L’anno della rivoluzione o della restaurazione?

Editoriali del Direttore

L’anno della rivoluzione o della restaurazione?

LONDRA – La finale più spettacolare sarebbe Federer-Dimitrov. Però il bilancio dei testa-testa contro i 3 semifinalisti… Che fine hanno fatto i top10 2016? Italia: Fognini salvaci tu

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Il biglietto del venerdì sera delle finali ATP è quasi sempre stato un furto con scasso. È quasi sempre messo in programma un match inutile, fra un giocatore già qualificato per le semifinali e uno già fuori. Il primo sta attento a non farsi male, il secondo non vede l’ora di partire e chiudere la stagione. Anche se, come nel caso di Carreno Busta, è entrato nel Masters dalla porta di servizio, grazie e al ritiro di un giocatore infortunato e, come quest’anno al rifiuto di un giocatore già abbastanza ricco e noto da non aver voglia di fare l’”alternate”: quest’anno il posto sarebbe stato di del Potro. Insomma chi ha speso 70 sterline, quasi 90 euro, per sorbirsi il 6-1 6-1 senza storia di Dimitrov vittorioso su Carreno Busta, avrà rimpianto di non averli spesi per un altro spettacolo.

Il vero problema, a questo punto, è che neppure giornate normalmente interessanti come quella delle semifinali e della finale, paiono promettere eccessiva suspense. Roger Federer ha vinto contro gli altri tre semifinalisti, due esordienti (Dimitrov e Sock) e un semiesordiente (Goffin, che lo scorso anno subentrò a Monfils infortunato), 16 partite a zero! Nel bilancio dei confronti diretti sta infatti 6-0 con Goffin cui ha concesso in tutto due set. Sta 6-0 anche con Dimitrov, e anche al bulgaro ha lasciato soltanto due set. Sta 4-0 con Sock cui di set non ne ha regalato neppur uno. Insomma 16-0 e 36 set a 4. Verrebbe da dire che non ci dovrebbe essere storia, che questo Masters lo può perdere solo lui. Probabilmente è così. Io posso solo augurare agli appassionati veri – che sono poi quelli che fanno il tifo per le grandi partite e non per un giocatore contro l’altro – che la finale sia un derby fra i Fed, the Old Fed and Baby Fed. Dimitrov odia che lo si chiami ancora così. Lo chiamavano così fin da quando fece i primi risultati “pro” e quel nick name e quell’attenzione gli hanno soltanto nuociuto, messo addosso infinita pressione. Ad ogni sconfitta c’erano migliaia di fans che dicevano: “Macché Baby-Fed!”. E non erano soltanto i tifosi di Federer che rifiutavano a priori l’idea che potessi esserci qualche somiglianza con il loro Deus.

Insomma il processo di maturazione di Grigor, ieri salito a n.4 del mondo (ovviamente il suo best ranking) grazie al traguardo raggiunto delle semifinali e alla contemporanea eliminazione di Thiem, è stato molto più lento del previsto. Solo quest’anno, grazie ai brillanti exploit australiani di gennaio, ha cominciato e finito alla grande vincendo il suo primo “Mille” e con questa semifinale che, a dispetto del bilancio negativo nei confronti diretti con Jack Sock (1-3), lo vede favorito, anche se forse più per il diverso talento di cui sembra in possesso rispetto all’americano del Nebraska. Attenzione, però, a esagerare nel confidare in pronostici legati al puro talento, perché battendo Zverev Sock ha dimostrato di essere, oltre che in grande forma, anche molto solidoQuel discorso appena fatto sul talento purtroppo tante volte ci porta sulla cattiva strada. Quante volte abbiamo tutti pensato che, altro esempio di talento, Fognini avrebbe dovuto disporre di questo o quell’avversario? E poi è invece andata a finire che ci ha perso? Tante volte la stessa cosa è accaduta negli anni anche a Dimitrov. Ora Grigor sembra uscito da quel pantano. Ma sarà vero?

Sempre per il discorso del talento ci si immagina sempre che se Federer deve perdere una partita – e quest’anno ne ha perse solo quattro, contro Donskoy, Haas, Zverev e del Potro – la possa perdere solo con un giocatore di grande talento. In realtà se la perde, come è accaduto con Donskoy che grande talento non ha, è perché lui è incappato in una cattiva giornata. Ed è rimasta cattiva anche se con Donskoy aveva comunque raggiunto il matchpoint (così come con Haas). Però le chances di vedere una finale spettacolare, vinca chi vinca, secondo me sussistono soltanto se la finale sarà giocata da Federer e Dimitrov.

Nadal ha detto l’altro giorno che la semifinale contro Dimitrov all’Australian Open era stato il suo miglior match. In effetti fu strepitoso. E Dimitrov giocò splendidamente. Certo il suo record così fortemente negativo con Roger non consente troppe illusioni, ma sulle chances di Grigor di fare partita equilibrata sarà giusto parlarne, semmai, nel caso in cui lui batta Sock e Roger non si faccia sorprendere Goffin. Certo è che quest’anno è stato straordinariamente imprevedibile e non lo dico per giustificare le previsioni errate del… Mago Ubaldo.

È stato un anno pazzo, l’anno della rivoluzione e della restaurazione insieme. Della rivoluzione perché non era mai successo, a mia memoria (fallace?), che dei primi 10 tennisti del 2016 non uno solo fosse capace di qualificarsi per le semifinali del Masters di fine anno seguente. I top-ten del 2016 ve li ricordo nell’ordine: Murray, Djokovic, Raonic, Wawrinka, Nishikori, Cilic, Monfils, Thiem, Nadal, Berdych. Più rivoluzione di così! Ma anche di restaurazione, perché anche se ormai è discorso vecchio, quasi un disco rotto, Nadal n.1 e Federer n.2 behsembra di aver rimesso indietro l’orologio di qualche anno. E ciò comunque si dovesse chiudere il 2017, anche con l’eventuale clamorosa sorpresa, quale sarebbe secondo me nell’ordine un trionfo di Sock, oppure di Goffin, ma anche di Dimitrov.

È stato comunque un anno straordinario, ma l’aspetto più intrigante è che il 2018 si presenta come ancora più affascinante, denso di interrogativi. Torneranno e a che livello Murray e Djokovic? Io sento in giro serpeggiare un certo pessimismo. Non sembra che questa lunga pausa abbia risolto i loro problemi. Idem forse per Raonic che si è appena separato – ma pare per scelta di Piatti – dal suo coach più duraturo. Non fa notizia, altro che qui in Inghilterra, che abbiano divorziato anche Murray e Lendl. Far da “balia” ad un giocatore mezzo rotto non è roba per Lendl. Inciso al femminile: anche la n.1 del 2016, Angie Kerber, ha cambiato allenatore. Non più Torben Betz ma Wim Fissette (belga che ha allenato Cljisters, Azarenka, Konta, Ostapenko e stava per allenare anche Sara Errani, prima di farle il bidone a favore di Konta). Di Nishikori non si sa mai nulla, figurarsi questa volta. Va a finire che un altro vecchiarello svizzero, Wawrinka detto Stan the Animal ormai prossimo ai 33 anni, potrebbe mettere d’accordo tanti, ivi incluso Rafa Nadal che ogni anno che passa litiga sempre più con il suo ginocchio e la “Hoffa”. Fra tutti gli infortunati dell’ultimo semestre, Stan sembra quello messo meno peggio. Vedremo. Certo è che Thiem deve rimettere a posto testa e nervi, se dopo il k.o. assurdo patito con del Potro all’US Open non ha più combinato nulla di buono.

E il tennis italiano? Ahimè la serie pazzesca di sconfitte consecutive di Paolo Lorenzi dopo il buon US Open – ho perso il conto di quante siano – e soprattutto il certificato anagrafico suo e di Andreas Seppi che sembra stia ripiegando sui challenger (Ortisei prima, Brescia ora, dove è stato eliminato venerdì nei quarti dal numero 283 del mondo), non promettono nulla di buono. Ci resta Fognini con il suo talento, le sue mattane, la sua imprevedibilità. L’unico aspetto nel quale è ormai diventato prevedibile è il suo comportamento ostile nei confronti di chiunque scriva di tennis per Ubitennis. Pazienza no? Speriamo che venga fuori qualcun altro. Più Berrettini forse che Quinzi o Baldi, ma vanno bene tutti. Purché si sbrighino un po’, perché di donne non c’è proprio nessuna, a meno di una difficile resurrezione di Sara Errani (per la quale si attende a giorni la sentenza definitiva dopo il ricorso che è stato fatto per contrastare una squalifica giudicata troppo ridotta). Se scrivessi che a livello tecnico quello del tennis italiano è un clamoroso fallimento quanto quello della nazionale di calcio, del presidente Tavecchio e dell’allenatore Ventura, mi si direbbe che Scanagatta – che noia! – ce l’ha sempre con la Federazione e con Binaghi per motivi personali (???). E allora io non lo dico. Se proprio volete ditelo voi.

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