Il duello Nadal-Federer ora è una sfida di velocità (La gazzetta dello Sport). Fognini ko. Troppo Nadal (Tuttosport). La nostra battaglia dei sessi è un match di tennis (Croci)

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Il duello Nadal-Federer ora è una sfida di velocità (La gazzetta dello Sport). Fognini ko. Troppo Nadal (Tuttosport). La nostra battaglia dei sessi è un match di tennis (Croci)

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Il duello Nadal-Federer ora è una sfida di velocità (La gazzetta dello Sport)

Il duello a distanza tra Rafael Nadal e Roger Federer, rispettivamente n. l e 2 del ranking Atp, va in scena sui campi in cemento di Shanghai, dove entrambi sono approdati ai quarti di finale. L’eterna sfida tra i due è diventata anche una gara di velocità per superare l’avversario affrontato negli ottavi. Roger è stato più svelto di 2′ battendo in 61′ l’ucraino Dolgopolov contro i 63′ che lo spagnolo ha impiegato per sbarazzarsi di Fabio Fognini, cogliendo il suo 14° successo di fila in questa parte di stagione che lo ha rilanciato al vertice della classifica mondiale. Rafa non ha dato scampo all’azzurro portando il suo record nei confronti diretti sul 10-3 (5-0 nelle ultime 5 sfide) ed ora è pronto ad affrontare il bulgaro Grigor Dimitrov che ha superato lo statunitense Querrey. A fine match, Nadal era molto soddisfatto: «Penso di avere giocato un buon tennis, commettendo pochissimi errori (solo 6 nel primo set sul proprio servizio). Ma per battere Dimitrov dovrò giocare ancora meglio». L’ultimo confronto tra il maiorchino e il 26enne n.9 del ranking è molto recente, risale ad una settimana fa, nella semifinale dei China Open che ha visto Nadal vincere in due set sulla via del successo finale che gli ha garantito il sesto titolo della stagione. Anche Federer è andato avanti senza problemi lasciando sei giochi a Dolgopolov, approdato agli ottavi dalle qualificazioni. Lo svizzero incrocerà nei quarti il francese Richard Gasquet che ha superato il connazionale Gilles Simon in tre set molto combattuti. Tutto sembra filare verso l’ennesima scontata finale tra i due grandi eterni rivali anche se il croato Cilic (finalista a Wimbledon contro Federer) e il redivivo Del Potro, capace di vincere in rimonta contro la stella nascente Sasha Zverev, hanno il talento e l’esperienza per recitare il ruolo di terzi incomodi. Nel torneo femminile, invece, sono uscite due delle potenziali favorite: la danese Wozniacki (n. 3 del tabellone) e l’ucraina Svitolina (n.1). Entrambe hanno annunciato il ritiro per problemi fisici prima di scendere in campo contro le rispettive avversarie spianando così la strada dei quarti di finale alla Cabrera e alla Gibbs.

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Fognini ko. Troppo Nadal (Tuttosport)

E allora si va verso Rafa Nadal contro Roger Federer, il meglio che ci si possa aspettare anche a livello emozionale. Figuriamoci in Cina, al Masters 1000 di Shanghai, in un anno in cui i due fenomeni hanno riportato indietro il tempo. Roger, n. 2 del mondo, ha eliminato al 3° turno l’ucraino Aleksandr Dolgopolov 6-4 6-2. Nei quarti trova Gasquet (7-5, 6-7, 6-3 a Gilles Simon). Rafa invece non ha lasciato scampo a Fognini. Gli è bastata un’oretta per sbarazzarsi del ligure (6-3 6-1) in poco più di un’ora di gioco. Ma Fogna ha giocato un buon match, semplicemente Nadal è in stato di grazia e ha allungato a 14 la striscia di partite vinte. Fuori anche il tedesco Alexander Zverev, eliminato da Juan Martin Del Potro, 3-6 7-6 6-4. Avanza invece ai quarti del Tianjin Open, Sara Errani, nel suo torneo del rientro. Ha battuto la brasiliana Beatriz Haddad Maia, n. 58 per 6-4, 4-6, 6-3 e trova Christina McHale (n. 68). Ma la notizia che la riguarda è che il 9 novembre Sara avrà il processo d’appello davanti al Tas di Losanna. Deve affrontare il secondo grado di giudizio in seguito al ricorso presentato da Nado Italia contro la squalifica di due mesi, considerata troppo leggera. Nel processo di primo grado sostenuto davanti ad un panel indipendente nominato dalla Federazione Internazionale di Tennis (Itf), la Errani si era giustificata adducendo che la positività sarebbe maturata da un’accidentale caduta nell’impasto per i tortellini di una pillola antitumorale della madre.

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La nostra battaglia dei sessi è un match di tennis (Roberto Croci, Il Venerdì di Repubblica)

La loro forza, dicono, ê essere compagni nella vita e nel lavoro. Jonathan Dayton e Valerie Faris sono la coppia di registi che undici anni fa al Festival di Toronto conquistò il mondo con la commedia indipendente Little Miss Sunshine. Li incontriamo proprio a Toronto dove la loro carriera ebbe inizio, per parlare del loro terzo film “La battaglia dei sessi”. Racconta la storia, vera, dell’incontro di tennis del secolo: Billie Jean King vs Bobby Riggs. Una partita giocata di fronte a 30 mila spettatori e vista in tv da 90 milioni di persone. Era il 20 settembre 1973 e la campionessa del mondo Billie Jean King (interpretata da Emma Stone) giocò contro l’ex campione Bobby Riggs (Steve Carell). In palio non c’erano solo 100 mila dollari ma soprattutto la parità fra uomini e donne. In quel momento il mondo viveva varie tensioni sociali e politiche, dipinte a tinte forti nel film: il Watergate, la guerra in Vietnam, i problemi razziali, la rivoluzione sessuale. «Abbiamo accettato di girare questo film dopo che Danny Boyle ha rifiutato di farlo perché stava lavorando a Trainspotting 2» racconta Valerie. «Riggs, a quei tempi era un ex campione di Wimbledon di 55 anni, con vari problemi di soldi e di dipendenza dal gioco d’azzardo, con un ego smisurato e soprattutto molto maschilista. Billie Jean King accettò la sfida, perché voleva vincere contro la misoginia generale, e dare una lezione a un uomo che pensava che le donne fossero utili solo in cucina e a letto. Beh, vinse senza mezze misure con il punteggio di 6-4, 6-3, 6-3». Uno degli aspetti più importanti del match era il fatto che la tennista in quel momento voleva distruggere molte barriere: la differenza di retribuzione fra uomini e donne che valeva anche nello sport ma soprattutto, dopo anni di menzogne sul proprio matrimonio, voleva rivelare al mondo la sua omosessualità. «King stava vivendo la sua prima relazione lesbica» spiega Jonathan Dayton «a quel tempo non esistevano eroi gay sportivi, e mai nessuno avrebbe immaginato Billie Jean come un’eroina internazionale. Ci volle molto coraggio per fare coming out. Aveva una situazione personale difficile: i suoi genitori erano ultraconservatori e omofobi, suo marito era anche il suo manager. Temeva di essere giudicata con durezza, proprio in quanto moglie». (…)

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