Dal sasso di Djokovic al bacio di Sharapova… passando per Federer

Editoriali del Direttore

Dal sasso di Djokovic al bacio di Sharapova… passando per Federer

MELBOURNE – La ribellione dei giocatori allo status quo cova sotto cenere. Gli Slam, i tornei, guadagnano troppo. Ai tennisti meno forti briciole. Italiani: 4 su 9 al secondo turno

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Djokovic ha tirato un sasso nello stagno, come i lettori di Ubitennis hanno avuto il privilegio di sapere nei dettagli dall’articolo pubblicato ieri e scritto dal giornalista serbo Velickovic che ha fonti provenienti da qualcuno molto vicino al tennista serbo. Vi rimando alla lettura di quell’articolo. Così oggi, sono stati bombardati di domande un po’ tutti i giocatori, che però hanno fatto quadrato nel non volere rivelare granché di quel che si erano detti nella riunione cui hanno partecipato più di un centinaio di tennisti al riparo da orecchie indiscrete. Finchè Roger  Federer, rispondendo ai colleghi della Svizzera tedesca qualcosina in più si è lasciato scappare, anche se come al solito è stato molto prudente e… neutralmente svizzero nell’affrontare la vicenda che per primo dal Daily Mail è stata montata come una richiesta dei giocatori di poter gustare una fetta più grossa della torta che si pappano altri poteri, altre entità. Se si pensa che l’Australian Open, a quanto si sa il più povero degli Slam (anche se non più così tanto povero come fino a qualche anno fa) ha deciso di investire un miliardo di dollari – one billion – per ricostruire il suo complesso in Melbourne Park, si capisce come ai giocatori da una parte la cosa faccia piacere, ma dall’altra susciti anche gelosie e sospetti di sfruttamento.

“Il direttore del torneo Craig Tiley fa di tutto per accontentare i nostri bisogni, per farci sentire come  a casa nostra” lo ha omaggiato Djokovic per negare l’ipotesi di un futuro boicottaggio di questo Slam ove non venissero distribuiti più soldi ai tennisti, ma insomma i tennisti che sono gli attori del grande spettacolo sono stufi di raccogliere solo briciole. Perché un montepremi di 55 milioni di dollari australiani sono pochi, se un torneo “muove” almeno 10 volte tanto. Federer ha detto quel che, meno diplomaticamente aveva detto Nadal già anni fa quando uscì irritato dal board del Pro Council in rappresentanza dei giocatori: “I giocatori dovrebbero avere più potere. Che invece lo hanno altri e quasi sempre nelle stesse mani. Non si tratta – ha detto – di creare un nuovo sindacato (come invece è stato ventilato da chi ritiene che l’ATP abbia le mani legate in troppe situazioni di compromesso e si preoccupi molto più di garantire il meglio ai big che muovono il business piuttosto che favorire un allargamento dei compensi ai “piccoli pesci”) – ma è effettivamente positivo che almeno una volta all’anno ci si riunisca solo noi giocatori (cioè senza dirigenti di federazioni, organizzatori, agenti) per parlare dei nostri problemi. Il fatto è – ha detto Roger – che i giovani sono impegnati soltanto a emergere e a farsi spazio, e per loro parlano gli agenti. I vecchi ormai pensano che qualsiasi problemi non li riguardi più. I top-players, infine, devono preoccuparsi soprattutto di restare tali, di vincere. E al di là dei vari organismi un minimo di ricambio sarebbe necessario”.

In effetti ad avere il pallino in mano sono sempre le stesse persone o quasi, stessi board e chairmen da anni e anni per ATP, ITF, WTA salvo minime eccezioni. Insomma che ci sia gran fermento è confermato. Che “la battaglia del grano” covi sotto la cenere, checché cerchi adesso di minimizzare Djokovic per ovvi motivi – è il primo rappresentante dei giocatori in seno all’ATP, non potrà certo dichiarare guerra alla stessa ATP e suggerire un divorzio e la creazione di un nuovo sindacato… motivo per cui ufficialmente in conferenza stampa ha fatto un po’ lo gnorri – è lampante. Anche Federer, stando molto attento a misurare le parola, però ha fatto capire che è il momento di cambiare qualcosa, sia pure senza profferire minacce, scioperi, boicottaggi, azioni legali. La situazione sta esattamente come Ubitennis ha scritto ieri con l’articolo del ben informato Velickovic. Lasciando parte le questioni cosiddette politiche, torniamo al tennis giocato.

Roger Federer era il grande favorito di tutti i bookmaker per tante ragioni. Non solo perché aveva vinto l’anno scorso. E non solo perché era apparso di buon umore e in buona forma all’Hopman Cup, quindi per meriti di luce propria. C’era anche una parte di… presunti demeriti degli altri. Vale a dire la grossa incognita sulle condizioni di tre abituali rivali, Nadal, Djokovic e Wawrinka. Il responso di queste prime due giornate dell’Australian Open dice che Federer, dominatore di Bedene, resta il grande favorito, ma che almeno Nadal corre senza problemi al ginocchio, che Djokovic non ha così male al braccio, che Wawrinka non è certo in condizioni ottimali, però ha dimostrato di aver voglia di lottare –non ce l’ha sempre… – e lo ha fatto per tre orette vincendo in quattro set con Berankis. Insomma Nadal, favorito anche da un avversario modesto e poco convinto, ha concesso solo tre games a Estrella Burgos,  Djokovic ha vinto tre set a zero e per i primi due set ha “scherzato” Young, Wawrinka… è quello che ha convinto di meno, ma quante volte giocatori di questa fatta sono capaci di crescere esponenzialmente durante un torneo di due settimane? C’è poi del Potro che ha vinto anche lui in tre set ed è gasato dal ritorno fra i top ten, dopo una lunga Odissea.

Rispetto alla prima giornata, quando avevano perso 10 teste di serie, cinque uomini e cinque donne, la seconda è filata via più tranquilla. Le sconfitte del canadese di vetro, o Swarovski, Raonic – dolorante al polso per diversi mesi, poi al ginocchio, e oggi pare al polpaccio – non sorprendono più. Ha perso dallo slovacco Lacko che quando ha visto il sorteggio ha quasi esultato. Non perché sapesse di dover giocare contro un rivale azzoppato, ma perché da sempre si era imbattuto al primo turno soltanto in top ten: due volte Nadal, una Federer, una Djokovic, una Tipsarevic quando il serbo con sul braccio sinistro il tatuaggio di un detto di Fedor Dostoevskji tratto da l’Idiota -“La bellezza salverà il mondo”- era n.9 del mondo. Incontrare Raonic, n.22 ATP e per di più mezzo rotto… una vera pacchia! La fragilità di Raonic mi ha fatto tornare in mente quella di un altro gigante d’argilla, l’olandese Richard Krajicek, campione a Wimbledon 1996 – e Raonic è stato finalista nel 2016 quando batté Roger in semifinale – che era sempre mezzo rotto. Senza peli sulla lingua di lui Andre Agassi disse una volta ”Gli basta pensare al tennis per sentirsi male da qualche parte”. Chissà se aveva qualcosa a che vedere con i suoi 196 cm di altezza. Raonic è 2 cm in più, ma ha un problema di postura per avere una gamba di un centimetro più lunga dell’altro. È quella la prima causa di tutti i suoi guai.

È quasi sempre una pacchia anche incontrare un giocatore che ha vinto la settimana prima un torneo. Auckland sembra a un tiro di schioppo ma sono sempre quasi tre ore di aereo da Melbourne e così Bautista Agut che lì in finale aveva battuto del Potro, un bello scalpo, è arrivato qui scarico ed è finito k.o. con  Verdasco, vecchietto spagnolo che qui a Melbourne viene ancora oggi ricordato per l’incredibile maratona di oltre 5 ore contro Nadal nel 2009 quando Rafa poi risorse a nuova vita per battere a sorpresa il favorito Federer. Ma Verdasco con Nadal sia sarebbe anche preso una bella rivincita. Tipo da prendere con le molle ancora oggi, il bell’hidalgo madrileno. Dispiace un po’ che Petra Kvitova, a dispetto del pronostico di Martina Navratilova che la vedeva già in grado di vincere questo torneo quando invece lei non si è mai del tutto ripresa dalla rapina subita nella sua casa ceca, abbia buttato una partita nella quale ha servito per il match sull’8-7 al terzo: ma la Petkovic ha personalità, quando azzecca la giornata giusta, per non perdere certe occasioni.

Infine parliamo di italiani. Alla fine del primo turno 4 ce l’hanno fatta ad approdare al secondo, Seppi lunedì, Fognini, Sonego e Camila Giorgi, unica superstite delle due donne azzurre all’avvio (con la Schiavone) questo martedì. Fognini ha confermato il pronostico, Camila anche. Chi l’ha sconfitto è stato invece Lorenzo Sonego, nel modo più… stressante. Vincere non è mai facile, vincere tre volte la stessa partita, dopo essersi maledettamente complicati la vita è… quel che è successo al nostro eroe di giornata, Lorenzo Sonego, piemontese di Rivoli (Torino) e n.219 che ha tenuto in apprensione una quarantina di amici e soci del Green Club in piena notte perché, come avrete letto dalle cronache, poteva chiudere il match con l’olandese Haase, n.43 – 176 posti più su – in tre set e invece sul 6-1 nel tiebreak e cinque matchpoint non ne ha trasformato mezzo. Si è ritrovato con pessimi auspici al quarto. Ha reagito incredibilmente bene, avanti 3-1, ma quando sul 5-3 40-15  ha fallito altri due match point non avremmo scommesso un soldo bucato sul 5-5… se non che il match lo conduceva sempre lui. E infatti all’ottavo matchpoint sul 6-5… Deo Gratias!

La sua intervista in audio merita l’ascolto. Ne emerge un personaggio genuino, simpatico, intelligente… che appena 4 anni fa era ancora classificato 2,3! Quando ancora il suo tennis era “remare” da fondocampo e lo avevano soprannominato “il Polipo” perché con le sue lunghe leve recuperava tutto e rilanciava. Ora ha cambiato totalmente tennis, di dritto spinge come un matto, e 80 vincenti dicono molte cose. Al prossimo turno contro Gasquet sarà più dura, anche perché dovrà ricordarsi di spingere nell’angolo meno prediletto, quello del dritto. Il rovescio di Gasquet è meglio lasciarlo riposare. Intanto “il Polipo” ha agganciato 60.000 euro, e quasi raddoppiato i premi di una carriera. Istintivo sul campo, oculato fuori, Lorenzo ha detto: “Faranno comodo per rafforzare il team che mi seguirà. Fisioterapista, coach…”. Insomma, andare avanti investendo nel proprio tennis. Per ripetersi progredendo.

Fognini troverà Donskoy che è diventato famoso lo scorso anno per essere stato uno dei pochi, cinque, a battere Federer nel 2017. Roger ebbe matchpoint… E Camila Giorgi invece estremamente convincente sul campo quanto incredibilmente migliorata nella comunicazione post partita – ascoltate l’audio e non vi sembrerà più lei – troverà la Barty da cui perse a Birmingham e Strasburgo se non ricordo male. Non si poteva chiedere a Berrettini di battere il più esperto Mannarino che, intervistato dal sottoscritto in esclusiva mi ha detto: “È giovane, gioca bene, ma è ancora poco attento tatticamente… crescerà sicuro. Mi chiedi se diventerà n.1 d’Italia e…ma Fognini è già così vecchio?”. Nessuno gli aveva detto che era un sorpasso imminente.

Chiudo questa ennesima notturna per dire di aver chiesto a  Maria Sharapova – tornata sul luogo del delitto perché è a causa del controllo effettuato all’Australian Open 2016 che fu trovata positiva al Meldonium-  se anche lei come Francesca Schiavone che non ha manifestato alcuna intenzione di mollare la presa sulla racchetta a quasi 38 anni, si sentisse di andare avanti altrettanto a lungo. E lei: “Anni fa non avrei pensato che sarei stata ancora tennista dopo i 30 anni, ed eccomi qua”. Ma un pochino il Meldonium la perseguita. Al prossimo turno ha la Sevastova, che la sconfisse agli ultimi US Open.. Eppure Maria “Unstoppable” come il suo libro almeno per un’altra Maria, ma di cognome come la tedesca, ha voluto sottolineare la fedeltà del suo team: “Sono i soli che hanno mostrato di credere sempre in me”.

Confesso che mi ha fatto sorpreso ancora una volta, dopo lo scambio di battute all’ultimo torneo di Roma (quando mi chiese se ero “single” solo perché le avevo suggerito di andarsi a fare una bella girata a Roma con qualcuno che l’accompagnasse), quando scendendo dal palco della conferenza stampa mi si è avvicinata per darmi un bacetto sulla guancia. Sono certo di essere arrossito. Ma le ho subito anche detto: “A Roma l’anno prossimo ti faccio fare un giro”. E lei: “Sulla tua vespa?”. “Sì, come Gregory Peck e Audrey Hepburn”. “Oh I love that movie!”. Dopo uno scambio di battute come questo, vi pare possibile che io possa concludere questo articolo riferendovi quel che mi ha detto il giapponesino Taro Daniel prossimo avversario degli azzurri di Davis? No davvero, ve lo dirò un’altra volta. Lasciatemi assaporare il bacio di Maria. Dulcis in fundo. (Tanto mia moglie non mi legge mai!).

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