Khachanov e Tiafoe, prove tra i grandi. Svitolina c'è sempre

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Khachanov e Tiafoe, prove tra i grandi. Svitolina c’è sempre

I numeri della settimana. I giovani iniziano a scaldare i motori, nel femminile si vede anche Van Uytvanck. Fognini ottimo, peccato per il calo di energie

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0 – le vittorie fuori dalla terra battuta ottenute in carriera da Karen Khachanov contro top 20. Questo il record, sino alla scorsa settimana, del giovane russo, se si esclude il ritiro ad inizio match di Nishikori sull’erba di Halle nel 2017. Khachanov, prima di Marsiglia, aveva infatti ottenuto vittorie prestigiose solo sul rosso (nel 2016 contro Bautista Agut; l’anno successivo, su Goffin; al Roland Garros 2017 contro Berdych). Le grandi potenzialità di Karen, già affacciatosi nella top 30 lo scorso agosto, erano ben note al grande pubblico, così come la sua mancanza di continuità di rendimento, persino nello stesso torneo, problema che gli aveva consentito di vincere un solo torneo – l’ATP 250 di Chengdu- e arrivare a una sola sola semifinale nel circuito, ad Halle lo scorso anno. Nel sud della Francia, il russo ha giocato quello che sinora è il suo miglior tennis, arrivando in finale senza perdere nemmeno un set: ha sconfitto di seguito Bemelmans, 113 ATP; Mischa Zverez, 53 ATP, Benneteau, 56 ATP e Berdych, 17. In finale, contro Lucas Pouille, 16 ATP, ha dovuto impiegare quasi due ore e combattere lungo il corso di tre set tirati per sconfiggerlo e portare a casa il secondo titolo in carriera, il primo in condizioni indoor e il più importante sin qui tecnicamente, per il valore dei tennisti sconfitti. A Dubai è atteso alla prova del nove.

1 i quarti raggiunti in un evento del circuito maggiore da Frances Tiafoe: questo il bilancio con il quale il 20enne del Maryland si è presentato in Florida per l’ATP 250 di Delray Beach. Tra i migliori otto di un torneo era arrivato per la prima volta la settimana precedente, nel neonato ATP 250 di New York, a riprova di come l’evoluzione tennistica del giovane statunitense avesse già dato i primi evidenti segnali. E dire che, sino a 10 giorni fa, Tiafoe aveva fatto vedere le cose migliori solo nei Challenger, vincendone quattro in carriera, di cui due l’anno scorso: successi che gli avevano permesso di raggiungere quello che sinora era il suo best career ranking, 60 ATP. Nel circuito maggiore, l’unica vittoria di rilievo era arrivata a Cincinnati, contro il coetaneo Sasha Zverev, forse distratto e stanco dal successo ottenuto due giorni prima al Canadian Open. Questa settimana, Frances è riuscito a fornire quella che sinora è la sua migliore versione, vincendo le prime tre partite del torneo con carattere e qualità, al termine di partite lunghe e dispendiose, tutte finite al terzo. Infatti, al primo turno ha sconfitto (6-2 2-6 6-2) Ebden, 88 ATP; negli ottavi ha ottenuto un prestigioso successo su Del Potro (7-6(6) 4-6 7-5)10 ATP, e nei quarti ha ottenuto una importante prova del nove eliminando (5-7 6-4 6-4) il coetaneo Chung, 30 ATP. In semifinale, contro Shapovalov, 46 ATP, ha centrato la seconda vittoria della settimana contro un coetaneo più quotato e sinora vincente, sconfiggendolo col punteggio di 7-5 6-4. Nella finale contro il 28enne tedesco Gojowczyk,64 ATP, è arrivata la consacrazione definitiva nel circuito ATP: il primo titolo della sua giovanissima carriera è stato archiviato con un successo netto, 6-1 6-4. Con questa ulteriore faccia nuova, il ricambio generazionale si fa sempre più consistente: promette di mostrarsi a breve nei tornei che contano, non appena le “Divinità” si saranno stancate di manifestarsi.

2 – i tornei vinti nel 2018 da Elina Svitolina, entrambi appartenenti alla categoria Premier. La 23enne ucraina, dopo aver vinto a inizio gennaio a Brisbane il primo trofeo stagionale, superando in finale Sasnovich, a Dubai ha confermato il titolo di campionessa conquistato lo scorso anno in finale con Wozniacki, sconfiggendo, nella sfida per il titolo, Kasatkina. Solo una straordinaria Petra Kvitova ha fatto quest’anno quantitativamente bene come lei, vincendo a sua volta due Premier (San Pietroburgo e Doha): una riprova della costanza ad alti livelli di Elina, già fatta vedere nel 2017, stagione nella quale si è issata al terzo posto del ranking, lottando anche per il primato in classifica, grazie ai titoli conquistati negli International di Taipei e Istanbul, ma, soprattutto, alle vittorie di Premier come Dubai, Roma e Toronto. A testimoniare l’avvenuta maturazione e la solidità mentale raggiunta, si può senz’altro definire ragguardevole anche il bilancio nelle finali di Elina, che nel circuito maggiore ne ha persa una sola (a New Haven 2016 contro la Radwanska) delle dodici giocate sin qui in carriera. Soprattutto, impressiona come a partire dal 2017 sia cambiato in positivo il suo bilancio nei confronti diretti contro le top 10, sconfitte in tredici delle diciotto occasioni (in precedenza il bilancio era 8-23) nelle quali le ha affrontate. Elina ha perso da Halep, Muguruza, Wozniacki e Pliskova: tutte tenniste sulle quali nello stesso lasso temporale si è però presa una sonante rivincita, sconfiggendole due volte. L’unica eccezione in tal senso è costituita da Garcia, che a fine anno scorso l’ha sconfitta due volte (Pechino e Singapore).

3 – le sconfitte al primo turno rimediate da Daria Kasatkina in questo 2018, partito per lei molto male nella trasferta australiana (eliminata all’esordio contro Kanepi a Brisbane, Strycova a Sydney e Linette al secondo turno di Melbourne). Gli alti e bassi propri della sua giovane età (compie 21 anni a maggio) le avevano comunque permesso di issarsi nel Premier casalingo di San Pietroburgo sino alla semifinale, dove è stata sconfitta in 3 set da Mladenovic, non prima però di aver sbattuto fuori la neo numero 1 al mondo Wozniacki. A Doha, una nuova eliminazione al primo turno (sebbene a seguito di un ritiro, a partita quasi compromessa, contro Bellis) sembrava non promettere nulla di buono nemmeno per Daria, ormai entrata nella top 100 già da fine 2015, quando, partendo dalle quali, arrivò sino al terzo turno agli US Open e alle semifinali a Mosca. L’anno scorso il processo di maturazione era continuato con il primo titolo della carriera, ottenuto nel prestigioso torneo di Charleston e con la finale di Mosca, ma mai Daria nello stesso torneo era riuscita a domare quattro tenniste posizionate all’incirca tra le prime 30 del ranking, annullando, a riprova del carattere che la contraddistingue, in due partite dei match point per superare il turno. Nei sedicesimi, la russa ha infatti avuto la meglio in due set (7-5 6-4 il punteggio), ma già negli ottavi ha dovuto tirare fuori le unghie per eliminare Johanna Konta, 12 WTA: la russa ha fronteggiato con successo due palle match nel tie-break del secondo, per guadagnare l’accesso ai quarti con il punteggio di 4-6 7-6(6) 6-2. In semifinale, sono stati invece tre le palle match da annullare, nel gioco decisivo del secondo set, per sconfiggere la numero 3 del mondo Garbine Muguruza, 3 WTA, col punteggio di 3-6 7-6(1) 6-1. In finale Daria ha fatto partita pari solo nella parte iniziale del primo set, prima di crollare psico-fisicamente davanti a Svitolina, vincitrice con lo score di 6-4 6-0. Una nuova Zarina è all’orizzonte.

5 – i quarti raggiunti in carriera da Marin Cilic nei tornei di categoria più alta – Roland Garros e Masters 1000 – sulla terra battuta. Non certo per infierire, aggiungiamo che ha perso sempre in tali circostanze (Montecarlo 2015 e 2017, Roma 2011 e 2017, Roland Garros 2017). Come si vede dal precedente elenco, l’anno scorso sono stati compiuti miglioramenti sul rosso, da parte del 29enne – compie 30 anni a settembre – croato, capace di arrivare tra i migliori otto in tre grandi eventi su quattro (a Madrid perse al secondo turno da Sasha Zverev). Tuttavia, ancora molta strada deve percorrere il numero 3 del mondo per avere un rendimento sul mattone tritato proporzionale alla sua attuale classifica. Lo si è visto anche a Rio, dove ha giocato per la prima volta l’ATP 500 carioca: dopo aver vinto facilmente (6-3 6-2) contro il qualificato argentino Carlos Berlocq, 139 ATP, appena ha trovato uno specialista di ottimo livello come Gael Monfils (una finale a Monte Carlo 2016, tre semi prestigiose tra Roland Garros 2008 , Roma 2006 e ancora principato monegasco nel 2015) ha capitolato, con l’ex numero 6 del mondo vincitore 6-3 7-6 (8). Marin è nuovamente rimandato sul rosso.

6 – (appena) le semifinali raggiunte in carriera da Diego Schwartzman, quando la scorsa settimana è arrivato a Rio col suo best career ranking di ventitreesimo giocatore al mondo. Un tennista nettamente in ascesa, capace l’anno scorso, una volta compiuti i 25 anni, per la prima volta di battere un top ten (vi è riuscito per la precisione due volte, entrambe sul cemento all’aperto e durante l’estate americana, quando ha eliminato prima Thiem a Cincinnati e poi Cilic a New York). Il piccolo Diego – solo di statura, non certo per intelligenza tattica e abnegazione, qualità in cui a suo onore va detto che eccelle – già vincitore di un solo torneo (ATP 250 di Istanbul, nel 2016) e finalista in altre due circostanze (ad Anversa nel 2016 e nel 2017), era sin qui mancato nei tornei più importanti. Nemmeno una finale negli ATP 500 e stop ai quarti in tre sole circostanze nei tornei che decidono le carriere dei tennisti, Majors e Masters 1000 (sempre nel 2017, a Monte Carlo, Montreal e New York). Nell’ATP 500 di Rio, è riuscito a vivere quella che sin qui è stata la settimana più importante della sua carriera, non perdendo nemmeno un set per conquistare un titolo che lo proietta nei primi 20 giocatori al mondo. L’allievo dell’ex pro argentino Juan Ignacio Chela ha dominato il torneo brasiliano, non concedendo più di sette game ai malcapitati tennisti che lo hanno affrontato – Ruud 120 ATP (ritiratosi a inizio match); Del Bonis, 63 ATP; Monfils, 39 ATP; Jarry, 94 ATP; Verdasco, 40 ATP – fornendo una prova di forza che lo pone di diritto tra gli outsider dei prossimi tornei europei sulla terra battuta. Attenti al Diego argentino.

8 – delle 10 vittorie stagionali di Fabio Fognini, sono arrivate perdendo il primo parziale. Per carità, l’importante è vincere le partite e il tipo di punteggio con il quale le si ottiene è sempre decisamente secondario, tanto più se ricordiamo che il ligure ha avuto un ottimo inizio di 2018, in particolare per lui, abituato a raggiungere la migliore forma durante il corso della stagione. Infatti, Fabio ha già conquistato le semifinali a Sydney e a Rio, gli ottavi agli Australian Open e vinto le tre partite di Coppa Davis contro il Giappone. Tuttavia, a 30 anni compiuti e con la grande esperienza nel circuito acquisita, con una classifica che si fa sempre migliore e più vicina alla migliore mai raggiunta – 13 ATP, nel marzo di 4 anni fa- con Franco Davin e il suo staff occorrerà lavorare su un più corretto approccio alle gare, per evitare di dissipare inutili energie, preziose quando l’asticella del livello tecnico dell’avversario si alza, come accaduto questa settimana a Rio. Nel torneo dove Fabio aveva già raggiunto una finale nel 2015 (persa con Ferrer, dopo aver battuto Nadal in semi) si è forse sprecata una grande occasione per rinsaldare una classifica che tra un mese vede scadere la pesantissima cambiale dei 360 punti della semi di Miami raggiunta lo scorso anno. In Brasile, Fabio in semifinale ha incontrato Verdasco, 40 ATP, contro il quale aveva vinto due degli ultimi tre precedenti, ma vi è arrivato stanchissimo, a causa delle tre vittorie in rimonta nei turni precedenti. Le partite contro Bellucci (6-7(5) 7-5 6-2), 123 ATP; Sandgren (4-6 6-4 7-6(6)), 60 ATP, e Bedene (6-7(3) 6-3 6-1), 43 ATP, hanno inevitabilmente condizionato il rendimento del ligure in semifinale contro l’ex top ten spagnolo. Non si tratta di essere incontentabili, nè di chiedere troppo a un tennista che sta mostrando in ogni caso di essere un lottatore, oltre che dotato di indubbio talento. Basta partenze diesel, Fabio!

10 – le eliminazioni al primo turno, negli ultimi dodici tabelloni del circuito maggiore ai quali aveva partecipato, rimediate da Thomas Fabbiano. Una serie molto negativa iniziata con la sconfitta all’esordio a Wimbledon, dopo aver bene impressionato a Eastbourne, dove Thomas perse di misura al secondo turno contro un ottimo specialista come Johnson. Per fortuna, ci sono stati il secondo turno di San Pietroburgo (con la bella vittoria su Medvedev) e, soprattutto, il terzo di New York a salvare la classifica di quello che attualmente è il terzo miglior tennista italiano. All’ATP 250 di Marsiglia Thomas è riuscito a ottenere il primo successo del 2018 a livello di circuito maggiore, sconfiggendo (6-3 6-4) uno dei più giovani e promettenti prospetti che stanno affacciandosi nel circuito, Felix Auger-Aliassime, classe 2000 e 167 ATP. Contro Dzhumhur, 29 ATP, è mancato solo un pizzico di fortuna e di esperienza a Fabbiano per ottenere una prestigiosa vittoria: dopo tre ore di grande equilibrio, il bosniaco ha avuto la meglio col punteggio di 6-7(5) 7-6(7) 7-6(5) e rimandato il secondo approdo ai quarti in un torneo ATP di Thomas, dopo Chennai 2016. La tenacia e la passione del nostro giocatore meritano migliori risultati.

80 – la posizione nel ranking WTA, con la quale Alison Van Uytvanck, 24 enne belga si è presentata all’International di Budapest. Una classifica piuttosto modesta, basata soprattutto sulla vittoria dell’International di Quebec City – primo titolo in carriera- lo scorso settembre, quando in finale la belga sconfisse Timea Babos, e a due finali negli ITF da 100.000 dollari. Molto probabilmente ce la troveremo di fronte a Genova il prossimo fine aprile nello spareggio per accedere al World Group della Fed cup: sinora era la numero 3 della sua rappresentativa, dietro Mertens e Flipkens, ma aveva già preso parte a diciassette incontri con la sua nazionale, vincendo undici dei sedici singolari giocati. Nel circuito maggiore, può vantare una sola vittoria contro una top 20, nel torneo di Lussemburgo, quando sconfisse Ana Ivanovic nel 2015, e due scalpi comunque prestigiosi come quelli di una Mertens già in crescita (nelle quali di Miami 2017) e di una Mladenovic ancora acerba (al Roland Garros 2015). A Budapest ha raggiunto senza patemi la finale, non cedendo nemmeno un set: ha superato facilmente (6-3 6-2) prima Dodin, 95 WTA, poi Buzarnescu, 39 WTA, liquidata con un nettissimo 6-1 6-0. Nei quarti è stata Zhang, 34 WTA, a essere superata con il punteggio di 6-2 6-4, mentre in semifinale è stata la volta della Kuzmova, 124 WTA, mandata a casa con un analogo 6-4 6-2. In finale, contro Cibulkova, una tennista recentemente top ten e già alla sua diciannovesima finale, Alison ha ceduto il primo set del suo torneo, ma è stata più brava nella volata finale, imponendosi con il punteggio di 6-3 3-6 7-5. Una cosa è certa: Garbin e le sue giocatrici tra due mesi avranno una inattesa gatta da pelare in più.

193 – la posizione nel ranking ATP di Ilya Ivashka, con la quale si è presentato dieci giorni fa a Marsiglia per giocare le quali dell’ATP 250. Nel circuito maggiore era ancora una sola -a Pune a inizio anno, contro il qualificato indiano Nagal, allora 241 ATP – la vittoria nel circuito maggiore da parte di questo tennista sconosciuto al grande pubblico. L’Open 13 Provence sarà un torneo che probabilmente cambierà la carriera e che certamente non verrà mai dimenticato da parte del 24enne bielorusso, che sinora non aveva mai sconfitto un top 100, non vantava che un titolo (nel 2017) e una finale a livello Challenger, e dotato di un best career ranking (159 ATP) modesto da poter esibire. A Marsiglia ha fatto molto bene, pur dovendo partire dalle quali, dove ha sconfitto prima Oscar Otte, 138 ATP, col punteggio di 4-6 6-1 7-6(3), poi Kenny de Schepper, eliminato con lo score di 6-3 6-4. Nel main draw dello storico torneo (si disputa dal 1993) marsigliese, nei sedicesimi ha sconfitto il primo top 100 della carriera, avendo la meglio in scioltezza (6-3 6-1) sul 22enne serbo Djere, per poi approfittare del ritiro (si era sul 6-4 1-1 per il bielorusso) di Stan Wawrinka. Nei quarti Ivashka ha guadagnato la semifinale sconfiggendo con il punteggio di 6-4 4-6 7-5 , al termine di una battaglia di due ore e tre set, il veterano transalpino Nicolas Mahut, 100 ATP. Ilya in semifinale, contro Lucas Pouille, 16 ATP, ha lottato alla pari solo nel secondo set, dove ha avuto un set point, prima di soccombere con lo score di 6-3 7-6(6). Un colpo di fortuna (vedasi ritiro di Wawrinka) che può essere il trampolino di lancio per una nuova carriera, non deve diventare un ingenuo appagamento per le prime belle vittorie contro top 100 e i primi veri soldi guadagnati. Lo attendiamo al guado, sin da Dubai, dove ha usufruito di uno special extempt.

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