PROFILI

Alicia Molik la Maga di Oz

Non solo Henin e Clijsters: a 28 anni anche l’ex top-10 australiana è tornata in pista, a partire dagli ITF “Down Under” dove ha fatto subito furore. Storia di una giocatrice talentuosa e sfortunata. Samuele Delpozzi

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A volte ritornano, e non solo dal Belgio. Proprio in concomitanza all’abbandono della maga Amelia, ormai decisa a smettere di ammaliare, un’altra fattucchiera si riaffaccia al tennis: trattasi di Alicia Molik, direttamente dalla terra di Oz, ritiratasi nell’estate 2008 dopo le Olimpiadi di Pechino causa infortuni a cascata.
Prodotto d’importazione, come spesso accade in Australia – il greco Philippoussis, i polacchi Luczak e Rogowska, la serba Dokic, l’italo-irlandese Dellacqua… solo per rimanere nel tennis – la Molik non arriva dal Kansas a cavalcioni d’un tornado, ma nasce il 27 gennaio 1981 direttamente in loco, ad Adelaide, da genitori immigrati di prima generazione dalla Polonia. Innamoratasi del tennis fin da bambina, la giovane Alicia diventa professionista nel 1996, giocando i primi tornei sul suolo patrio. Due anni più tardi iniziano ad arrivare le soddisfazioni: vittoria in doppio all’Australian Open junior in coppia con la Dominikovic e ben 7 titoli ITF in singolare (Wodonga, Kuagayama, doppietta ad Ibaraki, Kyoto, Saga e Queensland), risultati che fanno decollare la sua classifica fino al numero 170. Nel 1999 debutta in tutti gli Slam, cogliendo un sorprendente terzo turno al Roland Garros e chiudendo per la prima volta la stagione nelle top-100.
Atleta alta e potente – dotata di ottimo servizio, rovescio classico ad una mano e spiccate propensioni offensive – per un po’ di tempo fatica a comporre tutti i tasselli del suo gioco, più vario e difficile da equilibrare rispetto a molte coetanee. Tra il 2000 ed il 2002 coglie quindi risultati altalenanti, alternando prestazioni brillanti – un paio di semifinali a Shanghai e Doha, un bel terzo turno con la Hingis a Melbourne – a sconfitte decisamente evitabili… ad esempio la “bicicletta” rimediata dalla non irresistibile Talaja all’Australian Open 2001.
Quindi, la svolta: a gennaio 2003 coglie il primo titolo della carriera a Hobart, a spese della tostissima Amy Frazier, tocca altre due finali consecutive (Sarasota e Budapest) sull’ostica terra battuta e chiude la stagione al numero 35. Il 2004 è addirittura travolgente: ottavi a Melbourne ed altre 3 vittorie – Stoccolma, Lussemburgo ed il Tier I di Zurigo, dove infilza in successione Farina, Zvonareva, Petrova, Schnyder e Sharapova, ubriacata in finale a suon di drittoni sfreccianti, rasoiate in back e discese a rete – il tutto condito dal bronzo olimpico di Atene, sfilato imperiosamente dal collo di Anastasia Myskina. Il nuovo ranking di fine anno segna 13, roba seria… e ciò che il 2005 sembra avere in serbo è ancor più preoccupante, per le avversarie: pronti via, subito titolo a Sydney, il quinto della carriera, doppiato da un Australian Open sontuoso – vittoria in doppio con la Kuznetsova, quarti in singolare battuta 9-7 al terzo dalla Davenport, alle spalle il cadavere eccellente di Venus. A fine febbraio, in seguito alla finale di Doha ceduta di misura alla Sharapova, tocca l’8° posto nel ranking. In Australia diventa popolarissima, anche grazie al carattere schietto ed aperto, very “aussie”: scopriamo ad esempio che apprezza la buona tavola – soprattutto la cucina giapponese e thailandese – ed il buon vino rosso; nel tempo libero si divide tra spiaggia e corse in bicicletta con gli amici, ma non disdegna neppure le partite di football australiano, sport-istituzione da quelle parti (praticato tra gli altri dal padre di Hewitt, Glynn).
Poi, quando l’ascesa sembra inarrestabile, iniziano le vertigini. No, non causate dall’alta classifica, ma da un’infezione interna all’orecchio, una neurite vestibolare che ne compromette l’equilibrio, la vista ed il livello energetico, soprattutto nel recupero tra un match e l’altro. Inizialmente ignara della malattia, Alicia si prende solo un paio di mesi di stop, saltando il Roland Garros per poi rientrare sull’erba inglese. I risultati però colano inevitabilmente a picco, e finalmente in chiusura di stagione – dopo controlli più accurati – le viene diagnosticato il male: la pausa questa volta è prolungata, fino alla primavera successiva. A poche settimane dal ritorno centra subito un sorprendente terzo turno a Parigi, ed entro fine anno recupera circa 350 posti piazzandosi al 163. Il 2007 la riporta a livelli più consoni al suo talento, 56° in singolare, mentre coglie risultati eccellenti nel gioco di coppia: vittoria al Roland Garros e semifinali a Wimbledon in tandem con la nostra Mara Santangelo, finale in doppio misto assieme a Jonas Bjorkman ancora sui sacri prati di Church Road. Il 2008 però è un nuovo calvario, costellato da infortuni di varia natura: prima il gomito destro, poi il sinistro, infine il polpaccio. Impossibilitata ad esprimere il suo tennis, il 4 settembre – durante l’US Open – si ritira ufficialmente dall’attività agonistica. L’ultimo match disputato resta la netta sconfitta ai Giochi di Pechino contro la Martinez Sanchez.
Infine arriviamo ai giorni nostri. Dopo alcuni mesi di lavoro come commentatrice televisiva per un canale sportivo australiano, lo scorso agosto annuncia il ritorno alle competizioni, inizialmente solo in doppio. In coppia con un’altra rientrante ferita ma indomita, l’americana Meghann Shaughnessy, perde al primo turno sia a New Haven che a Flushing Meadows. Tornata in Australia, a partire da settembre si rituffa nella mischia anche in singolare, prendendo parte ad una serie di ITF da 25,000 dollari sul cemento: al debutto, a Darwin, effettua una vera e propria selezione naturale tra le giovani avversarie, imponendosi sia in singolo che in doppio, a fianco della connazionale Kriz. Seguono poi altri due titoli (Kalgoorlie e Bendigo), tre finali (Mount Gambier, Port Pirie, Esperance) ed una semifinale (Darwin-bis), per un bilancio complessivo di 30 vittorie e 4 sconfitte in singolare e 6-4 in doppio. Lungo il percorso infligge anche un parziale di 3-1 alla giovane speranza Olivia Rogowska, che aveva felicemente impressionato agli ultimi US Open contro la Safina.
Prospettive per il futuro? In meno di due mesi di attività, la classifica già dice 269° gradino, posizione ulteriormente limabile nelle prossime settimane: senza dubbio un’ottima base di partenza per giocarsi tutte le carte in vista dei prossimi Open Australiani, dove Alicia spera di entrare quantomeno nel tabellone di qualificazione. Parlando in termini realistici, non va però dimenticato che la concorrenza affrontata negli ITF non è paragonabile a quella dei tornei maggiori. Inoltre – competitività in continuo aumento a parte – a fine gennaio la clessidra segnerà i 29 anni: età da giovane donna nella vita di tutti i giorni, da veterana nel mondo del tennis. Sarà pertanto difficile rivedere la Molik sugli antichi livelli, tra le top-10 o negli immediati paraggi.
Detto questo, visto il passato da thriller hitchcockiano, le giovani avversarie faranno meglio a non sottovalutare Alicia… la donna che visse due volte. O tre?

Samuele Delpozzi

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