo sport: dopo tre ore di caldo infernale, la tennista americana continua a piangere e a lottare, il suo fisico però si è fermato, le gambe non ce la fanno più. È il corpo a decidere la vita degli atleti, è lui che comanda. Quello di Serena Williams è sempre stato generoso, eccessivo. Per il suo corpo è stata insultata, fischiata, paragonata a un uomo, a una scimmia, a una “vacca grassa”. Pochi giorni dopo la sconfitta contro Roberta Vinci , Serena Williams ha annunciato l’uscita del nuovo calendario Pirelli. Anne Leibovitz, la fotografa delle donne più belle del mondo aveva scelto proprio lei. Nel mese di aprile la tennista si mostra quasi nuda, di spalle, orgogliosa come lo sono le donne che hanno combattuto contro se stesse e al• la fine si sono rassegnate. Il corpo ha sempre ragione. Serena con quel corpo malandato, prima nascosto e poi alla fine esibito nel modo in cui meritava, in carriera ha vinto 783 partite (una percentuale di successi dell’85,76%), 23 Slam. Quando tornerà in campo dopo la maternità guarderà da vicino il record assoluto di Margaret Court, che ha vinto un solo titolo più di lei. «Non è importante sapere chi secondo voi è il più grande atleta della storia» ha twittato il popolare account Common White Girl dopo la notizia della gravidanza della Williams. Si riferiva a tutte le classifiche sui migliori sportivi della storia che sono state fatte e da cui Serena è sempre stata esclusa: Ali, Bolt, Federer, Maradona e Pelé. Nessuno di loro ha mai vinto con un corpo invecchiato, incinta di tre settimane

 

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