L'allenamento visivo nel tennis: a scuola dai professionisti

Rubriche

L’allenamento visivo nel tennis: a scuola dai professionisti

Nuovo appuntamento con la rubrica ISMCA sulla preparazione mentale. Il mental trainer Federico di Carlo ci parla del ruolo dell’allenamento visivo all’interno del piano di allenamento di un tennista

Pubblicato

il

 

Il primo articolo: Alessandra Parroni spiega il metodo SFERA

Il secondo articolo della rubrica ISMCA sul mental training è di Federico Di Carlo, mental trainer molto conosciuto in ambito sportivo e soprattutto tennistico. Già tennis head coach della squadra universitaria di Birmingham, in Inghilterra, e vice head coach della squadra universitaria di Sydney, in Australia, Di Carlo ha collaborato in Italia con diverse accademie di tennis. Segue diversi giocatori con classifica ATP e WTA, oltre a collaborare con molti atleti junior. Autore del libro sull’allenamento mentale nel tennis “Il Cervello Tennistico”, che a suo tempo lo fece conoscere ai lettori di Ubitennis e che lo scorso anno è stato pubblicato in inglese con il titolo “The Tennis Brain”, ha anche scritto numerosi articoli inerenti l’aspetto mentale nel tennis, pubblicati sulla rivista dell’ITF e sullo statunitense “Journal of Sports Science”.

INTRODUZIONE
La nostra cultura diventa sempre più visiva. La globale diffusione di strumenti di comunicazione che funziona attraverso icone, la possibilità di gestire immagini e filmati su apparecchiature dotate di camera, rendono la nostra società sempre più disponibile ad accettare stimoli ed informazioni provenienti dal canale visivo.
La più recente frontiera nel campo dell’allenamento sportivo è la proposizione dell’elemento visivo all’interno dell’allenamento mentale. Diverse federazioni si stanno muovendo in tal senso. Rimane però il fatto che molte metodologie e sistemi di allenamento vengono spesso proposti, promossi ed accettati come approcci risolutori senza essere corroborati e supportati da evidenza scientifica, e che questi sistemi non entrino a far parte e non siano inclusi in un metodo ed in un percorso di allenamento generale.

I PRESUPPOSTI DELL’ALLENAMENTO VISIVO
Chiunque sia coinvolto nel tennis capisce, anche a livello intuitivo, che il senso della vista gioca un ruolo estremamente importante nel nostro sport. Nonostante il nostro sistema nervoso abbia la possibilità di ricevere stimoli da recettori posti su tutta la superficie del corpo e nonostante gli stimoli possano essere di carattere uditivo e cinestesico, la vista è il senso che acquisisce circa il 70% di ciò che percepiamo. Il senso della vista è fondamentale per gli aspetti cognitivi umani; i processi combinati di vista e visione coinvolgono almeno il 60% delle risorse cognitive. Si considera che circa il 65% della popolazione mondiale abbia nel canale visivo quello preferenziale.
La distanza da riga a riga di fondo campo sono un po’ più di 23 metri e la pallina varia nello spazio per altezza, profondità, angolazione e rotazione. Soprattutto nel tennis professionistico la pallina viaggia a velocità considerevoli (anche se va ricordato che la velocità del colpo viene calcolata nel primo metro della sua traiettoria e quando arriva sulla racchetta dell’avversario ha più che dimezzato la velocità iniziale). È pertanto pertinente pensare che un/una tennista abbia un sistema visivo adattato alle richieste del proprio sport.

L’ALLENAMENTO VISIVO
L’allenamento della vista è la pratica strutturata all’acquisizione degli stimoli visivi attraverso l’apparato oculare. L’allenamento della vista propriamente detto dovrebbe occuparsi di migliorare l’acuità visiva da fermo, l’acuità visiva in movimento, la profondità di percezione, la vergenza, la visione periferica, la coordinazione occhio mano ecc. Questo tipo di allenamento viene spesso eseguito dagli optometristi usando degli esercizi di movimento oculare che tra le altre cose possono essere trovati su molti siti in rete.

DISTINZIONE TRA VISTA E VISIONE
Cio che noi vediamo non è ciò che gli occhi percepiscono. Alla nostra consapevolezza visiva concorrono due elementi: il primo è la rilevazione fisica dello stimolo visivo (vista); il secondo è l’elaborazione cognitiva della rilevazione fisica (visione). Nel primo caso siamo nel settore e nella pertinenza dell’optometria, nel secondo caso della percezione cognitiva e pertanto in ambito mentale. Purtroppo è un campo ancora molto nuovo in cui gli approcci sono molto spuri e spesso si assiste ad una invasione di campo da parte degli uni e degli altri in settori che esulano dalle proprie competenze. È ciò che avviene quando un esperto di hardware cerca di risolvere problemi inerenti al software e viceversa.

A CHE PUNTO È LA RICERCA
L’essere umano ha evoluto il suo apparato visivo non per seguire oggetti velocissimi. Il cacciatore primitivo aveva a che fare con animali la cui velocità massima non superava i 70 km/h. Gli occhi non riescono a vedere nitidamente un oggetto che superi i 26 km/h ma lo percepiscono come un alone. Poiché nel tennis di alto livello le velocità superano abbondantemente quella soglia, rimangono molti dubbi sul fatto che l’allenamento degli occhi –  l’allenamento dell’hardware –  possa in qualche modo migliorare la percezione visiva della palla. C’è inoltre da rilevare che il nostro sistema hardware ha molti bug. Per esempio, nel rilevare immagini in movimento è necessario che ci sia il software cognitivo a stabilizzarle attraverso delle copie preesistenti in memoria. Alcuni studi di ricerca compiuti in Australia e Canada eseguiti su tennisti riportano che le loro abilità di acuità visiva erano abbondantemente nella norma ma che al contrario avevano doti non comuni di percezione visiva e di anticipazione. Ciò sembra indicare che l’allenamento visivo è più una questione di software che di hardware.
Alcuni studi effettuati con la risonanza magnetica funzionale sulla gestione di stimoli visivi, hanno indotto alcuni optometristi ad ipotizzare che la ricezione dello stimolo meccanico abbia un correlazione molto stretta con la  neuro attivazione della corteccia visiva. In verità, al momento della ricezione di uno stimolo visivo, i dati che afferiscono dalla cortecce superiori alla corteccia visiva eccedono di gran lunga quelli che dagli occhi arrivano alla corteccia visiva. Il discorso è dunque molto più complesso di quello che alcuni ricercatori vorrebbero fare intendere e riguarda le caratteristiche generali di interpretazione degli stimoli da parte del cervello che nessuna ricerca è al momento in grado di prevedere o desumere. Una scoperta del genere sarebbe certamente meritoria del premio Nobel!

ALCUNE IMPLICAZIONI PRATICHE
Ci sono alcune ricerche che enfatizzano l’allenamento visivo nel miglioramento della prestazione, ma sfortunatamente queste ricerche prendono in considerazione i miglioramenti solo in ambito di allenamento e sono ricerche ove non viene separato l’aspetto meccanico da quello cognitivo. Molta enfasi viene data ai risultati di atleti che hanno provato alcune forme di allenamento visivo ma si tratta di autovalutazioni soggettive ed empiriche che non hanno alcun fondamento scientifico. In verità, sarebbe assai interessante verificare queste ricerche in ambito agonistico. Sfortunatamente ciò non è ancora possibile perché i macchinari di scanning cerebrale sono ancora largamente inaffidabili con i soggetti in movimento e comunque non sono ammessi in torneo.
Una qualsiasi ricerca sulla pratica di allenamento dovrebbe tenere in gran conto almeno i principi generali dell’allenamento. Molte ricerche enfatizzano gli aspetti generativi dell’allenamento visivo ma nessuna prende in considerazione la reversibilità. Se la progressione nell’allenamento migliora le abilità, se l’allenamento viene interrotto le abilità regrediscono? Che io sappia, non esiste alcuno studio che affronti l’argomento.
L’allenamento di un tennista prevede multidisciplinarità. Le ricerche sull’allenamento non tengono conto del regime, del metodo, del programma, della calendarizzazione di allenamento di un tennista.

CONCLUSIONI
Uno dei principi generali dell’insegnamento vuole che più gli stimoli sono vari e più facilitativo diviene l’apprendimento. Pertanto anche gli stimoli visivi devono essere debitamente considerati all’interno di un piano di allenamento. Le proposte di insegnamento dovrebbero inoltre essere presentate secondo modalità ed in un ambiente il più vicino possibile alla pratica sportiva. Pertanto anche l’allenamento visivo dovrebbe avvenire in campo e simulare quanto più strettamente situazioni di gioco tennistiche reali.
Puntualizzato ciò, preme rimarcare che l’allenamento di un tennista va considerato a 360 gradi e nessuna forma di allenamento può essere considerata prioritaria o una panacea per le prestazioni. È inoltre profonda convinzione di chi scrive che i tennisti/e debbano essere seguiti mentalmente e considerati/e soprattutto come persone piuttosto che come macchine cognitive.


Per approfondimenti sul tema del visual training nel tennis, dello stesso autore:

– “Does Visual Training Provide Competitive Advantage in the Perceived Stressful Situations of a Tennis Match?” (2016). Journal of Sports Science 4 (2016) 325-331 doi: 10.17265/2332-7839/2016.05.010.
– The Tennis Brain. A Neuroscientific Perspective on How the Mind Influences Performance. (2017). Authorhouse, Bloomington, US., “Visive Perception in Tennis”, Chapter 3, pp59-81.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement