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23/10/2010 14:20 CEST - IL LIBRO DI AGASSI

Un'opera imperdibile

TENNIS - Riprendiamo a seguire più da vicino la biografia di Andre Agassi che ha fatto tanto scalpore ed è considerato il libro dell'anno nel mondo del tennis perché, piacciano o meno le rivelazioni di Agassi, non è la solita biografia che non dice niente. Forse questa, anzi, dice addirittura troppo. Per questo Ubitennis la vuole far conoscere meglio ai suoi lettori. Saranno 13 puntate da noi recensite Prima traduzione a cura di Alessandro Mastroluca

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J.R. Moehringer non è un giornalista qualunque. E' uno che ha vinto il Premio Pulitzer, il sogno più grande per chiunque scrive di professione. Vincere il Pulitzer è come trionfare in una prova del Grande Slam: ci vogliono doti fuori dal comune. Dall'incrocio tra le doti narrative di Moehringer e la storia di Andre Agassi non poteva che nascere qualcosa di esplosivo. Normale che "Open: an autobiography", il libro che racconta la vita del Kid di Las Vegas, sia diventato un bestseller su scala internazionale. E' un piccolo-grande capolavoro. Uscito 12 mesi fa, è ancora oggetto di discussione. Qualche astuto uomo di marketing lo aveva promosso mettendo in circolazione la storia della positività all'antidoping e la complicità dell'amico "Slim", ma questa è solo una parte infinitesimale di un libro che dice tutto, ma proprio tutto, su uno degli sportivi più importanti degli ultimi 30 anni. Per questo, dopo aver già pubblicato il prologo, abbiamo deciso di riproporvelo, a puntate, con l'integrazione di alcune nostre considerazioni. Perchè la storia di Andre Kirk Agassi merita di essere raccontata da cima a fondo. Buona lettura. (Ri. Bi.)

1977 - CAPITANO BRUTTE COSE QUANDO MIO PADRE E' TURBATO

Ho sette anni, sto parlando a me stesso perché ho paura e nessuno mi ascolta, a parte me. Tra un respiro e l'altro sussurro: smettila Andre, basta. Getta a terra la racchetta ed esci da questo campo, adesso. Non ti sentiresti come in Paradiso, Andre? Solo fermarsi e non giocare mai a tennis?
Ma non posso. Non solo mio padre mi inseguirebbe per tutta casa con la mia racchetta, ma qualcosa nel mio stomaco, qualche profondo e sconosciuto muscolo me lo impedirà.
Io odio il tennis, lo odio con tutto il mio cuore, e lo continuo a giocare, continuo a colpire ogni mattina e ogni pomeriggio perché non ho scelta. Non importa quanto internamente io voglia smettere, non mi fermo. Mi continuo a dire che devo finirla, eppure continuo a giocare e questa frattura, questa contraddizione tra quello che faccio e quello che vorrei fare è diventata il nocciolo della mia esistenza.
Al momento il mio odio per il tennis è focalizzato sul dragone, una macchina sparapalle modificata dal mio vulcanico padre e piazzata sul campo che aveva costruito nella nostra tenuta a Las Vegas. Nera come la notte, montate su enormi ruote, il dragone è una creatura che vive e respira, che sembra uscita direttamente dai miei fumetti. Ha un cervello, una volontà, un cuore oscuro e una voce terrificante. Succhiando un'altra palla in pancia, il dragone emette una serie di suoni disgustosi. Geme quando la pressione le cresce in gola. Strilla quando la palla sale lentamente nella sua bocca. E quando rivolge il suo mortale scopo verso di me e spara una palla a 220 chilometri all'ora il suono che ne esce è un ruggito assetato di sangue. Io sussulto ogni volta.
Mio padre ha deliberatamente costruito il dragone in modo che faccia paura. [...]

Mettiamoci nei panni di un bambino di sette anni costretto a tirare migliaia di palline al giorno. Come non condividere i pensieri del piccolo Agassi? I metodi di papà Mike sono da telefono azzurro, forse peggio. Ma cosa aspettarsi da uno che aveva iniziato a tormentare i riflessi (anzi, la coordinazione occhio-mano) del figlio quando era ancora nella culla? Qui sorge spontanea la solita riflessione: per uno che ce l'ha fatta, quanti figli di genitori fanatici si sono persi tra sconfitte e drammi personali?

Mio padre vuole che il dragone torreggi sopra di me non solo per ordinarmi attenzione e rispetto. Vuole che le palle che escono dalla bocca del dragone atterrino ai miei piedi come se atterrasero da un aereo. La traiettoria rende praticamente impossibile rispondere in maniera convenzionale: ho bisogno di colpirle mentre stanno salendo oppure mi rimbalzano sulla testa. Ma per mio padre non basta ancora. Colpisci prima, mi grida. Colpisci prima.
Mio padre urla ogni cosa due volte, anche tre, ogni tanto perfino dieci. Tira più forte, dice, più forte. Ma a che serve? Non importa quanto io colpisca forte, o con quanto anticipo, un'altra palla mi tornerà addosso. Ogni palla che mando al di là della rete si unisce alle migliaia che già coprono il campo. Non centinaia. Migliaia. Rotolano verso di me come onde perenni. Non ho spazio per girarmi, per fare un passo, per fare perno. Non posso muovermi senza salire su una pallina, ma non posso salire sulle palline, mio padre non lo sopporta. Fallo e inizierà a ululare come se gli avessi calpestato gli occhi.
Ogni tre palle sparate dal dragone, l'ultima lanciata rimbalza su un'altra e genera una traiettoria pazza. Io prendo posizione all'ultimo, la punto in anticipo e la mando intelligentemente oltre la rete. So che non è un riflesso ordinario. So che ci sono pochi bambini che avrebbero potuto vedere quella palla, figurarsi poi colpirla. Ma non provo alcun orgoglio dai miei riflessi, non ricavo alcuna stima. Faccio semplicemente ciò che è previsto io faccia. Si attendano da me che io colpisca ogni palla, ogni mancanza è una crisi. Mio padre dice che se colpisco 2500 palle al giorno, ne avrò tirate 17.500 in una settimana, quasi un milione in un anno. Crede nella matematica. I numeri, dice, non mentono. Un bambino che tira un milione di palle all'anno è imbattibile.
Colpisci prima, grida mio padre. Dannazione, Andre, prima. Stai addosso alla palla, stai addosso alla palla. Ora è sopra di me, mi grida nell'orecchio. Non basta rimandare oltre la rete tutto quello che il dragone sputa verso di me, mio padre vuole che lo faccia più in fretta e più forte del dragone. Vuole che io sconfigga il dragone. Il solo pensiero mi manda nel panico. Come puoi battere qualcosa che non si ferma mai? Pensaci, il dragone somiglia molto a mio padre. [...]

Niente fa arrabbiare mio padre più di una palla spedita in rete. Mi ripete sempre, in continuazione: la rete è il tuo peggior nemico. Mio padre ha elevato il mio nemico un metro e ottanta oltre l'altezza regolamentare. Se posso superare la rete alta di mio padre, non avrò problemi un giorno a Wimbledon. Non gli interessa che io non voglio giocare a Wimbledon. Quello che voglio non conta.

Guiillermo Vilas e Bjorn Borg hanno portato il topspin nel tennis. Andre Agassi è stato l'antesignano dell'anticipo esaperato, il precursore di un termine oggi di uso comune: "timing". Agassi ha accorciato il campo da tennis, non a caso lo hanno soprannominato "Flipper". Mike Agassi sarà stato un negriero, ma la rivoluzione tecnica degli anni 80-90 è nata dal suo "Dragone".

PROLOGO (Traduzione di Veronica Villa)

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker