Venus: ascesa, declino e rinascita di una campionessa

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Venus: ascesa, declino e rinascita di una campionessa

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TENNIS WTA – Ripercorriamo la carriera di Venus Williams, grande campionessa che ha rivoluzionato il tennis moderno insieme alla sorella Serena. Dai primi successi ai mesi bui dopo la diagnosi della sindrome di Sjogren, fino alla recente rinascita. Sara Niccolini

Che Venus Williams oggi occupi il trentunesimo posto del ranking WTA poco importa a chi l’ha vista conquistare 45 titoli in singolare, 21 in doppio, 7 titoli dello Slam e 4 medaglie olimpiche. Il suo esordio risale al lontano 1994 ad Oakland, quando, a soli 14 anni, resta incapace davanti al poderoso rovescio e al fisico instancabile di Arantxa Sanchez, allora al secondo posto di una classifica mondiale orfana di Monica Seles. In quella occasione Venus riesce a sorprendere la spagnola conquistando il primo set, ma poi è subito travolta nei due set successivi da un netto 6-3 6-0.
Difficilmente qualcuno si ricorderà il primo match del circuito WTA, ma tutti hanno impresso nella memoria l’immagine di Venus agli Us Open del 1997, con le sue treccine circondate da perline bianche, che spesso i raccattapalle erano costretti a rincorrere in giro per il campo tra un punto e l’altro. Una trasgressione che nessuna ragazza si era mai permessa di portare sul circuito. Quella è stata la prima partecipazione ad un torneo del Gran Slam per la più grande delle Williams, conclusasi addirittura con la finale da disputare contro Martina Hingis, le cui geometrie in campo a quell’epoca avevano ancora successo contro la potenza dei colpi dell’americana, ancora un poco acerba.

Insieme alla sorella minore Serena rivoluziona definitivamente il gioco all’interno del circuito femminile. Già Lindsay Davenport, Mary Pierce e Jennifer Capriati hanno portato sul campo doti fisiche ed atletiche superiori alle colleghe, caratteristiche che hanno contribuito certamente a portarle in cima alla classifica, ma le sorelle Williams hanno alzato ulteriormente l’asticella. La tattica, la geometria del gioco, la sensibilità della mano e del polso non sono più determinanti se dall’altra parte della rete c’è una giocatrice che sfonda il tetto dei 200 chilometri orari in battuta, atletica a tal punto da restare sempre con i piedi saldi sulla linea di fondo, pronta a percuotere qualsiasi palla che avesse avuto l’ardire di passare la rete di metà campo.

Il 2011 è stato l’anno più duro, sia per la sua carriera, che per la vita personale poiché, dopo solo alcuni mesi dal ricovero in ospedale per embolia polmonare di Serena, è stata diagnosticata a Venus la sindrome di Sjogren. Si tratta di una malattia autoimmune abbastanza rara e frequentemente non diagnosticata che debilita l’organismo. Venus ha dovuto imparare a coesistere con tale patologia perché non è curabile, ad un certo punto della vita del soggetto si può presentare e l’unico modo che si ha di combatterla è accettarla. In una anno, da top five è scesa oltre le 100 posizioni del ranking.

“ E’ difficile essere motivati quando si sta male e così ho trasformato la situazione in una sfida. Nella mia vita non sono mai stata sconfitta da nulla: ho perso, ho imparato ma non ho mai abbassato la testa. Difficilmente stavo a letto perché la cosa mi rendeva ansiosa, ma ad un certo punto ho realizzato che dovevo mettermi a lavoro e quando risaliti capisci profondamente che non ha più niente da perdere”.

Ovviamente l’adattamento ad una realtà prima sconosciuta richiede tempo e una conoscenza di se stessi che prima non si credeva possibile. Un processo faticoso ma imprescindibile per un atleta dato che l’elemento che è stato intaccato è proprio il fisico. “Adesso evito tutti gli zuccheri, ho adottato i principi della cucina vegana anche se in qualche momento trasgredisco. Ma per lo più mangio verdure, ingerisco molti liquidi e molte bevande proteiche”

Probabilmente gli alti e bassi saranno ancora molti, basti pensare che Venus ha iniziato l’anno uscendo al primo turno degli Australian Open, per poi vincere a Dubai un mese dopo, ma ad un certo punto della sua carriera l’obiettivo non è stato tanto vincere un torneo, ma dimostrare a se stessa di poter uscire da ogni situazione, acquisendo una consapevolezza di se stessa che prima non immaginava.
“Vorrei essere ricordata per aver contribuito alla crescita del mio sport. Sono onorata di aver avuto l’occasione di aver cambiato il gioco, è qualcosa che non ho mai neppure sognato di poter fare quando ero giovane e dovevo crescere nel mio gioco, ma spero sia questo il mio lascito al mondo del tennis”.

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