Federer, da qui all'eternità. "Il mio segreto? La rinuncia" (Calandri). Federer Il laureato. "Io, numero 1 grazie a Nadal" (Pasini). La nuova Davis divide il tennis. "Venduta l'anima" (Cocchi)

Rassegna stampa

Federer, da qui all’eternità. “Il mio segreto? La rinuncia” (Calandri). Federer Il laureato. “Io, numero 1 grazie a Nadal” (Pasini). La nuova Davis divide il tennis. “Venduta l’anima” (Cocchi)

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Federer, da qui all’eternità. “Il mio segreto? La rinuncia” (Massimo Calandri, Repubblica 28/02/2018)

Mirka, la moglie, è in camera che gli sistema lo smoking. Manca poco all’inizio della serata di gala dei Laureus Awards, lui si muove con calma. “Non c è fretta, mai. Parliamo”[SEGUE].

È questo il suo segreto?
L’eleganza? Non credo. Preferisco l’altro aggettivo: essenziale. Togliersi di dosso il superfluo non è facile, lo so: ma se vogliamo essere felici, bisogna provarci. Sempre. Capire quel che non serve e liberarsene, trovando il giusto equilibrio: nello sport, nella vita.

Sembra più facile a dirsi.
Saper aspettare. Scegliere. Con gli anni ho imparato che ci vuole pazienza, e che la pazienza porta serenità. Quando torni dopo un infortunio devi essere al 100%, non un briciolo di meno. Anche se tutti ti vorrebbero subito sul campo. Devi imparare a dire no: se non è il momento, non puoi rientrare. Neppure quando sei al 90%, non basta. Il nostro è uno sport che richiede un enorme impegno fisico e mentale. E allora bisogna stare bene. Però per farlo, bisogna togliere qualcosa: fare delle scelte.

Nel 2016 ha rinunciato alle Olimpiadi e a Wimbledon. Ma a Londra ha vinto la stagione seguente, per l’ottava volta. E pure gli Australian Open. A 36 anni.
Sono stato fuori 6 mesi, senza preoccuparmi se al mio ritorno sarei stato un altro giocatore o chissà quante posizioni avrei perduto nel ranking. C’è qualche problema? Gli sponsor si lamentano, addio ai premi? Non mi interessa il denaro, dopo 20 anni di carriera. Voglio giocare per divertirmi, per divertire. E continuerò a farlo fino a quando mia moglie, i miei bambini, saranno d’accordo. Perché la cosa più importante è la loro – la nostra – felicità.

Due coppie di gemellini: Myla e Charlene, le sorelline di 8 anni; Leo e Lenny, che tra poco ne compiranno 4. La seguono spesso durante i tornei.
Senza di loro non sarei il campione di oggi. Gli ultimi 10 anni della mia vita mi hanno profondamente cambiato: il matrimonio, i gemelli. La mia famiglia. Voglio che siano il più possibile accanto a me, ed è bellissimo avere qui a Montecarlo anche i nonni. Non sono perfetto. Quando sei padre, lo capisci di più. Essere circondato da loro, dai miei allenatori e dal resto della mia squadra, mi dà una serenità straordinaria. Tutto quello che desidero.

Insieme a qualche altro Slam, magari.
Ne ho vinti 20, ma non so cosa accadrà domani. Non voglio più fare piani. Un tempo giocavo tutti i tornei a disposizione, ora è diverso: non ho idea se quest’anno avrò una programmazione più o meno intensa. Dipenderà dall’equilibrio che riuscirò a trovare tra gli allenamenti, le partite, il tempo libero, la famiglia, i media, gli sponsor. Un po’ di tutto, ma nelle giuste proporzioni. Senza fretta, con le giuste pause.

Allora c’è anche lei per le prossime Olimpiadi, in Giappone? Nel 2020 avrà 39 anni.
Sarà bellissimo, se per quell’epoca starò ancora giocando. Ma non posso dire: è il mio ultimo obiettivo, prima del ritiro. Non ha senso parlarne oggi, è tutto così lontano ed incerto.

Il giorno che Federer smette, che tennis sarà?
Sono sicuro che a suo tempo hanno chiesto la stessa cosa a Laver o McEnroe. Il tennis continuerà a produrre campioni, niente paura. Ci sono tanti giovani talenti: Dimitrov e Thiem, ad esempio. Io e gli “altri” (Djokovic, Nadal) cercheremo di rendere loro la vita dura, ma chi può dire quanti Slam vinceranno? Nessuno. Ci sono troppe variabili, gli ingredienti giusti arrivano quando meno te lo aspetti. Se mi guardo indietro, penso che difficilmente da giovane avrei immaginato di prendermi tutti questi tornei. Credo che per Novak sia lo stesso. Forse solo di Rafa, da ragazzo, si poteva scommettere che avrebbe vinto parecchi Slam.

Nadal, a proposito: lo spagnolo dice che se potesse, le ruberebbe il servizio.
Io gli ruberei tante altre cose: l’abilità di muoversi sulla terra battuta, la potenza, la voglia di combattere e di resistere agli infortuni, una incredibile forza mentale che gli permette di esaltare tutte le sue qualità e rimediare ai pochissimi punti deboli. Ecco perché è uno dei più grandi di sempre: sono contento di averlo come avversario.

Rafa vorrebbe pure la sua eleganza.
Quella che voi chiamate eleganza, per me è naturalezza. Provo a spiegarmi: ho sempre cercato di muovermi sul campo nel modo migliore, istintivo, senza copiare nessun giocatore in particolare. Possibilmente rallentando, diminuendo gli sforzi. Ho un tennis tutto mio: diverso da quello attuale, così aggressivo e veloce. Non voglio lo scontro, l’impatto. La brutalità nel tennis non mi appartiene, non mi è mai piaciuta. Uso lo slice, cerco un gioco più lento. Morbido. E attacco per primo, perché così posso decidere io dove andrà la palla. Però succede naturalmente. Elegante, dite? Forse perché assomiglia un po’ alla vecchia maniera di interpretare e giocare il tennis.

Nessuno sportivo è amato nel mondo come Roger Federer. In campo e fuori. Qual è il segreto?
Anche a me piacerebbe saperlo (ride). Forse perché gioco da così tanto tempo che gli altri tennisti hanno imparato a conoscermi bene: mi piace parlare con tutti, soprattutto i più giovani, se mi fanno una domanda detesto rispondere solo con un sì/no. Fuori dal campo, credo che la gente riconosca la mia onestà. Le vittorie contribuiscono, naturalmente: ma il fatto di aver lottato tanto ed essere passato attraverso momenti molto difficili, penso mi renda in un certo senso più “umano”. Sono un uomo di famiglia, vorrei trasmettere i giusti valori, amo mia moglie e i miei bambini, ho delle origini semplici. La gente capisce che per me la vita non è solo il tennis. Attenzione: io non voglio piacere a tutti, c’è chi preferisce Novak o Rafa ed è giusto così. Ma sono orgoglioso di essere un idolo per molti bambini, e mi fa stare bene quando i loro genitori mi indicano come un esempio.

Si sente un uomo felice o – per dirla con le sue parole – equilibrato?
Questo è un momento molto interessante della mia vita. Sono motivato, affamato. Di vivere, di giocare. Sto bene con la mia grande famiglia e le piccole cose. Mi eccita l’idea di essere di nuovo il numero uno, di poter vincere altri Slam. So che devo fare attenzione agli infortuni, ma non sono preoccupato: non ho paura, perché altrimenti sarebbe come chiudersi in una gabbia e invece io voglio sentirmi libero. Non ho bisogno di allenarmi duramente, magari giusto qualche esercizio in più per via dell’età. Non mi interessa giocare più tennis: mi interessa un tennis di qualità. Togliere quel che non serve, tenere l’essenziale. Come nella vita.


Federer Il laureato. “Io, numero 1 grazie a Nadal” (Gian Luca Pasini, Gazzetta dello Sport 28/02/2018)

Per eleggere un re, un Principe e una Principessa sono il meglio. Così è Alberto di Monaco con la moglie Charlène a salire sul palco della Sala delle Stelle. Alberto lancia il filmato che presenta i vari candidati, prima di lasciare l’annuncio a Martina Navratilova, indimenticabile campionessa, che con la solita schiettezza chiama il nome che tutti aspettano, il campione dei campioni del 2017, per i Laureus Awards, gli Oscar dello Sport. “Roger Federer”, ma subito lo ferma. “Prima che tu salga ho due parole da dire — aggiunge —. Non è solo una questione di vittorie, quelle che hai ottenuto nel 2017. È come hai vinto. Lo spirito che hai messo in ogni palla che hai colpito. Il tuo modo di essere. Sei stato di ispirazione per me, ma anche per milioni di altre persone…”. Applauso dirompente mentre le immagini raccontano le sue vittorie del 2017, ma anche una storia che continua, con il torneo di Rotterdam, dove a 36 anni suonati è diventato di nuovo il numero 1 del tennis mondiale. E lui sale emozionato come un ragazzino al primo torneo. Ha gli occhi lucidi. Ma ricaccia indietro l’emozione una volta, due. Fa ampi respiri. “Devo dire grazie tante volte — mentre bacia il trofeo che lo consacra uomo dell’anno per la quinta volta —. Prima devo dire qualcosa su Rafa Nadal (anche lui nelle nomination, ndr). Non sarei il giocatore che sono se non ci fosse stato lui: un grande atleta, un grande amico e un grande avversario”. E più tardi, sul maiorchino, dirà: “Siamo rivali, ma siamo anche tanto altro. Ogni partita che giochiamo l’uno contro l’altro è qualcosa che ci resta dentro. Quando vinci al quinto set o quando perdi. Poi ci sono i rapporti personali: lui che viene a salutare la mia famiglia, io la sua. Chiaro che rimane la rivalità sul campo, quella che piace ai tifosi”. E prima aveva detto: “Voglio parlarvi anche del grande privilegio che ho avuto a fare la carriera che ho fatto. Ma anche di quello che ho avuto dalla vita, i miei 4 figli, mia moglie, i miei meravigliosi genitori. E poi grazie alla Laureus e a tutti i grandi campioni dell’Academy che mi hanno premiato”. Era quella la seconda volta che Federer saliva sul palco. Una prima volta lo aveva fatto a inizio serata. Boris Becker dà un’idea della grandezza di Federer e di una carriera che si avvicina ai 100 tornei conquistati (97): “Quando 12 anni fa ti premiai per la prima volta, non avrei mai immaginato di farlo nuovamente a distanza di tanto tempo. Complimenti, questo è il riconoscimento per il Comeback del 2017…” (sesto Laureus complessivo, ndr). E lui: “Devo essere sincero, non avrei mai immaginato di essere di nuovo su questo palco, ma ancora di più non avrei mai immaginato di tornare a così alto livello. E se sono riuscito a farlo devo dire grazie a tante persone. Ai dottori che mi hanno operato, al medico che mi ha seguito. Al fisio che mi ha aiutato nella riabilitazione, al mio preparatore che mi vedeva spostare sempre più lontano il rientro in campo. Un mese che diventavano due, poi tre. La prima volta che mi hanno detto che non avrei potuto giocare per mesi pensavo che stessero scherzando. Poi ho capito che sarebbe stata la verità. È stata dura”. Spiega meglio: “Penso di essere una persona positiva, di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma quando le settimane di assenza aumentano le cose diventano difficili. Devi cercare di rilassarti, avere una vita normale”. Qualcuno gli chiede del ritiro. “È dal 2009 che mi fate questa domanda. È solo una domanda, lo so, ma è come un martello che bussa alla tua porta e bussa tutte le volte che qualcosa non va. Quando vinci la domanda evapora, vola via, ma quando perdi, torna costante. Allora devi fare muro per non farti condizionare dalle negatività. Devi tornare a fare quadrato con la famiglia, con i tuoi allenatori. Tenere le negatività fuori dalla porta. Poi un giorno, quando sarà il momento, anche questo accadrà”[SEGUE].


La nuova Davis divide il tennis. “Venduta l’anima” (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport 28/02/2018)

Il giorno dopo la notizia i pareri sono contrastanti… [SEGUE]. La prima a osteggiare il cambiamento è la federtennis belga che, attraverso il presidente Stein ha dichiarato: “Siamo totalmente contrari e voteremo contro questa proposta. Questa formula è esattamente quello che noi non vogliamo perché il Belgio non avrebbe mai i mezzi per organizzare un evento di tali proporzioni”. Contrario anche Lucas Pouille, vincitore della Coppa con la Francia lo scorso anno e in campo dal 6 all’8 aprile nei quarti contro l’Italia a Genova: “Credo che sia una condanna a morte per questa competizione, se una squadra non gioca a casa propria o a casa dell’avversario allora si perde completamente lo spirito e l’atmosfera della Davis” ha commentato da Dubai. Il capitano francese e a sua volta vincitore dell’Insalatiera Yannick Noah è stato ancora più duro su Twitter: “È la fine della Coppa Davis. Che tristezza. Hanno venduto l’anima di una storica competizione, ci perdoni signor Davis”. Più morbido Leon Smith, capitano britannico: “Cerco di essere di ampie vedute, bisogna fare qualcosa per rinfrescare la competizione —ha spiegato ma non sono sicuro che questo sia il modo migliore perché si perde l’atmosfera del tifo del pubblico di casa”. E mentre Nadal si dice abbastanza favorevole (“Potrebbe funzionare”), Boris Becker applaude l’iniziativa: “È la più antica e importante manifestazione a squadre della storia del tennis — commenta —, ma forse un po’ polverosa, è necessario fare qualche modifica per creare una formula più moderna”. Andy Roddick dagli Stati Uniti twitta entusiasta: “Il cambiamento è necessario e inevitabile per la sopravvivenza della Coppa Davis, per me la nuova formula è una buona notizia”.

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