Rassegna Stampa del 2 Febbraio 2010

Federer: «Ho un talento folle» (Martucci), il Vero Highlander (Commentucci)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Federer: «Ho un talento folle»

Vincenzo Martucci, la Gazzetta dello Sport del 02.02.10

Felice, Roger Federer è incredibilmente felice. «Perché le altre 15 volte che ho vinto uno Slam, com'ero?», si ribella illuminandosi, allegro e disponibile, come non mai. «Ad agosto, quando ho vinto Cincinnati, la mia felicità era più fresca perché le mie gemelle avevano 2-3 settimane. E' stato un torneo davvero speciale, battendo Andy (Murray) e Novak (Djokovic), ho dimostrato che, anche da padre, potevo ancora fare molto». Ma Melbourne è super: «E' il primo Slam che vinco da papa, ho intorno le bambine, siamo in Australia e tutto è più tranquillo, non sono pressato da nulla, non ho alcuno stress». A 28 anni, il re sbandiera una parola nuova: «Relax. Io sapevo che qui, l'anno scorso, anche se avevo perso in finale da Rafa, avevo giocato una delle mie migliori partite, considerando i problemi alla schiena. Ma, dopo che ho vinto Parigi e poi, a Wimbledon, ho superato il record degli Slam di Sampras, mi sono liberato da tutte le domande scomode. E ora gioco completamente rilassato: ho ottenuto quello che non pensavo che fosse possibile, fino alla fine della carriera cercherò di godermi il Tour». E così promette nuovi guai ai rivali: «Quando vado bene qui in Australia, poi mi va bene anche la stagione. Anche se al Grande Slam non ci penso, ma prendo un torneo alla volta. Eppoi non mi sono mai sentito così fresco dopo un torneo, se dovessi andare a sciare, domani, potrei farlo tranquillamente». Allenamento Andy Murray è solo l'ultima cima dove il numero 1 del mondo e degli Slam (16) ha piantato la bandierina rossocrociata della Svizzera. «Tutto è cominciato quando mi sono sentito di nuovo bene, di fisico, di schiena, di movimenti. In allenamento, non avevo mai dato tanto significa. crescita Murray e i giovani rampanti meritano rispetto e un grazie grande così: «Questi ragazzi servono bene e non hanno punti deboli evidenti, come succedeva alla generazione immediatamente prima. Li ringrazio perché mi hanno fatto diventare un giocatore migliore. Le nuove generazioni mi hanno spinto sempre più forte, di 5 anni in 5 anni, cambia di nuovo tanto». Ma il grazie più grande, Roger, se lo da da solo: «Ho sempre saputo di avere molto talento, sentivo di avere qualcosa di speciale, ma non sapevo che era così... folle. Ho dovuto lavorare molto duro per poter tirar fuori in partita il colpo giusto al momento giusto. Sapevo di averlo nelle mani, la domanda era se ce l'avevo anche nella testa e nelle gambe. E anche nel gioco di piedi, che, nel tennis, soprattutto oggi, è la cosa più importante. Perché il gioco è sempre più fisico, soprattutto dato al tennis, tanto poi la partita è un'altra cosa. Ma a fine 2007, quando giocavo il miglior tennis della mia vita, mi sono fatto male. Proprio quando mi veniva tutto facilissimo e mi stupivo di me stesso. Allora ho capito, e ho aspettato che quella sensazione mi tornasse in allenamento. Beh, è tornata. E sono enormemente sollevato: ho ricominciato a giocare il mio tennis migliore. Ho riprovato sensazioni straordinarie: contro Davydenko e Tsonga, sentivo che non avevo una sola opzione, che non ero forzato a fare una sola cosa, potevo scegliere. Che bello». Prima Nadal, ora Murray cambiano i rivali ma Roger continua a vincere Ringrazio I miei avversali perché mi hanno fatto diventare migliore. Le nuove generazioni ml hanno spinto ad essere più forte fondo, e ci si sposta molto e spesso e veloce da lato a lato del campo». Vantaggi I giovani insegnano e Federer, a 28 anni, impara? Roger ridacchia delle sue stesse parole: «In realtà, quando sono arrivato io sul Tour, nel '99, era diverso. Non si andava già più tanto a rete perché si tiravano già più passanti che volée e si copriva già molto di più il campo in orizzontale che in verticale. Però io ho imparato il gioco classico, e quando mi occorre, a rete ci vado, e questo, nei momenti più delicati e importanti, è un vantaggio che ho sugli avversari». E non è il solo: «II mio gioco non è così dispendioso come quello degli altri, certo, devo allenarmi, devo fare estrema attenzione a non farmi male, ed è così da 10 anni, settimana dopo settimana. Sono un professionista. Ma so anche prendermi i miei spazi, so che il tennis non è tutto nella vita, e questo mi ha aiutato a superare le varie fasi della mia esistenza. Perché sto facendo davvero un viaggio incredibile, vediamo quando finisce, speriamo non succeda subito. Ma potrebbe anche accadere. Me lo dico sempre, dopo ogni vittoria: "Potrebbe essere l'ultima, potrebbe finire tutto proprio qui"». Intanto Federer fa festa con gli Australian Open che hanno battuto l'ennesimo record di affluenza, 653.800 spettatori, SOmila più di 12 mesi fa. «Cerco di fare il bene del gioco e di lasciarlo migliore di quando sono arrivato. E far parte di questi record è un altro fatto speciale». Grazie, Roger. Dopo il successo di Melbourne Roger Federer si concede un po' di riposo: tornerà nel ricco torneo di Dubal dal 21 febbraio

Il Vero Highlander

Roberto Commentucci, www.spaziotennis.com

Highlanders. Uomini delle terre alte. Così gli inglesi chiamavano i loro cugini scozzesi, fieri abitanti dei brumosi altipiani del nord, mai serenamente rassegnati al dominio della Corona di Sua Maestà. Più di recente, con il fortunato film del 1986, con Sean Connery e Cristopher Lambert, nel gergo quotidiano Highlander è finito per diventare sinonimo di uomo che non muore mai.
Ebbene, la finale dell’Australian Open ha dimostrato che l’uomo che non muore mai, l’Immortale del tennis contemporaneo, non è l’Highlander, l’uomo di Dunblane, lo scozzese purosangue Andy Murray, ma Roger Federer, che ancora una volta ha espresso un tennis inarrivabile per i sui più giovani rivali.

Federer ha attraversato tre epoche tennistiche: è stato capace di superare i dominatori del decennio precedente (da Sampras ad Agassi), di annichilire i suoi coetanei (da Hewitt, a Roddick, a Safin, a Nalbandian) di uscire – per ora -vincitore da una delle rivalità più dilanianti della storia di questo sport (quella con Rafa Nadal) e infine di rintuzzare con successo l’attacco dei giovani leoni, i Djokovic, i Murray, i Del Potro, i Cilic.
Alla fine, negli Slam, quando conta di più, la coppa la alza sempre lui, o quasi.
Vediamo però di analizzare, sul piano tattico, l’ultimo capolavoro di Federer, la vittoria in tre set nell’ultimo atto del torneo australiano,su un Murray mai domo. Un match molto interessante, sul piano della strategia di gioco: specie nei primi due set, una autentica partita a scacchi.
Le strategie di partenza.
I finalisti erano partiti con due idee di gioco diametralmente opposte:
Roger cercava di abbreviare gli scambi, facendo leva sul suo pezzo forte, il celebrato uno-due servizio diritto, e di insistere soprattutto sulla diagonale di destra, alla ricerca del diritto dello scozzese, il colpo meno incisivo e solido del rivale, il lato dove indirizzare di preferenza il servizio e dove picchiare per preparare la discesa a rete;
Andy invece voleva allungare la durata dei rallies, tentando come suo solito di addormentare il gioco, e cercare accuratamente di scambiare sulla diagonale sinistra, per imporre la superiore consistenza del suo rovescio, il colpo di gran lunga migliore del suo repertorio. Murray è infatti tra i pochissimi bimani destri a non soffrire il micidiale back incrociato corto di Roger, grazie alla sua abilità nello staccare la mano sinistra. In questo modo, cercando di allungare progressivamente le traiettorie, Andy fidava nella sua straripante condizione atletica per stancare Roger e portarlo all’errore.
Lo svolgimento della partita.
Tatticamente si è trattato di due partite diverse. All’inizio, con entrambi i giocatori piuttosto contratti, la strategia di Murray riesce ad imbrigliare Roger per quasi tutto il primo set. Quando lo svizzero accelera con il diritto incrociato, lo scozzese è pronto ad uscirne con un alto e profondo topspin lungolinea di diritto, costringendo lo svizzero a tornare a scambiare rovescio contro rovescio. Tuttavia, sul 43 30 pari, servizio Murray, arriva la svolta. Roger capisce che deve rischiare di più con il rovescio: gioca prima un cross strettissimo, che butta fuori campo Andy, e poi chiude il punto con un sensazionale lungolinea. E’la pesantissima palla break che, poi trasformata con un imperiale diritto lungolinea dall‘angolo sinistro, regala a Federer la prima frazione. Da lì in poi, la tattica di partenza di Murray smette di funzionare, perché Roger,ormai sciolto e in fiducia, inizia ad entrare a tutto braccio con il rovescio incrociato, finendo per prevalere anche sulla diagonale preferita dello scozzese,costretto ad accorciare. A quel punto, per il Re diventa semplice girare intorno al diritto e finire il punto costringendo Murray a recuperi impossibili sul lato destro o prendendolo in contropiede con lo sventaglio.
Rapidamente, Roger arriva 63,31 15-40. E’ lì che inizia un match diverso (nello svolgimento se non nell‘esito) perché Murray, ormai sull’orlo del baratro, capisce che la tattica iniziale non paga più (troppo solido, sorprendentemente, il rovescio di Federer) e da lì in poi cercherà coraggiosamente di comandare lo scambio con entrambi i fondamentali, nel tentativo di far correre Federer in difesa.
E’una strategia difficile da eseguire per Murray, il cui diritto, a questi livelli, non è sufficientemente sicuro ed incisivo per sostenere sempre l’iniziativa del gioco. E infatti Roger mantiene il break di vantaggio, e va avanti due set a 0, anche grazie ai molti errori di diritto del suo avversario (saranno oltre 20 alla fine). Si tratta però di errori inevitabili nella situazione di Murray costretto a chiedere ad un colpo ciò che non è in grado di dare.

Nella terza partita la lucidità tattica di Andy scompare: lo scozzese serve molto meglio, cerca di restare aggrappato al match di nervi e ci riesce soprattutto grazie al calo di concentrazione di Roger al servizio nel sesto game, ma questo non basta per riaprire l’incontro.
Conclusioni.
Molti hanno avuto l’impressione che lo scozzese abbia mancato una grande chance, non trasformando ben 5 set point nel tie break (due dei quali mancando un diritto e una voleè di rovescio non impossibili) e che su questo abbia influito la tremenda pressione psicologica alla quale Andy è sottoposto da un paese intero: l’ultimo Slam vinto da un britannico risale al 1938, Fred Perry a Wimbledon…
L’impressione, tuttavia, è che se anche il tennista di Dunblane avesse portato il match al quarto set, ben difficilmente l’esito finale sarebbe cambiato, se non per un repentino crollo fisico di Federer.
Lo svizzero, infatti, grazie alla qualità espressa con il suo colpo sulla carta meno forte (il rovescio) è riuscito a mettere Murray tatticamente con le spalle al muro, costringendolo a giocare il tipo di tennis a lui meno congeniale.
La qualità dei grandissimi.

 

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