23/05/2013 11:44 CEST - APPROFONDIMENTI

Il tennis e la mononucleosi: un subdolo incrocio

TENNIS - Da Ancic a Federer, da Soderling a Christina McHale, la malattia del bacio fa spesso capolino nel mondo dello sport provocando immane stanchezza e lunghi stop. Esaminiamone le caratteristiche, provando a capire perchè i tennisti sono considerati soggetti ad alto rischio. Danilo Princiotto

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Roger Federer
Roger Federer

Partiamo da un'altolocata e scientifica definizione suggeritaci dal web: la mononucleosi è una malattia infettiva e contagiosa, caratterizzata da un'elevata percentuale di globuli bianchi di grandi dimensioni nel sangue. Il responsabile della mononucleosi è il virus di Epstein-Barr, la cui presenza nell'organismo determina un'attivazione di tutto il sistema immunitario.

La mononucleosi, dai più definita la malattia del bacio, presenta caratteristiche ben precise, come mal di gola, febbre, ingrossamento dei linfociti di collo e nuca ma, in particolar modo, stanchezza estrema, destinata a durare diversi mesi o, nei casi peggiori, anni. E' esattamente quest'ultimo l'aspetto più edificante per l'analisi di questa malattia nel mondo del tennis; difatto sono diverse le star della racchetta che hanno dovuto coniugare la loro frenetica vita con un disastro sportivo come può essere la mononucleosi.

Primo della lista è lo svizzero Roger Federer che, come molti di voi ricorderanno, al terzo round degli AO 2008 lotto sul campo per 5 set e 4 ore e mezza, prima di chiudere 10-8 al quinto contro Tipsarevic e prima di essere estromesso in maniera netta da Djokovic in semi, con evidenti problemi di movimento e difficoltà nel recupero. I medici parlarono di intossicazione alimentare ma solo dopo successive ricadute si scoprì la vera causa: se i medici l'avessero saputo prima, mi avrebbero di certo proibito di giocare” ha ammesso poi Federer.

Lo svizzero, come ci dimostra la storia, ha poi recuperato in breve tempo il massimo della forma ma altri non hanno avuto la stessa fortuna: emblematico è il caso di Mario Ancic, gigante di Spalato e giovane di belle speranze che dopo aver raggiunto le semifinali a Wimbledon 2004, sembrava poter avvicinarsi ad un livello di maturità tale da potergli permettere un ulteriore salto di qualità. I primi veri sintomi della mononucleosi arrivarono nel 2007 durante la sfida di Davis Cup contro la Germania; durante l'anno il croato dichiarò: “E' stato Dio a salvarmi” riferendosi ad un'agoniata ma mai completa guarigione raggiunta. Infatti il resto della carriera di Mario ebbe più ombre che luci e lo stesso finì per ritirarsi a soli 26 anni, nel 2011. Per non parlare del desaparecido Soderling che, al di là delle confessioni, in pieno stile “pentito di mafia”, di Christophe Rochus, è stato azzannato come una preda in balia del suo predatore, dalla mononucleosi che da tempo non gli da tregua: Provo frustrazione e impotenza, è davvero fastidioso. Ho parlato con uno psicologo dello sport e ho imparato ad accettare questa situazione col passare del tempo, nonostante sia stata dura" ha commentato Robin alla fine della passata stagione.

Molti atleti dopo aver contratto la mono si rivolgono a psicologi e neurologi, tra cui l'inglese Leslie Findley, il quale, in passato, si è occupato di maratoneti, calciatori e tennisti in preda al panico per una malattia che provoca mille incertezze e la paura non poter più tornare al top. Secondo lo stesso Findley, i tennisti sarebbero maggiormente soggetti alla malattia del bacio a causa del continuo spossamento a cui sottopongono il loro corpo, tra frequenti match e viaggi in ogni angolo del mondo: “Se si prende in considerazione un soggetto con sindrome da fatica cronica, e lo si fa viaggiare su un aereo in partenza da Londra e diretto in America, quel viaggio avrà conseguenze devastanti per giorni sulla sua persona” ha affermato il medico inglese.

Il caso forse più recente di mononucleosi è quello che ha colpito l'americana Christina McHale (che recentemente è uscita sconfitta dopo 3 ore di battaglia con Sara Errani a Roma ndr) la quale, durante lo scorso Roland Garros, ha iniziato a percepire una non comune stanchezza durante allenamenti e match: “Ho passato il primo turno vincendo 6-4 al terzo (contro l'olandese Bertens ndr.) ma mi sentivo come se un bus mi avesse investito, ero esausta. All'inizio pensavo fosse un po' di sinusite ma durante i giochi olimpici a Londra ho iniziato ad approfondire la vicenda e ho capito di cosa si trattava. Non sono stata però subito in grado di fermarmi, perdendo infatti molti match al primo turno” La Mchale è precipitata al numero 55 del ranking Wta avendo poi saltato tutta la stagione europea indoor, ma oggi l'americana si dimostra carica e ottimista “Penso di aver oltrepassato il peggio. Non sento più gli effetti di ciò che ho avuto e sono al massimo delle mie forze. Sono abbastanza fortunata , il mio caso non è stato estremamente negativo come quello di altri”.

D'altro canto non è per nulla facile affrontare una situazione del genere, a causa delle problematiche che la malattia crea, connesse alla difficoltà a diagnosticarla, come afferma Findley “Possono essere fatti diversi esami che alla lunga potrebbero rivelarsi inutili; c'è bisogno di spendere almeno un paio d'ore di visita prima di poter effettuare una prima diagnosi, senza considerare i successivi esami del sangue che poi andranno certamente effettuati”

Inoltre come afferma il vicepresidente senior di sport, scienza, medicina & transizione della Wta, Kathleen Stroia, la mononucleosi colpisce maggiormente i ragazzi in giovane età e nel pieno delle loro forze: “comunemente è una malattia che accorre tra i 15 e i 24 anni, arco di tempo che racchiude la maggior fetta di atlete presenti”.

Per quanto riguarda l'Atp, la situazione non è ovviamente molto diversa con il consulente medico Gary Windler che ci illustra la situazione: “Gli atleti professionisti non sono immuni dalle comuni malattie che affligono tutti noi” afferma il medico dell'Atp “ma noi curiamo e ci occupiamo di ogni particolare, dall'infortunio serio fino ad un problema ghiandolare, per cui l'incidenza di questa malattia sui nostri giocatori non è stata eccessivamente alta".

Si pensa naturalmente a possibili precauzioni da prendere e un consiglio quasi banale ma spesso sottovalutato ce lo da proprio l'americana McHale: “Credo che noi tennisti abbiamo più possibilità di altri di contrarre questa malattia, ragion per cui dovremmo prendere delle minime accortezze, a partire dalla nostra bottiglietta d'acqua da non confondere con quella di nessun altro poiché anche così si trasmette il virus”.

Un infortunio insomma, che da sempre è molto temuto non solo tra i tennisti ma tra tutti gli sportivi in generale, poiché elimina qualsiasi certezza e distrugge ogni tipo di programmazione su un possibile rientro. Un vero e proprio incubo che a volte ha portato gli atleti (vedi Soderling) a rivolgersi a psicologi e specialisti ma che con le giuste cure (tra cui assoluto riposo) e la giusta dose di pazienza e buona volontà, può certamente essere debellato.

Danilo Princiotto

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