Shapovalov: "Non dimenticherò New York e il ruggito del pubblico"

Interviste

Shapovalov: “Non dimenticherò New York e il ruggito del pubblico”

Le parole di Shapovalov dopo la sconfitta contro Carreno Busta. “Voglio che i ragazzi canadesi prendano in mano la racchetta al posto della mazza da hockey”

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È stato un bel momento quando ti sei fermato, hai poggiato il borsone per terra e hai ringraziato il pubblico durante la tua uscita dal campo. Puoi dirci quali erano le tue emozioni in quel momento?
È stato divertente far parte di quest’atmosfera nelle ultime due settimane. È un gran cambiamento per me, principalmente grazie al pubblico. Mi hanno sostenuto negli ultimi due mesi. Anzi, mi hanno letteralmente trascinato. Senza di loro sicuramente non sarebbe stato possibile. Ovviamente il mio team ha lavorato duramente per me. Molti di loro hanno dovuto rinunciare alle loro famiglie per stare con me. Questo significa davvero tanto per me. Infine voglio ringraziare i miei genitori, anche se purtroppo non sono potuti venire. Mia mamma aveva detto che avrebbe provato a raggiungermi se avessi vinto oggi, ma per lei è difficile con i bambini. Non voleva “tradire” i suoi studenti, e lo capisco perfettamente.

Hai fatto un gran percorso qui. Quale lezione hai imparato da quest’esperienza?
La lezione più grande è che sono in grado di competere con gli altri del circuito. Ma ho ancora molto lavoro da fare. Voglio dire, sono stati appena due tornei, ma ho la sensazione che dovrò lavorare sodo nell’off-season per provare a mantenere questa posizione nel ranking ed essere in grado di competere con tutti, settimana dopo settimana.

https://www.youtube.com/watch?v=fSwCoc8Q-60

Dal video integrale della conferenza stampa si può facilmente evincere una cosa: Denis è positivo, pur non prodigo di sorrisi. Professa umiltà ma non si sottovaluta, e allo stesso tempo sa uscire dal tennis senza essere banale. A 18 anni non è cosa da tutti

Nell’ultimo mese il tuo mondo è cambiato. Quindi cosa ti aspetta dopo Edmonton? Che programmi hai per il resto della stagione?
Beh, dopo Edmonton (dove si giocherà lo spareggio di Davis Canada-India dal 15 al 17 settembre, ndr) c’è la Laver Cup, e poi ancora non so. Sai, con il mio ranking dovrò programmare qualche torneo ATP. È una questione di scelte. Non ho ancora deciso con il mio allenatore, ma decideremo presto.

Pensi che quello che hai fatto nell’ultimo mese farà bene al tennis in Canada?
Probabilmente è una delle cose di cui sono più orgoglioso. Il mio obiettivo è alzare il livello del tennis canadese e far sì che più ragazzi prendano in mano una racchetta al posto di una mazza da hockey. Penso di aver già aiutato a farlo, e spero di poter continuare. So che molte persone che scrivano e twittano su di me non hanno mai seguito il tennis, e ora stanno iniziando a farlo perché ho ottenuto buoni risultati. È fonte di ispirazione per me. Voglio continuare a motivare i ragazzi perché prendano in mano la racchetta e magari diventino, un giorno, dei giocatori come Milos, Vasek o come me.

Il tuo ricordo preferito di questi dieci giorni?
Penso proprio che sarà il suono, il ruggito del pubblico quando ho poggiato la mia borsa per terra e sono andato a ringraziarli. Tutti gridavano. È stato un gran momento per me. New York ha già un posto speciale nel mio cuore e lo avrà per sempre. Spero di poter tornare qui ancora per molti anni e riuscire a lasciare il segno.

Negli Stati Uniti noi abbiamo un disperato bisogno di un tennista giovane, carismatico, con i capelli lunghi, un gran dritto e un gran rovescio. Pensi di poter avere un impatto anche oltre i confini canadese?
Un paio i giorni fa ero in Central Park, camminavo con il mio team e mi sono imbattuto in questo ragazzo che era emozionatissimo di vedermi. Per me è stato bellissimo vederlo. Io sto semplicemente camminando, facendo le mie cose, e questo ragazzo viene da me e prova a parlarmi, ma non riusce a iniziare una conversazione perché è troppo emozionato. Questo è… mio Dio, non posso crederci. Sono cresciuto con l’obiettivo di giocare a tennis per momenti come questi. Voglio provare a cambiare questo sport in Canada, prima di tutto. Penso di avere un impatto anche in America e spero di poter continuare perché per me la cosa migliore nella vita è vedere un bambino che come quello di Central Park ti guarda e vorrebbe essere come te.

Non so se conosci Jimmy Van Alen, colui che ha inventato il tie-break. Lui pensava che un match troppo lungo fosse una tortura senza senso. Vorresti che non l’avesse mai inventato?
Forse oggi! (sorride). No, penso che il tie-break sia una cosa intelligente. È il riassunto del set. Altrimenti i giocatori potrebbero giocare per sempre e ogni partita potrebbe essere come quella tra Isner e Mahut. Non vogliamo questo nel nostro sport. Vogliamo finire un set e pensare al successivo. Sfortunatamente non è andata bene per me oggi.

Hai giocato sette partite in questo torneo. Sarai particolarmente stanco. Pensi che avresti dovuto ricevere una wild card dopo la tua prestazione a Montreal?
No, sono wild card americane, e così deve essere. Sarebbe stato fantastico ricevere una wild card ma per loro non era assolutamente dovuto concedermela. Ovviamente devono preoccuparsi dei loro giocatori, è un torneo americano e prima di tutto guardano agli americani. Così come in Canada gli organizzatori pensano prima ai canadesi. Non mi aspettavo una wild card. Sapevo che avrei dovuto qualificarmi ed ero motivatissimo per riuscirci.

 

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