I Signori della sala stampa: René Stauffer e "il genio del tennis"

Interviste

I Signori della sala stampa: René Stauffer e “il genio del tennis”

Il biografo di Roger Federer. Vent’anni trascorsi a seguire le gesta di uno dei più grandi di sempre. La passione e la dedizione per la sua Svizzera

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LA PRESENTAZIONE DEL DIRETTORE

Conosco René Stauffer da una vita. Lo chiamo, scherzando ma non troppo, “il vero biografo di Roger Federer”, anche per rispondere a lui che da molti anni – dacché gli detti in anteprima la notizia del ritiro di Bjorn Borg – mi chiama invece “the Borg of the Pencil”. Beh sì, non si scriveva con il lapis, ma quasi… la lettera 22 dell’Olivetti era il massimo della tecnologia.

Confesso qui anche tutta la mia sana invidia – dopo essermi fortemente illuso agli albori della mia carriera per colpa di Adriano Panatta che nel ’76, al mio Roland Garros, lo vinse in quell’anno unico e magico anche per via della Davis –  per René che ha avuto la straordinaria fortuna di svolgere la nostra professione in un periodo d’oro per il tennis svizzero, un tempo sport assolutamente secondario rispetto allo sci e non solo: Jakob Hlasek fra i primi dieci del mondo e poi anche Rosset che vince una inattesa medaglia d’oro alle Olimpiadi, il fenomeno Martina Hingis che batte tutti i record di precocità (e ora, in doppio, di anzianità), Heinz Gunthardt che vinse il doppio a Wimbledon (con l’ungherese Taroczy, il mio adorabile… cognato! Nora Taroczy, sua sorella, era stata una mia fidanzata) la stella abbagliante di Roger Federer che batte tutti i record possibili e immaginabili e dai 17 ai 37 anni è ancora sulla breccia da grandissimo. Tutto mentre io aspetto da 40 anni di raccontare le gesta di un top-ten italiano. Non un n.1, un top-ten, capito? Che sfiga ragazzi!

Sempre a scrivere delle imprese di altri. René cominciò a pensare di scrivere un libro su Roger nel 2003, 14 anni fa, quando Federer fu il primo svizzero a conquistare uno Slam. Interpellò i genitori Federer che però si opposero: era troppo presto per scrivere una biografia di un ragazzino di 22 anni. Ma quando il libro fu pubblicato 3 anni dopo in tedesco, non c’erano più dubbi sul posto che Roger avrebbe occupato nella storia del tennis. Aveva già vinto sette titoli dello Slam. L’unico aspetto imprevedibile era che Roger avrebbe vinto lo Slam n.19 a 36 anni. René scrisse 35 capitoli di biografia non autorizzata, ma per la quale Roger e i genitori si sarebbero complimentati. Nella versione italiana pubblicata nel 2013 per le edizioni Mare Verticale, “Il genio del tennis, la storia di Roger Federer” i capitoli sono diventati 45. E prima o poi ci sarà una riedizione con un numero di capitoli ancora ingrossati, ma mai quanti i tornei da lui vinti.

A René invidio anche il fatto di aver “scoperto” Roger Federer otto-nove mesi prima di me. Nel settembre del 1996, infatti, il suo giornale di allora, il Tages-Anzeiger, lo aveva inviato a Zurigo per scrivere un articolo sulla World Youth Group, una sorta di Davis per juniores. Avete già capito chi era il quindicenne che vide giocare per la prima volta. E contro un italiano poi scomparso dai grandi orizzonti tennistici: Fracassi. Perse il primo set, ma vinse in tre. A Pasqua dell’anno successivo Roger Federer venne a giocare il torneo giovanile delle Cascine al mio circolo, il CT Firenze, quello dove avevo sempre giocato, dove mio padre era stato il presidente e io il direttore del torneo ATP dal ’75 per un lustro. Roger non aveva ancora diciassette anni (li avrebbe compiuti ad agosto). Ovviamente vinse il torneo. Così lo scoprii anch’io. Dopo René, ma un bel po’ prima di tutti i miei più noti colleghi italiani. Sono scoperte, quella di René come la mia, che avvengono sempre per caso. Quel giorno che René fu inviato a seguire quella manifestazione giovanile non era per nulla contento. Pensava “che barba, che noia”. E io al CT Firenze speravo che vincesse un italiano.

René ha un’altra fortuna: è esattamente dieci anni più giovane di me, è quindi piombato sul tennis proprio al momento giusto, nell’epoca del grande fulgore del tennis svizzero (che ha avuto anche una Patty Schnyder, una Timea Bacsinszky… e un certo Stan Wawrinka e una Coppa Davis in bacheca). E poi René ha ancora i capelli biondi, belli lisci. Li avevo anch’io, ed erano invece riccioli, ma li ho persi tutti. Come il tennis italiano. A lui però dico sempre: “Il sangue nella mia testa è stato costretto a scegliere: il cervello o i capelli. Con te ha preferito i capelli…”. Battutaccia pessima che ci si può permettere soltanto con i veri amici, i buoni colleghi da una vita. 

Ubaldo Scanagatta

LA SCHEDA

  • Vive vicino Zurigo
  • Dal 1981 al 1989 scrive di tennis per il giornale svizzero “Blick”
  • Dal 1989 al 1992 è redattore a “Sport”
  • Collabora dal 1993 col “Tages-Anzeiger”
  • Segue Roger Federer dal 1996
  • Nel 2006 pubblica la biografia “Quest for perfection. The Roger Federer Story”

L’INTERVISTA

Siamo con René Stauffer, giornalista sportivo per Tages-Anzeiger e autore di una biografia su Roger Federer. Come ti sei avvicinato al tennis e perché hai iniziato a scriverne?
In Svizzera al tempo avevamo un ragazzo molto promettente, Heinz Gunthardt, che era numero uno juniores e credevamo fosse il “nuovo Borg”. Io mi occupavo di hockey su ghiaccio, ma qualcuno doveva seguirlo e allora iniziai a scrivere di Gunthardt. Poi nel 1982 a Zurigo si disputò un torneo del World Championship Tennis e questo mi diede una grossa mano, perché ricevetti un invito per seguire il WCT di Dallas. Lì vidi Borg che stava per ritirarsi e ricordo anche di aver incontrato per la prima volta Ubaldo, che soprannominai “The Borg of the pencil” (il Borg della matita).

Come proseguì la tua carriera?
Per nove anni ho continuato a scrivere per Blick, il giornale più diffuso in quel periodo. Poi nel 1989 sono passato a Sport, che usciva tre volte a settimana, motivo per cui avevi molto tempo per scrivere e ovviamente ne guadagnava la qualità. Purtroppo però il giornale stava fallendo e allora divenni redattore al Tages-Anzeiger, il principale quotidiano in Svizzera.

Possiamo anche dire che sei stato abbastanza fortunato, perché dopo Gunthardt, che è anche diventato campione di Wimbledon in doppio (e allenatore di Steffi Graf, ndr), hai avuto a che fare con Jakob Hlasek, Marc Rosset, Martina Hingis e, dulcis in fundo, Roger Federer. Come l’hai incontrato e come si è sviluppato il vostro rapporto?
L’ho incontrato quando aveva 15 anni e lanciava ancora le racchette. Lo intervistai e mi disse: “Dovresti essere in grado di giocare in maniera perfetta, per questo mi arrabbio”. Già vent’anni fa aveva qualcosa di speciale ed è per questo che lo seguo ancora. Così ho coperto circa novanta tornei dello Slam e ancora non ho finito. Il tennis non mi lascia.

Quanto successo ha avuto in Svizzera il libro su “Re Roger”?
È la star più grande che la Svizzera abbia mai avuto. Federer ha fan in tutto il mondo, è una persona unica. Per questo da quando il libro è stato pubblicato non ricordo nemmeno quante copie sono state vendute. So che è stato tradotto in dieci lingue, perfino in indonesiano, cinese o bulgaro.

Allora sei un uomo ricco adesso?
Purtroppo no!

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