Le pause di Federer che ingannano gli scettici (Clerici). Federer, re di denari e imbattuto nel girone. Sock, dispetto a Zverev (Cocchi). Thiem al bivio (Marcotti). La lezione di Piatti: «Per uno Zverev italiano imitate la sua famiglia» (Sisti). “Nadal dopato”: l’ex ministro condannata (Cocchi)

Rassegna stampa

Le pause di Federer che ingannano gli scettici (Clerici). Federer, re di denari e imbattuto nel girone. Sock, dispetto a Zverev (Cocchi). Thiem al bivio (Marcotti). La lezione di Piatti: «Per uno Zverev italiano imitate la sua famiglia» (Sisti). “Nadal dopato”: l’ex ministro condannata (Cocchi)

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Le pause di Federer che ingannano gli scettici (Gianni Clerici, La Repubblica)

Osservare un match in TV ha, tra i molti aspetti negativi, quello positivo di non essere soli, com’è accaduto a me oggi. Se non si è soli, val la pena di trovarsi in un luogo pubblico, che sia peraltro adatto quanto un Club di tennis, dove non si fa tifo, e dove accade di sentir delle critiche alle quali non si era pensato. Proprio questo mi è capitato nell’assistere oggi ad una partita di cui molti si chiedevano le ragioni, o addirittura l’utilità, tra Federer ormai qualificato per la semifinale del masters, dopo due vittorie nei primi due singolari, e Cilic, che non aveva più alcuna speranza in seguito alle sconfitte iniziali. Dopo che Roger ha perduto il primo set al tiebreak, più d’uno dei miei consoci si è domandato se fosse costretto dalla formula a giocare, e se affrontasse la partita senza l’assoluta necessità di vincerla, come sempre capita in uno sport che non tollera la sconfitta, ad eccezione del masters. Alle croniche obiezioni sulla struttura di questa gara anomala, mi sono permesso di obiettare che il masters nacque durante una colazione di Jack Kramer insieme a me e Della Vida, il grande organizzatore italiano, in cui l’ex-campione ci domandò come competere con i Grandi Slam, e io, cronista di sci, suggerii una finale tra i primi 16 di una classifica che ancora non esisteva, fuor dalla neve Jack decise di limitare il numero a 8, introducendo la possibilità di una sconfitta, alla quale Della Vida ed io, nel mio piccolissimo, eravamo contrari. E il masters ebbe inizio il 9 dicembre 1970 a Tokyo. Così, come un mio consocio osservò che Federer avrebbe certo perduto un match che rappresentava al più un allenamento, e un altro amico osservò che, avesse vinto, si sarebbe trovato più ricco dei 191.000 dollari che toccano al vincitore di ognuno dei primi tre match, io mi permisi di obiettare. «Fortunatamente, Federer e i gemelli possono vivere benissimo senza quei 191.000 dollari. Il giorno in cui uno dei primi tennisti del mondo perdesse perché non sente la necessità vitale di vincere, quella sconfitta trascinerebbe troppe implicazioni negative». «E i casi di match perduti per le scommesse?» osservò un altro. «Abbiamo parlato di Campioni, con la C maiuscola. Non di poveracci oltre il numero 200 del mondo», ribattei. Qualcosa intanto era accaduto a Federer. Aveva ritrovato maggior regolarità e lunghezza di colpi, non si limitava più solo al rovescio tagliato, né ad accanirsi sul colpo più debole di Cilic, il rovescio bimane. Così, una partita che qualcuno aveva scambiato per un allenamento di malavoglia, terminava come 7 degli 8 match precedenti tra i due Campioni. Quel Federer che era parso molto meno impegnato del solito terminava il terzo set con 29 punti a 14.

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Federer,  re di denari e imbattuto nel girone. Sock, dispetto a Zverev (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Un ottovolante, le montagne russe. E’ stato uno di quei match in cui non ci si può distrarre nemmeno per andare a prendere un bicchiere d’acqua quello tra Sascha Zverev e Jack Sock nella partita serale che designava il secondo semifinalista del gruppo Becker delle Atp Finals. Un match partito subito con i due contendenti molto tesi, nervosi anche col pubblico a loro dire troppo rumoroso. E’ Sock il primo a fare un break e proprio nel momento chiave del primo set per portarsi sul 4-3. Zverev non riesce a recuperare e gli lascia il set. Ma nel secondo, lo statunitense vincitore a Bercy, si dimentica quasi di scendere in campo, inanellando una serie di errori e occasioni mancate che gli fanno subire un 6-1 letale. Ma nel terzo, è ancora una volta il numero 1 americano a portarsi avanti, allungando fino a 4-1. E’ nel settimo game che il tedesco si ridesta, recupera il break e inanella tre giochi di fila per riportarsi in parità 4-4. Tutto da rifare, con Sock che tiene la battuta, si porta sul 5-4 e lascia la responsabilità tutta nelle mani di Sascha che si sgretola ancora e, con l’ottavo doppio fallo del match, concede il match point all’americano che non spreca l’occasione e, da esordiente, si porta in semifinale dove troverà Grigor Dimitrov. Tre su tre invece per Roger Federer. Lo svizzero chiude la fase a gironi da imbattuto dopo l’ultima fatica ieri contro Marin Cilic, che anche questa volta non riesce ad arrivare oltre i round robin. Una stagione che non smette di riservare sorprese quella del Magnifico, capace di aggiungere due Slam alla sua collezione e di arrivare all’ultimo appuntamento del 2017 con il settimo titolo Masters nel mirino. Il numero due al mondo ha raggiunto le semifinali del Masters 14 volte su 15 partecipazioni e per continuare la corsa al trionfo dovrà battere chi si qualificherà secondo del gruppo Sampras tra David Goffin e Dominic Thiem in campo oggi nel primo match di singolare. Lo svizzero ha comunque ceduto un set al rivale, prolungandosi la fatica più del dovuto: «Ero sotto un set e un break, quindi sono felice di esserne uscito bene. Ero già qualificato, forse a un certo punto mi sono rilassato un po’ troppo. Devo spingere ancora fino al weekend poi, finalmente, sarò in vacanza». Intanto però, dopo aver battuto Sascha Zverev nella seconda apparizione alla 02 Arena, Federer ha raggiunto 110.235.682 di dollari (quasi 94 milioni di euro) di guadagni in montepremi, una cifra che lo proietta in testa alla classifica degli sportivi individuali che hanno guadagnato di più in soli montepremi, superando Tiger Woods. Lo dice Forbes, la rivista Usa che da sempre fa i conti in tasca agli sportivi. Roger che vince e ha una famiglia solida, due coppie di gemelli e l’inseparabile Mirka. Tiger che dal 2009, anno dell’implosione del suo matrimonio e dell’esplosione dello scandalo amanti, non vince più e ha dovuto anche subire quattro interventi chirurgici alla schiena che gli hanno impedito di tornare in campo ed essere competitivo: parabole opposte di due fenomeni.

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Thiem al bivio (Gabriele Marcotti, Corriere dello Sport)

Pomeriggio di spareggio, oggi alla 02 Arena. In palio un posto da sfidante di Roger Federer per l’ultima finale della stagione. Sicuro già della qualificazione Grigor Dimitrov, nel gruppo Pete Sampras i bookmaker scommettono su Dominic Thiem, preferito a David Goffin. Eppure i precedenti sorridono al belga (6-3), che si è pure aggiudicato i due confronti disputati nei 2017. Evidentemente è bastata la vittoria contro il ripescato Pablo Carreno Busta per far dimenticare il recente appannamento dell’austriaco, che dopo New York aveva vinto solo due match, perdendone sei. Stanchezza, ma anche distrazioni fuori dal campo, suggeriscono i pettegoli del circuito. D’altronde non è più un mistero il fidanzamento di Thiem con Kristina Mladenovic, n. 11 del ranking femminile. Una coppia di cui si chiacchierava da tempo, ma che ha deciso di uscire allo scoperto solo adesso, proprio qui a Londra, dove la francese non molla mai il neo fidanzato. A bordocampo negli allenamenti, seduta a fianco di mamma Thiem durante i match. «Non devo confermare nulla perché mi sembra tutto abbastanza ovvio», il commento sbrigativo dell’austriaco che in estate si era lasciato con Romana Exenberger, ex Miss Austria, dopo due anni assieme. Se la nuova unione, almeno finora, non sembra aver portato granché fortuna a Thiem, addirittura disastrosi sono stati gli ultimi mesi di Mladenovic, reduce da una striscia di 12 sconfitte consecutive, con l’ultima partita vinta che risale al torneo di Washington dello scorso luglio. Un’eternità che forse spera di riscattare tramite un exploit di Dominic. Con la benedizione del coach di sempre di Thiem, Günter Bresnik, già allenatore dl Boris Becker. «Non è cambiato nulla nella routine di Dominic, si allena come sempre. Continua ad essere un’atleta esemplare. Ed è un bene che Kristina sia una tennista, perché capisce le sue esigenze». Il quale si rifiuta di entrare nei dettagli della propria vita sentimentale, ma non nasconde le rinnovate ambizioni dopo l’eliminazione nel gironi delle Finals dell’anno scorso. «Sono molto felice di potermi giocare un posto in semifinale, non ci saranno grandi calcoli, chi vince passa – l’analisi di Thiem – Sono contento, anzi parzialmente contento, del mio livello di gioco. Goffin? Ci siamo già affrontati tante volte, ci conosciamo moho bene. Qui David ha giocato un grande match e uno pessimo, non so cosa devo aspettarmi». Rivali in campo, ma amici fuori. «Ci conosciamo ormai da tredici anni, ricordo ancora il nostro primo match quando eravamo bambini. Abbiamo avuto due carriere in parallelo, ci alleniamo spesso assieme da quando siamo entrati nei Top 100, tre anni fa. E quest’anno abbiamo anche svolto un po’ di preparazione assieme. Ci uniscono bei ricordi, dentro e fuori dal campo».

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La lezione di Piatti: «Per uno Zverev italiano imitate la sua famiglia» (Enrico Sisti, La Repubblica)

Per provare a cancellare anni di desolazione, in cui l’unica alternativa al guasto tecnico sistematico sono stati alcuni fuochi isolati, egregie partite qua e là, Volandri e Seppi che battono Federer a distanza di anni l’uno dall’altro, o Fognini che batte Nadal, il tennis maschile italiano può addirittura aggrapparsi alla chioma finta di Agassi, parola di Riccardo Piatti, 59 anni, il più autorevole dei nostri coach: «Il tennis è uno sport individuale, quindi deve anche rafforzare l’Io del giocatore. Se un tennista è pelato ma crede di essere biondo e con i capelli lunghi, bisogna assecondarlo». Agassi lo fece di nascosto da tutti ad eccezione della moglie Brooke Shields e del fratello. Ma il concetto è chiaro: ogni strada può essere quella giusta, dipende però da come la si imbocca: «Di tennis in Italia ce n’è quanto vogliamo, tanti tornei e anche tanti discreti giocatori junior. Ma le accademie non bastano, né sono sufficienti i buoni insegnamenti. Oggi conta più l’investimento dell’ apprendimento». Piatti lo sa, ha “creato” Ljubicic, ha plasmato il bimbo Djokovic, ha inventato Gasquet e poi si è dedicato a Raonic, con il quale ha concluso il rapporto tre giorni fa (senza contare gli italiani fra cui Caratti e Furlan): «Non c’è un segreto, ce ne sono tanti, decisiva è la combinazione dei fattori. Forse non siamo stati abbastanza attenti noi, forse alcuni giovani non sono stati gestiti nel modo appropriato. Ma al di là delle apparenze l’Italia rimane un grande bacino di tennisti». C’è anche il rovescio della medaglia: «Con tutti i tornei disseminati per il paese spesso i giovani pensano di poter crescere in classifica senza sbattersi nel cercare di viaggiare per il mondo, stare fuori due mesi in Oriente». E allora torniamo alla costruzione pezzo per pezzo dello “junior”: «Bisogna fargli subito prendere coscienza del valore che possiede, se ne possiede, e farlo sentire al centro della sua evoluzione tecnica, anagrafica e professionale. Deve girare, rischiare, deve staccarsi da ciò che lo protegge. Poi gli va costruita intorno una squadra. Il tennis di oggi è professionismo anche fra gli junior». Già, il tennis di alto livello ormai è diventato uno sport di squadra: «L’esempio è Alexander Zverev. Guardate come è stato messo in piedi il suo team dal padre e dalla madre, che sono sempre i suoi allenatori di riferimento. Hanno fatto una specie di “tennis mercato”, hanno preso il preparatore di Murray, (Jez Green, in pratica rubandolo a Andy) poi un fisioterapista (Hugo Gravil), infine la ciliegina sulla torta: Juan Carlos Ferrero». In Italia si dovrebbero insomma creare team per quei ragazzi che a 18 anni mostrano evidenti segni di affidabilità e di talento superiore: «Certo sono impegni costosi, non tutti possono permetterselo. Quando voglio prendere un ragazzo prima parlo con i genitori e verifico la loro motivazione. In ogni caso la federazione ha capito che è giunto il momento di sostenere le iniziative più promettenti. Fermo restando che parliamo sempre di progetti a rischio, di scommesse». L’alternativa è questo grigiore: «Il problema è che è facile sbagliare i dosaggi e perdersi un tennista nel cruciale passaggio dai 18 ai 20. Il “Next Gen” è una vetrina, ma negli anni futuri il vero obiettivo per il tennis italiano deve essere il Masters di Londra». Magari fosse.

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“Nadal dopato”: l’ex ministro condannata (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Roselyne Bachelot, ex ministro della Salute e dello Sport francese tra il 2007 e il 2010, è stata condannata per diffamazione nei confronti di Rafa Nadal. In un’intervista rilasciata nel marzo dell’anno scorso al canale televisivo D8, la Bachelot affermò che il tennista maiorchino era rimasto fermo per sette mesi non per un infortunio al ginocchio ma perché positivo a un controllo antidoping. Immediata era arrivata la querela di Nadal che in tribunale ha ottenuto giustizia: la Bachelot è stata condannata a un’ammenda — con la condizionale — di 500 euro oltre a dover pagare un risarcimento danni all’attuale numero uno del mondo di 10 mila euro, oltre a due mila euro per le spese giudiziarie. A marzo del 2016, intervistata in merito al controllo positivo di Maria Sharapova, l’ex ministro aveva colto la palla al balzo per allargare l’accusa di doping anche al maiorchino che, nel 2012, era rimasto a lungo fuori dai campi per l’infortunio al tendine rotuleo del ginocchio sinistro: «Sappiamo tutti che il famoso infortunio di Rafael Nadal, quello per cui è rimasto fuori dal circuito per sette mesi, era dovuto a un controllo positivo dell’antidoping». Immediata la risposta di Rafa: «Queste accuse cominciano un po’ a stufarmi» aveva detto il 10 volte campione del Roland Garros, che poi ha denunciato per diffamazione la Bachelot, invitando la Itf a rendere pubblici tutti gli esiti dei controlli a cui è stato sottoposto negli anni. Nessuno dei due era presente in aula lo scorso 13 ottobre. Rafa chiude dunque l’anno con una vittoria.

(ecco il messaggio postato da Rafa Nadal sul suo profilo Facebook in cui annuncia la fine della vicenda e la volontà di destinare il risarcimento a una ONG francese)

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