Osaka e l'emozione di battere il proprio idolo: "Volevo che urlasse c'mon!"

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Osaka e l’emozione di battere il proprio idolo: “Volevo che urlasse c’mon!”

Era scesa in campo con l’obiettivo di “impressionarla e non prendere 6-0 6-0”. Naomi Osaka ha (stra)battuto Serena Williams e poi ha racchiuso tutto in un “Oh my god”

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Ero nervosa perché lei (Serena Williams, ndr) è la ragione principale per cui ho iniziato a giocare a tennis, l’ho vista in TV così tante volte e ho sempre tifato per lei; quindi per me affrontarla e allontanare l’idea che ci fosse proprio lei di fronte a me, provando a pensare che fosse una normale avversaria, è stato molto difficile“. È il concetto con cui Naomi Osaka apre la conferenza stampa successiva alla netta vittoria su Serena Williams, sebbene su Instagram la giapponese sia stata molto più sintetica e diretta: la foto della stretta di mano e un ‘Omg‘ a commento.

Un talento in ascesa che batte il proprio idolo di sempre lo avevamo già visto quando Sascha Zverev era stato in grado di fermare Roger Federer in semifinale ad Halle, nel 2016. Nulla di paragonabile alla genuinità di Naomi, fresca campionessa a Indian Wells che dopo aver lasciato solo cinque giochi a una Serena ancora lontana dalla miglior condizione ha abbozzato il solito inchino di fine incontro, incassato un ‘good job‘ della super campionessa – che ha inizio partita aveva tentato di intimidirla un po’ salutandola con sufficienza – e poi esternato tutta la sua emozione.

Quanto è durato il senso di soggezione? “Tre game, yeah” squittisce Naomi, che nonostante si sia trovata di fronte una versione molto rivedibile di Serena ha saggiato qualcuno dei colpi che l’hanno resa tanto ingiocabile per le sue colleghe: “Ha giocato comunque molti colpi che mi hanno… quasi fatto cadere, e io pensavo: ‘wow, questo è un Serena-shot'”. Il suo obiettivo di inizio partita era ‘impressionare Serena’, confida Naomi, e precisamente ‘lottare punto per punto e non perdere 6-0 6-0’; è eufemistico riscontrare come le cose siano andate diversamente per effetto del 6-3 6-2 finale in favore della giapponese. Che pure ha sperato fino alla fine di sentire Serena urlare uno dei suoi caratteristici ‘come on‘, e qui racconta perché: “A volte gioca partite in cui non urla mai ‘come on’, ed è un po’ triste perché ti viene da pensare che… non ci stia provando. Quindi sì, volevo sentire un suo ‘come on’ almeno una volta per essere sicura che ci stesse provando fino in fondo. Così quando ho sentito il primo ‘come on’ ero tipo, yeah!“. Dichiarazione che al contempo dimostra deferenza e voglia di sapersi competitiva contro la più grande di tutte.

A.S.

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