"Dov'è la guida per chi vince Wimbledon a 17 anni?"

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“Dov’è la guida per chi vince Wimbledon a 17 anni?”

Boris Becker spiega la sua bancarotta: “Come andare al ristorante, ordinare un sandwich al pollo e una cola e ritrovarsi con un conto di 10000 sterline”. Il racconto

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Il curioso caso di Boris Becker, si potrebbe dire. In questo caso non è l’età a decrescere, ma la floridità della sua situazione patrimoniale. Che il tedesco non fosse un virtuoso dell’autogestione finanziaria si era intuito ben prima che a giugno venisse fuori la notizia della sua bancarotta. Da allora, quando sembrava che la vendita di una proprietà dal valore di 6 milioni di euro potesse far ritornare tutto a posto, la situazione ha invece cominciato a precipitare. A ottobre sono emersi maggiori dettagli sulla natura del debito: circa 61 milioni di euro divisi tra 14 creditori diversi.

Boris non ha mai palesato il minimo sconcerto nelle apparizioni pubbliche, anzi. Ha presieduto regolarmente al sorteggio delle ATP Finals nella sede della BBC – causando anche dei ritardi – e ha partecipato alla cerimonia di premiazione del torneo londinese, consegnando la coppa al vincitore Grigor Dimitrov. Ma soprattutto ha affrontato direttamente le sue responsabilità. A inizio novembre ha parlato al periodico svizzero Neue Zurcher Zeitung, qualche giorno fa è stato raggiunto dal Times nella sua abitazione di Wimbledon. Tra i tanti virgolettati che tabloid e giornali gli hanno cucito addosso, uno degli ultimi riguarda proprio la sua volontà di farsi seppellire lì – non oggi ovviamente – a due passi dal prato che l’ha consacrato appena diciassettenne nel 1985.

La villa è piuttosto lussuosa, tanto che viene naturale chiedersi come faccia un uomo in bancarotta a sostenerla. Il tedesco in realtà risulta avere residenza a Montecarlo, sebbene negli ultimi anni abbia trascorso molto tempo a Zugo (Svizzera) e Monaco di Baviera. Anche a Londra, da quando nel 2009 ha acquistato la tenuta a due passi dal Centre Court. Questa sua abitudine di spostare continuamente il domicilio gli ha procurato la prima rogna giudiziaria nel 2002, quando per una questione di tasse inevase (che lui ha definito “frutto di una politica dell’invidia e del fraintendimento di alcune leggi fiscali sulla residenza“) un tribunale tedesco l’ha condannato a pagare una multa di 315.000 sterline. La sua colpa era stata quella di vivere di fatto a Monaco di Baviera, pur dichiarando la residenza a Montecarlo e ottenendone quindi i benefici fiscali.

LA GENESI DELLA BANCAROTTA

Quindici anni dopo la faccenda si è fatta ben più seria, con cifre più ingenti e accuse ben più pesanti. Ma come stanno realmente le cose e come si giustifica il diretto interessato? I tre curatori fallimentari che per conto dell’istituto Smith&Williamson stanno monitorando la sua situazione patrimoniale hanno rilasciato un aggiornamento in data 6 ottobre, appena dopo la notizia dei presunti 61 milioni di debito. Il procedimento di “vigilanza” prosegue, si invita chiunque abbia informazioni a farsi vivo e si dichiara l’impossibilità di rendere pubblici ulteriori dettagli, che rimangono a beneficio dei soli creditori.

Ci si vede ancora poco chiaro, però. Perché Becker dice di avere in piedi compagnie redditizie in Svizzera e Regno Unito, con manager e impiegati che paga regolarmente. C’è la tennis academy nata lo scorso anno in Cina a suo nome, e i progetti gemelli pronti a sbocciare in Russia, India e Spagna. L’attività di commentatore per la BBC, sospesa durante i tre anni di collaborazione con Djokovic e poi prontamente ripresa. “Questa bancarotta è contro di me privatamente, non professionalmente“, è la difesa dell’ex tennista tedesco che ricalca un po’ le giustificazioni dopo il pasticcio fiscale del 2002. Il procedimento di bancarotta ai danni di Boris però è ben reale: lui stesso ammette che al momento “occupa la maggior parte della mia vita“.

Sembra che tutto sia cominciato nel 2012, quando Boris trascorreva la maggior parte del tempo in Svizzera a occuparsi di affari di vario genere. Nonostante non ce ne fosse una necessità finanziaria, gli era stato consigliato di vendere i suoi ‘diritti di proprietà intellettuale’ a una banca privata britannica (Arbuthnot Latham). Questi istituti ne stimano il valore e corrispondono al proprietario una cifra forfettaria, procedimento che garantisce una monetizzazione immediata e genera vantaggi fiscali. Dal momento in cui Boris riceve questa cifra a quello in cui gli viene intimata la restituzione, la ricostruzione ha delle falle. Il modo in cui viene descritto l’accordo con l’istituto britannico non sembra suggerire la natura di prestito, ma si è rivelato tale nei fatti. È più verosimile credere che, posto che ci fossero realmente i suoi diritti al centro dell’accordo, si trattasse di una concessione temporanea delle licenze.

Boris lo spiega così: “L’accordo prevedeva che avrei restituito quei soldi nel giro di cinque anni. Non che l’avessi chiesto, in realtà non ne avevo bisogno. Sfortunatamente dopo tre anni alcuni dei contratti di garanzia per il prestito sono stati interrotti e non adeguatamente sostituiti“. Per sinossi e semplicità, si potrebbe dire che si è trattato di un affare (piuttosto grosso) andato male. “Ho un’azienda in Svizzera, relazioni con partner in tutto il mondo, ma purtroppo nel mondo del business non ci sono garanzie. Sei a conoscenza di alcune cose ma non di tutte e c’è la possibilità che le cose vadano male”, ammette Boris.

Il difetto dev’essere stato questo: difficile chiudere affari vantaggiosi senza la cravatta…

La banca ha quindi iniziato a reclamare la restituzione del prestito, ma Becker non aveva la liquidità necessaria. Colpa degli interessi, che secondo gli avvocati del tedesco sarebbero stati richiesti illecitamente. Di quale cifra si parla complessivamente? “Questo non posso dirlo, è il commento del diretto interessato. Nel frattempo ci tiene a sottolineare di non essere assolutamente al verde, di vedere la faccenda come una sorta di gigante disguido per cui si adopera anche in una bizzarra metafora: “È un po’ come andare al ristorante, ordinare un sandwich al pollo e una cola e ritrovarsi con un conto di 10000 sterline da pagare. Ecco, mi piacerebbe andare a parlare con il proprietario del ristorante ma non me ne viene data la possibilità. Per questo è un grande fraintendimento; vivo nel centro di Londra, non mi sto nascondendo da nessuno“.

I 100.000€ CHIESTI AL SUO EX MANAGER

Le possibilità di un’uscita relativamente indolore dalla faccenda esistono. Qualora dovesse essere raggiunto un accordo per la restituzione – è altamente probabile che in questi casi venga definita una nuova somma forfettaria – il procedimento di bancarotta verrebbe annullato. Del resto, in un’intervista rilasciata al magazine tedesco “Gala“, dalla bocca di Becker sono uscite queste parole: “Le parti si stanno avvicinando. Sono in corso colloqui di conciliazione stragiudiziale per arrivare a una soluzione“. E ancora, a margine della sua lunga intervista al Times: “Il medico mi ha consigliato di prendermi una vacanza ma non è quello che voglio fare. Voglio sistemare questa faccenda e andare avanti con la mia vita“.

Il primo consistente raggio di luce in un cielo colmo di nubi? Macché. L’ultima uscita di Bild lascia pensare che l’ottimismo sia ancora attività ingiustificata. Becker ha citato in giudizio il suo ex manager Sascha Rienne imputandogli un danno economico di circa 100.000 € a causa di alcune apparizioni pubbliche senza adeguato compenso. Il punto è che non sembrano essere esistiti contratti in seno a questa collaborazione, e la cifra piuttosto misera rivendicata dal tedesco ha tutta l’aria di essere un (disperato?) tentativo di monetizzare a breve termine. La notizia fa seguito alle voci sulla sua intenzione di vendere, addirittura, i trofei vinti a Wimbledon. Non va dimenticato che l’istituto finanziario britannico non è l’unico creditore di Becker. Ne esisterebbero altri tredici, tra cui spicca un ex socio in affari – lo svizzero Hans-Dieter Cleven – che rivendica la cospicua cifra di 37 milioni di euro.

IL PROBLEMA È STATO… VINCERE WIMBLEDON COSÌ GIOVANE

Il ritratto di Boris Becker che viene fuori da questa faccenda è quello di un ragazzo che un tempo si tuffava sull’erba con coraggio e maestria, e che invece oggi si è tuffato in certi affari con coraggio… e (tanta) ingenuità. Un’ammissione c’è: “È colpa mia, mi assumo la piena responsabilità. Non sarei dovuto arrivare fino a questo punto, ma io c’entro solo per metà. Se la banca mi fosse venuta incontro ora non sarei qui a dire queste cose“. E in un certo senso, oltre alle colpe che imputa ad altri, c’è una sorta di auto-assoluzione per il suo particolare percorso di vita. Diventare milionario a 17 anni, dice, è una cosa che rende gli eventi poco controllabili.

“Se mi piacciono la fama e il successo? Ovviamente. Se sono vanitoso? Ovviamente. Mi lavo i denti tre volte al giorno, fa parte dell’essere vanitoso. Mi piace tenermi in ordine”

In una delle confessioni più accorate, poi:”Essere persone responsabili è fondamentale per un tennista. Io ero responsabile a 16 anni e lo sono oggi. Certo, si impara dagli errori. Oggi penso di avere un team legale più professionale al mio fianco. Forse stavo prendendo alla leggera il fatto di essere Boris Becker. Forse sono ingenuo, ma la mia vita è unica. Le cose che ho fatto non le ha fatte nessuno prima di me. Come avrei potuto chiedere a qualcuno come ci si comporta quando si vince un milione a 17 anni, e quando le donne si offrono a te solo perché sei famoso?”. 

Come aveva dichiarato in un’altra occasione, “Dov’è la guida di vita per un teenager che vince Wimbledon?“. In un moto d’orgoglio, dopo essersi definitivo un ingenuo poco prima, Boris capovolge ancora i fatti. “So che siete portati a credere che non sono stato in grado di gestire i miei soldi perché ne ho fatti così tanti nella mia vita. Ma potrei impiegare un’ora a spiegarvi perché non è vero“. È quello che in parte ha fatto nel corso delle varie interviste, senza convincere particolarmente perché il nocciolo della questione sembra invece proprio quello.

Boris Becker alza il trofeo di Wimbledon 1985

Boris Becker alza il trofeo di Wimbledon 1985

In questo lungo ritratto del (portafoglio di) Becker si è taciuto delle sue diverse paturnie sentimentali. Si è sposato una volta – due figli con la modella afroamericana Barbara Feltus Pabst – e si è risposato con la modella olandese “Lilly” Kerssenberg, con cui vive attualmente e condivide un terzo figlio. Ce n’è un quarto, la diciassettenne Anna nata da una relazione extraconiugale agli sgoccioli del primo matrimonio. La stabilità che non aveva in campo, così esplosivo e imprevedibile, è grossomodo la stessa che ha (non) dimostrato nel resto della sua vita un po’ pazza e, diremmo noi tra le noie piccolo-borghesi, anche piuttosto eccitante. “Ho partecipato alle feste, sono stato con modelle, ho fatto tutte queste cose. Ma ogni cosa ha il suo tempo“.

Un’autobiografia, anche (The Player, 2004). Che alla luce dei recenti fatti corre il rischio di dover essere aggiornata o addirittura riscritta. Dov’è la guida di vita per un teenager che vince Wimbledon?” sembra un titolo piuttosto appropriato.

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