ATP FINALS

Nadal come
Wilander?

Tutti preoccupati per Rafa. Ha già dato il suo meglio? Appuntameto all'Australian Open per le prime risposte. Similitudini e differenze con la carriera di Wilander.  da Londra, Enzo Cherici.

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Siamo alla giornata conclusiva di questi gironi di qualificazione. Con Federer, Del Potro e Soderling già qualificati, l’ultimo posto disponibile per la semifinale se lo giocheranno a distanza Djokovic e Davydenko (con quest’ultimo favorito, dal momento che sarà padrone del proprio destino).
Manca all’appello Rafa Nadal. Due partite, due sconfitte. Quattro set disputati, quattro set persi. Un disastro. Il Masters di fine anno non è mai stato il suo torneo preferito. Lo aveva già giocato nel 2006 e 2007 con un bilancio di quattro vittorie e quattro sconfitte. Bilancio non eccezionale per uno come lui. Ma, si è sempre detto, il periodo dell’anno non lo agevola. Per il tipo di gioco che esprime, arrivare a fine novembre con la giusta riserva di energie diventa difficile per un giocatore come il maiorchino. Paradossalmente, l’infortunio patito quest’anno poteva almeno agevolarlo in questo senso.
Niente da fare. Il Rafa visto qui a Londra è ancora lontano parente di quello ammirato nel magico 2008 e fino a maggio 2009. Tanto che anche tra gli addetti ai lavori una certa domanda inizia ad essere ricorrente: rivedremo mai il vero Rafa? Esistono grossomodo due scuole di pensiero. La minoritaria: scordiamoci il Nadal 2008 e anche quello degli anni passati, Rafa ha già dato il meglio di sé. La maggioritaria: un giocatore non può essere dato per finito a 23 anni.
Dal momento che non ho mai amato le posizione terziste, mi schiero e dico la mia: sono per la seconda mozione. Non credo affatto che Rafa sia finito. Non dopo averlo visto comunque lottare e dare tutto nel secondo set contro Davydenko per cercare di riaddrizzare la partita. Non dopo averlo sentito in conferenza stampa, dispiaciuto, ma sereno. Conscio dei suoi attuali limiti, ma più che mai determinato nel cercare di ritrovare la strada momentaneament smarrita.
No, Rafa non è finito. Ma attenzione, l’età nel suo caso non c’entra. Un giocatore, soprattutto quando inizia a vincere molto presto, può perdere le motivazioni molto presto. Eccome. Vi ricordate di Wilander? Più giovane vincitore della storia al Roland Garros nel 1982 (record poi battuto da Chang nel 1989), vincitore di 7 titoli dello Slam e addirittura tre nel magico 1988, quando – dopo avere battuto in 5 set Ivan Lendl in una storica finale dello US Open – s’è anche issato per la prima volta al numero uno del ranking. Sembrava fosse un passaggio di consegne, l’inizio d’una nuova stagione tenistica. Era invece l’inizio della fine. Mats aveva allora 24 anni (uno soltanto più di Rafa). Ma non avrebbe più toccato quei livelli di gioco, né vinto più niente di importante.
Questo per ribadire ancora una volta che non ha molto senso, a mio avviso, affermare che “un giocatore non può essere dato per finito a 23 anni”. Dipende. Come abbiamo visto, occorre distinguere da caso a caso. Contano le motivazioni, non l’età. Wilander era appagato, non ne aveva più. Non sembra il caso di Nadal, che sembra possedere tutt’altra predisposizione rispetto allo svedese.
Ho paragonato Nadal con Wilander perché – fatte le necessarie differenze fra un regolarista degli anni ’80 ed uno del 2000 – i tipi di gioco dei due hanno diversi punti in comune. Entrambi straordinari atleti. Dotati d’uno spiccato senso tattico e di colpi difensivi che soltanto il miglior Borg poteva superare. È indubbio che il loro tennis richieda un dispendio psico-fisico notevole, assolutamente diverso ad esempio da quello di un McEnroe; altro fuoriclasse che ha vinto il suo ultimo Slam a 25 anni, ma che non può minimamente essere paragonato – per carattere e stile di gioco – ai primi due.
E allora, per tornare ai giorni nostri, devo dire che qui a Londra ho visto diversi Nadal. Quello sconfitto meno nettamente di quanto raccontato dal punteggio da Soderling (non dimentichiamoci che Rafa sarebbe potuto andare 5-5 nel primo set, non gli fosse stato chiamato out un ace sul quale lui, colpevolmente, non ha chiesto l’intervento di occhio di falco). Quello dominato per un set e mezzo da Davydenko (il Rafa nella sua versione più preoccupante). Ma anche quello che ha saputo reagire ad una situazione apparentemente irrimediabile contro lo stesso russo, trascinando con il cuore, e spingendo come ai bei tempi, il set al tie-break. Purtroppo per lui, attualmente gli manca convinzione e condizione. Ma l’Australia è vicina. Tra due mesi sapremo.
 

Enzo Cherici

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