US Open, raccattapalle a ogni età: "Diamo un'occasione a tutti"

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US Open, raccattapalle a ogni età: “Diamo un’occasione a tutti”

New York – Lo Slam americano è l’unico in cui per fare il ball boy ci vuole un minimo di età, ma non un massimo. Abbiamo incontrato qualche veterano e qualche nuova recluta, giovani e meno giovani

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Sono 275 i ball boys e le ball girls occupati in questo US Open 2017 sui campi di Flushing Meadow. Di questi, 92 sono alla loro prima esperienza sui campi di cemento, mentre gli altri sono i veterani del settore. Tra loro tanti giovanissimi ragazzi appassionati di tennis (età media 16 anni), come da consuetudine. Quello che invece non è normale, e si può vedere solo nello Slam americano, sono i “ball person” (che ci sono solo qui, in ogni altro torneo abbiamo i “ball boys“), di una “certa età”, fra i trenta e i sessant’anni. Appassionati come i giovani, ma (ci si aspetterebbe) meno in forma. L’Open americano infatti è l’unico torneo del tennis in cui alla consueta età minima per partecipare (14 anni) si affianca la regola che non ci sia un’età massima. Basta infatti essere in forma, e avere la voglia di stare tanto tempo sui campi di cemento di Flushing Meadow, per lavorare. Lo US Open, infatti, è l’unico Grande Slam a pagare i raccattapalle per aiutare i propri beniamini.

Il fattore età per l’organizzazione americana non è un problema, anzi: “Nell’edizione 2016 del torneo, che era iniziata tardi”, commentano gli organizzatori, “abbiamo avuto un grave problema a riguardo, perché le scuole erano già iniziate e di conseguenza molti giovani non hanno potuto partecipare.  In quel caso quindi avere persone adulte che potessero essere sui campi era perfetto. Inoltre vogliamo dare l’occasione a tutti di provare e realizzare quello che per molti è un vero e proprio sogno nel cassetto”.

Ma come si diventa raccattapalle? Il primo step è passare quello che gli americani chiamano open try out, le qualificazioni le chiameremmo noi, che si svolgono a giugno (quest’anno si sono presentate 450 persone), e durante le quali i candidati vengono giudicati in base alla loro agilità, la conoscenza del tennis, la capacità di lavorare insieme ai tennisti, di tirare la palla e prenderla al volo. Dopo questa scrematura ce n’è poi un’altra, solitamente a luglio, per far scendere i candidati alle presenze necessarie, quest’anno erano 92, per far svolgere senza contrattempi uno dei più importanti tornerei internazionali di tennis.

Solitamente la loro postazione, dove si riposano e si organizzano, è situata nel Louis Amstrong Stadium, ma quest’anno, poiché è in fase di ristrutturazione, i ragazzi delle palline gialle si ritrovano vicino al campo sostitutivo dello stesso, in una struttura temporanea. Al suo interno un grande squadrone di completi blu, bianchi e rossi firmati Polo Ralph Lauren, chiacchiera e si prepara al prossimo turno di azione (ci sono infatti due chiamate, una alle 10 e una verso le 13).

Tra di loro anche il cinquantenne Robert Williams, dalla Pennsylvania, che nella vita possiede un’azienda di occhiali protettivi. Robert è alla sua prima esperienza dentro i campi: “Sono un fan dello sport da sempre e gioco da più di cinque anni” – ci racconta – “quindi essere qui per me è un sogno che si realizza, anche se è un lavoro davvero molto impegnativo. Il turno del pomeriggio ci tiene sul campo fino a sera inoltrata, senza quasi mai un’interruzione. Ma che dire: ne vale la pena!“.

Per Williams la differenza di età con gli altri ragazzi delle palline non è una cosa negativa, anzi: “Posso essere un’ispirazione per loro. Anche se sono uno dei meno esperti, infatti, guardando me capiscono che potranno fare questo lavoro anche in età avanzata“.

Tra i 183 person ball più stagionati (e per questo abilitati a lavorare sui campi più blasonati) ci sono invece il poliziotto e istruttore di tennis di origini est-europee Yevgeniy, ventisei anni, e l’ingegnere di software trentasettenne della California, Bryan. Due raccattapalle che non cambierebbero questo lavoro con niente al mondo. “Fare questo lavoro non è paragonabile a stare seduti a vedere un match. Anche se non parliamo con i giocatori, aiutarli nel gioco e stare dietro di loro è imparagonabile. Per me anche solo sentire l’odore delle scarpe da ginnastica di Andy Murray è stato emozionante”, racconta Yevgeniy.

Stare a contatto con i grandi del tennis mondiale, inoltre, ti permettere di conoscere tutti i tic e le peculiarità dei propri beniamini, racconta invece Bryan: “Questi sono mostri del tennis e la cosa più divertente è imparare a conoscere tutti i loro tic quando si tratta di asciugamani e palline. C’è chi vuole che gli si tirino le palline dentro il campo o fuori. Rafa Nadal per esempio vuole due asciugamani, Ernests Gulbis lo vuole ad ogni servizio, Richard Gasquet vuole il suo asciugamano in una grande palla dove può immergere la faccia. E’ un’occasione irrepetibile”. E la cosa più “cool” che si può sperare di fare sui campi? I ball person non hanno dubbio a riguardo: prendere al volo un servizio anche a 225 km orari. Ma confessano entrambi: “Solitamente, però, è solo fortuna!”

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