Murray, nuovi guai. Carriera in bilico (Crivelli). Arrivano i Mutua Open (Semeraro). Travaglia: "Nei primi 100 per rimanerci" (Senigalliesi)

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Murray, nuovi guai. Carriera in bilico (Crivelli). Arrivano i Mutua Open (Semeraro). Travaglia: “Nei primi 100 per rimanerci” (Senigalliesi)

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Murray, nuovi guai. Carriera in bilico (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport 03/01/2018)

Maledetti tabloid, stavolta avevano ragione loro. Da settimane consumano pagine e inchiostro per dipingere ogni tipo di scenario intorno alle condizioni di salute di Andy Murray, fino a spingersi a metterne in dubbio l’avvio di stagione (se non addirittura la carriera) da una semplice fotografia scattata a Wimbledon (anziché a Miami, dove si allena d’inverno) quindici giorni fa o da un biglietto aereo staccato con ritardo. Il vincitore di due Wimbledon e uno US Open per mesi ha rintuzzato le illazioni, anche con l’arma dell’ironia, ma ieri ha dovuto arrendersi e dare finalmente notizie certe, visto che si era appena ritirato senza neppure scendere in campo dal torneo di Brisbane, scelto per il rientro sei mesi dopo l’ultimo match, il quarto di finale perso ai Championships contro Querrey. Lo scozzese, sceso al numero 16 del mondo dopo aver iniziato il 2017 da numero uno, affida a un lungo post su Instagram i tormenti per quell’anca destra che non vuole guarire: uno sfogo accorato da cui traspare un’enorme preoccupazione non solo per il futuro agonistico prossimo, ma per la stessa carriera, fino a paventare l’intervento chirurgico, mai preso in considerazione prima d’ora. Muzza, innanzitutto, spiega come ha affrontato dalla prospettiva medica questo lungo intervallo senza tennis giocato: “Ovviamente sto passando un periodo molto difficile per la mia anca e ho consultato svariati specialisti. Mi è stato consigliato di curarla in modo conservativo, dallo US Open in poi ho fatto tutto quello che mi è stato chiesto dal punto di vista riabilitativo e ho lavorato molto duramente per cercare di tornare in campo e competere. Avendo giocato alcuni set di allenamento a Brisbane con alcuni giocatori di alto livello, sfortunatamente mi sono reso conto che tutto questo non ha funzionato per arrivare al livello che desidero, quindi devo rivalutare le mie opzioni”. A questo punto, restano solo due alternative: “Continuare la terapia è una di queste, ovvero dare altro tempo all’anca per guarire. L’intervento chirurgico è un’altra opzione, ma le possibilità di piena riuscita non sono alte quanto vorrei e quindi si tratta di una soluzione alternativa che ho sempre sperato di evitare. A questo punto però è qualcosa che devo considerare, ma spero che non sia necessaria”. L’incubo che Andy ha sempre tenuto fuori dalla porta, ora bussa prepotentemente e pericolosamente. L’opportunità dell’operazione era già stata valutata dopo Wimbledon, ma l’idea di rimanere fuori almeno sei mesi (questi sono i tempi di recupero) e la possibilità che non fosse comunque risolutiva avevano convinto Murray a indirizzarsi verso una terapia senza intervento, a differenza del 2013, quando la chirurgia aveva sistemato gli annosi problemi alla schiena. Nel post, lo scozzese non parla mai della diagnosi, ma fonti ben informate della BBC sostengono che soffra di un’infiammazione al labbro dell’anca, cioè l’intersezione cartilaginea che unisce la testa del femore all’acetabolo. Una situazione delicata perché un intervento, benché riuscito, potrebbe avere effetti limitati nel tempo, soprattutto se dovessero continuare gli sforzi prolungati richiesti a un tennista professionista. Hewitt venne operato per lo stesso problema nel 2008, e vinse tre tornei fino al 2010, quando finì sotto i ferri per la seconda volta, anche se ogni situazione è differente e l’australiano comunque non era più il giocatore esplosivo di inizio carriera. Più che altro, ai rischi di una ripresa non completa si abbina la considerazione che a luglio, cioè il periodo previsto per l’eventuale rientro post-operatorio, sarebbe trascorso un anno esatto dall’ultima partita, un intervallo pesante da digerire anche per un agonista come Murray, ormai trentunenne e con 15 anni di tennis a alto livello a incidere su un fisico già ammaccato. Per adesso, Muzza rimane un paio di giorni in Australia per capire se e come avvicinarsi al primo Slam stagionale (comincia il 15), ma il momento delicatissimo è sublimato dalla foto scelta per corredare il post, lui bambino con un sorriso innocente… [segue].

Arrivano i Mutua Open (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport 03/01/2018)

Per fornaia c’è Federer. Con lo smoking indossato con la classe di un Cary Grant per festeggiare l’anno nuovo con sullo sfondo i fuochi d’artificio di Perth, oppure in campo, dove sta trascinando la Svizzera in Hopman Cup. Per fortuna che c’è il Patriarca, con i suoi 36 anni e mezzo da fenomeno, perché il resto della famiglia del tennis è a pezzi e gli Australian Open (15-28 gennaio) rischiamo di diventare il Mutua Slam. Nadal, Djokovic e Murray, tanto per citare solo numeri 1 attuali e del recentissimo passato, hanno dovuto disdire impegni presi fra il Medio Oriente e l’Australia, e anche Wawrinka, Nishikori e Raonic sono alle prese con antidolorifici, cerotti, medici e infermieri. Il più grave sembra essere il degente scozzese. Dopo aver rinunciato in extremis a Brisbane, ieri si è scusato via Facebook, spiegando che dopo l’ultimo allenamento ha capito che il cronico dolore all’anca non gli consente di rientrare da una pausa agonistica iniziata appena dopo l’eliminazioni nei quarti di Wimbledon… [segue]. Non è una resa, le possibilità di vederlo in campo a Melbourne però sono simili a quelle di vedere Theresa May ricredersi sulla Brexit. A rischio per il primo Slam stagionale sono anche Nadal, 31 anni, che pure senza mai citare apertamente il ginocchio malandato, che lo ha costretto a ritirarsi durante il Masters, ha dato forfait sia all’esibizione di Abu Dhabi sia a Brisbane, e Novak Djokovic, 30 anni, che avrebbe dovuto essere in campo questa settimana all’ATP 250 di Doha, ma ha dovuto arrendersi al riacutizzarsi del dolore al gomito. In questi giorni Nole è a Dubai, si sta allenando, ma rischiare un nuovo stop per presentarsi fuori forma e rimediale una figuraccia a Melbourne non è nel suo stile… [segue]. ll 32enne Stan Wawrinka di operazioni in agosto ne ha subite addirittura due, entrambe al ginocchio, e la settimana scorsa ha confessato che dopo quttro mesi e mezzo di stampelle, dolori e inattività c’è stato un momento in cui ha seriamente pensano di piantarla lì. Pure Stanimal ha dovuto dire di no a Brisbane, e con Nadal (e Djokovic), in teoria, dovrebbe essere in campo il 10 per un’esibizione a Melbourne: incrociamo, con cautela, le dita. Il polso e il polpaccio di Milos Raonic – che non gioca da ottobre – forse sono finalmente a posto, ma il canadese resta un soggetto a rischio, mentre il polso di Kei Nishikori è ancora un puntaspilli (“Ho avuto l’impressione che si staccasse”) e l’ex n.4 giapponese dopo Brisbane ha dato buca anche a Sydney… [segue]. Per fortuna c’è Federer, che ormai ha capito che per vincere, dopo i 30, bisogna distillarsi con cautela. Ma di Federer, ahinoi, ce n’è solo uno.

 

Travaglia: “Nei primi 100 per rimanerci” (Roberto Senigalliesi, Corriere Adriatico Ascoli Piceno 03/01/2018)

Lo scorso anno era il numero 329 del mondo, oggi è il 134 ed ha già cominciato la stagione alla grande qualificandosi con due belle vittorie al torneo di Doha (dove ieri ha battuto la wild card di casa Jabor Al-Mutawa), in attesa di disputare le qualificazioni agli Australian Open. Stefano Travaglia è uno dei tennisti italiani emergenti. Ventisei anni, li ha compiuti il 28 dicembre, ma con almeno tre anni persi a causa di infortuni vari, quest’anno è atteso alla definitiva esplosione. “Cosa mi aspetto dal 2018? Innanzitutto stare bene fisicamente, il resto verrà di conseguenza. Lo scorsa stagione è stata molto dispendiosa, iniziata con i futures in Spagna, Tunisia e Italia. Poi c’è stato il successo nel challenger di Ostrava, la svolta, e quindi la qualificazione a Wimbledon e US Open, dove mi sono preso la soddisfazione di battere Fognini. Nel finale ho pagato la fatica, ma sono soddisfatto. Ora ho una buona classifica e sono pronto per nuove sfide”. Quale obiettivo si è prefisso? “Entrare nei primi 100 del mondo e poi rimanerci, che è difficile quanto arrivarci… [segue]. Magari facendo anche un pensierino alla Coppa Davis.. “Un pensierino ce l’ho faccio, perché non dovrei? Certo, sta a me fare in modo che capitan Barazzutti possa prendermi in considerazione, come avvenuto nel recente passato per altri miei colleghi. Vestire la maglia della nazionale sarebbe qualcosa di fantastico, specie per uno che un anno e mezzo fa pensava di dover smettere giocare a tennis. Un sogno che si realizzerebbe. Sarebbe un bel regalo per chi nel tempo ha accompagnato il mio percorso di persona ed atleta. Penso – conclude – a mamma Simonetta e papà Enzo, i miei primi maestri. Non finirò mai di ringraziarli, se sono arrivato a questo punto è soprattutto grazie a loro, che hanno sempre creduto in me. Come, del resto, la mia ragazza Maria Paola, che mi è sempre rimasta vicina soprattutto nei momenti difficili”.

Mamma Williams dopo il rientro è diventata meno Serena (Angelo Mancuso, Messaggero 03/01/2018)

Vincere Slam non è mestiere per mamme. Una legge che vale anche per Serena Williams, la più forte tennista di sempre, tornata in campo la scorsa settimana ad Abu Dhabi a meno di 4 mesi dall’aver messo al mondo la primogenita Olympia Alexis, a 11 dall’ultimo torneo: dominò gli Australian Open (23esimo titolo Slam) quando era già in dolce attesa per poi uscire di scena. I casi di tenniste capaci di trionfare in un Major dopo la maternità si contano sulle dita di una mano: Dorothea Chambers, Margaret Court, Evonne Goolagong e più di recente Kim Clijsters. Solo la Chambers, che vinse a Wimbledon nel lontano 1914, aveva 36 anni come Serena. Le altre erano più giovani. La presenza della Williams, scesa al n.23 WTA, a Melbourne è incerta. “Non so se sono pronta – ha detto – ma so che voglio essere competitiva per vincere. Sto analizzando la situazione giorno dopo giorno. Sono rientrata diverse volte da infortuni, non mi era mai successo di riprendere dopo aver avuto una figlia. Valuterò tutto con il mio team prima di prendere una decisione”. La statunitense ha mostrato difficoltà al servizio, mentre la potenza dei colpi da fondo campo è sempre la stessa. Portare via un set a una top ten come la Ostapenko, regina di Parigi, dopo quasi un anno di inattività, è un buon risultato seppur in esibizione. La discriminante è la condizione atletica ancora carente. Il dubbio riguarda le tempistiche: la Williams vista negli Emirati non è pronta a sopportare le fatiche di uno Slam, specie gli Australian Open in cui le condizioni climatiche (piena estate) sono complicate. E al via (15 gennaio) mancano meno di due settimane. “Non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando di un’atleta professionista – sottolinea il professor Pier Francesco Parra, responsabile dello staff medico delle Nazionali azzurre – inoltre la gravidanza non è una patologia e la Williams è davvero molto forte. Ha delle capacità di recupero straordinarie nonostante l’età, che ho avuto modo di sperimentare di persona. In oltre 35 anni di lavoro in questo campo ne ho viste davvero poche come lei. Bisognerà vedere dal punto di vista mentale quanta sarà la sua determinazione e quanto forte la volontà di tornare al vertice, dato che lei non è certo uno che si accontenta di un ruolo da comprimaria” [segue].

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