La storia di Danielle Collins piace a tutti. Tranne che a Venus

Interviste

La storia di Danielle Collins piace a tutti. Tranne che a Venus

La conferenza di Venus Williams tradisce una sana ‘rosicata’ dopo la sconfitta con Danielle Collins. Che pure era quasi scoppiata in lacrime dopo aver visto il suo idolo negli spogliatoi

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Danielle Collins l’ha fatto ancora. Non è stata sufficiente la presenza ingombrante di una pluri-campionessa Slam come Venus Williams, né il prestigio del centrale di Crandon Park che un po’ malinconicamente sta ospitando gli ultimi incontri prima del trasloco del torneo. La 24enne nata a St. Petersburg, sulla sponda opposta della Florida rispetto a Miami, ha imposto la sua legge alla più esperta avversaria: 6-2 6-3, ottava vittoria nel circuito maggiore – tutte ottenute tra Indian Wells e Miami – e prima semifinale in carriera. Una storia particolare la sua, che qui ha abbiamo raccontato per esteso. “Ovviamente ho un rispetto enorme per Venus, ma devi dimenticare chi hai di fronte e concentrarti solo sul tennis, giocare punto dopo punto la tattica che hai messo a punto con lo staff. È esattamente quello che ho fatto“. Di quale tattica si tratta, le chiedono in conferenza stampa, ma Danielle preferisce mantenere il riserbo: “Preferiamo tenere queste cose tra di noi. Ma sapevo quale fosse il suo punto debole e volevo esporlo il più possibile. So che aveva avuto un paio di incontri dispendiosi qui, e il dinamismo invece è uno dei miei punti di forza. Mi trovo a mio agio in una situazione in cui devo correre molto, e so che posso venire fuori anche da punti molto lunghi. Insomma, volevo farla correre”. 

Danielle Collins – Miami 2018 (foto via Twitter, @MiamiOpen)

La qualità più evidente di Danielle è proprio la lucidità sul campo da gioco, una caratteristica che stride non poco con il suo curriculum decisamente scarno a livello professionistico: prima del 2018 aveva disputato appena 14 incontri nel circuito maggiore, qualificazioni comprese, con sole 2 vittorie. Quest’anno ha ricominciato con le qualificazioni dell’Australian Open – sconfitta al terzo turno – prima del punto di svolta di Newport Beach, torneo di categoria 125K la cui vittoria le ha fruttato una wild card per Indian Wells. Dove è cominciato tutto. “Ho lavorato duro in tutta la mia vita, così da poter dire a fine giornata che ho fatto letteralmente il possibile per ottenere il meglio da me stessa. Se vinco è fantastico, se perdo so di aver fatto tutto quanto è in mio potere. Prima del match con Venus io e il mio staff eravamo molto rilassati, sono uscita con i miei allenatori, abbiamo parlato del mio cane e guardato dei video divertenti. Ovviamente non stavo nella pelle all’idea di giocare e sentivo la tensione, ma appena sono scesa in campo ho visto il pubblico, in uno stadio così grande, e credo che questo mi abbia dato una bella spinta“.

Del suo passato si è detto. La laurea in comunicazione, tanto voluta da rinviare il salto tra i professionisti che pure le sue qualità le avrebbero permesso ben prima, e il doppio titolo NCAA. Scelte che non rimpiange in alcun modo. “Mai avuti ripensamenti. Studiare lontano da casa costa più di 50000 dollari all’anno, ero felicissima di essere al college, di far parte di un gruppo e volevo laurearmi a tutti i costi”. Una determinazione che sembra chiara già dai racconti della sua adolescenza, passata a rincorrere il sogno del tennis professionistico senza le risorse economiche. “Quando ero piccola non giocavo in alcuna accademia. Ho iniziato alla IMG attorno ai 15 anni, Nick Bollettieri mi ha preso sotto la sua ala protettiva e ha creduto in me, nel fatto che avessi molto talento, e mi ha permesso di andare lì ad allenarmi: è stata un’opportunità speciale. Penso però che giocare nei campetti pubblici – è così che Danielle è cresciuta tennisticamente – mi abbia fornito una prospettiva differente. Ora sono grata ogni volta che gioco un match perché so che le cose possono andare molto diversamente. Quando sei piccola e sei costretta a rivolgerti alle persone dicendo ‘Hey, vuoi tirare qualche palla con me?’ oppure ‘Vuoi giocare una partita di allenamento con me?’ in qualche modo questo ti fa crescere. Penso che anche da piccola fossi molto matura”.

UNA VENUS (FIN TROPPO) ‘GLACIALE’

Sembra però che Venus Williams non abbia reagito con troppa eleganza alla sconfitta, né sia particolarmente sensibile alla storia indubbiamente singolare di Danielle. Forse semplicemente correre di qui e di là per vincere appena cinque game non le è andato troppo a genio. La sua conferenza stampa è estremamente stringata, appena sei domande, e la sua avversaria – che a caldo ha ammesso di essersi quasi messa a piangere dopo aver visto Venus negli spogliatoi – non viene mai apertamente nominata. “Sono stata sfortunata. Non penso sia stata la mia partita migliore, ma non c’era un colpo che non le riuscisse. Ha giocato alla grande e in modo molto aggressivo, ogni colpo che ha provato è andato a buon fine. Ci saranno dei giorni in cui le cose vanno diversamente, ma oggi non è successo“. La sensazione che Venus stia un po’ rosicando, per dirla in prosa, si amplifica quando le domande vertono direttamente sulla storia tennistica di Danielle.

La colpisce il fatto che la sua avversaria sia arrivata a questo livello nonostante un’adolescenza passata nei campetti pubblici, lontana dalla ‘cultura tennistica’ tradizionale? “Beh, credo che la maggior parte dei tennisti siano cresciuti su campi pubblici…” è la risposta di Venus, condita di un sorriso da collocare tra l’amaro e il sarcastico. E il fatto che ci sia arrivata in tarda età, solo dopo aver frequentato il college? “Non lo so, credo esistano diversi modi di fare una cosa (letteralmente ‘there’s more than one way to skin a cat’, un modo di dire anglofono). Non devi per forza scegliere la via tradizionale“. Sarà che le favole sportive, come il lessico di genere suggerisce (sob!) che si chiamino queste storie, piacciono a tutti… tranne che agli sconfitti.

E ADESSO OSTAPENKO

Il sogno di Danielle, adesso, si chiama finale. A sfidarla in semi ci sarà Jelena Ostapenko, già incrociata nel 2011 in un incontro del torneo junior ‘Eddie Herr’, sulla terra di Bradenton. Sorridendo Danielle confessa di ricordare soltanto che ha vinto, ma non in quanti set e quanta strada abbia poi fatto nel torneo. Gli almanacchi dicono che si trattava di un primo turno, che Collins vinse con il punteggio di 3-6 6-4 6-4 e si fermò due turni più tardi, agli ottavi, contro Anett Kontaveit. “Abbiamo giocato scambi molto lunghi e ho vinto io, è l’unica cosa che ricordo“. In questi sette anni la palla di Ostapenko si è appesantita parecchio e imbrigliarla in una ragnatela di scambi sarà oggi molto più complesso. Anche perché Jelena, nel frattempo, ha cambiato marcia rispetto a Indian Wells; la vittoria in due tie-break contro Elina Svitolina ne è la prova lampante. “Sapevo che avrei dovuto essere molto aggressiva, ovviamente ho sbagliato qualcosa perché ho attaccato per tutta la partita ma credo di aver fatto più vincenti rispetto agli errori gratuiti (è in effetti così, bilancio 44-42, ndr). Appuntamento a stanotte, non prima delle 3. Per tutti tranne che per Venus, s’intende.


Per i più curiosi: approfondimento (del 2014) sul rapporto tra college e tennis negli USA

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