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Verso l'addio?

Tommy Haas «cede» all’anca

Il 32enne tedesco è stato operato venerdì in una clinica californiana. Storia di un ragazzo prodigio, animo fragile e fisico minato da sei interventi chirurgici, il cui destino sembra quello di tornare ogni volta dall’oblio. Lo farà ancora? Stefano Bolotta

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Alcune persone, con il dolore imparano a conviverci. Se lo portano sulla spalla come una fedele scimmia che vorrebbero scaricare ma non ne hanno il coraggio.

Tommy Haas di scimmie ne ha addirittura due: oltre a quella sulla spalla (destra), operata tre volte, ce n’è una che ride malvagia sulle anche, entrambe finite sotto i ferri tra il 1995 e il ‘96. Quindici anni, un’era geologica per un tennista, sembravano avere cancellato il ricordo. Invece no. Dopo la prematura uscita al primo turno a Delray Beach, ecco che la scimmietta è riapparsa, lì aggrappata all’anca destra del tedesco, a farlo urlare di sofferenza e probabilmente di frustrazione per una vita che ogni tanto, ma in modo cinicamente puntuale, lo butta fuori dai binari della normalità.

Venerdì scorso la scimmietta ha impugnato il bisturi e lo ha operato per la terza volta, sesta in generale. Un record. Perché con il dolore puoi imparare a conviverci, ma non potrai mai rispettarlo come fosse un fedele cagnetto. Resterà sempre la fastidiosa scimmietta che è.

Un campione a metà

All’alba dei 32 anni Tommy potrebbe decidere di appendere la racchetta al chiodo, al termine di una carriera lunga e sicuramente al di sotto del potenziale. Nato all’Accademia di Nick Bollettieri come stella annunciata in grado di prendere il posto (insieme al “gemello diverso” Nicolas Kiefer) di Boris Becker nel cuore e nelle gerarchie del tennis tedesco, Haas si è poi smarrito per strada, con l’umore sbalzato qua e là come in una giostra ingolfata da problemi fisici, dal dolore il coinvolgimento dei genitori in un incidente stradale, da troppe distrazioni.

Tennista di straordinaria qualità tecnica e un tempo, alla fine degli anni Novanta, fra i primi a esprimere doti atletiche superiori alla media (carta d’identità: 1,87 metri per 80 chili) grazie anche alle lezioni di judo del padre, Haas ha conquistato in carriera 12 tornei Atp, con picchi il Master Series di Stoccarda indoor nel 2001 e una medaglia d’argento ai Giochi olimpici di Sydney 2000 in finale con Kafelnikov. Le sue stagioni migliori a cavallo dal 2000 al 2002, quando si arrampicò fino al numero 2. Nel 2004 l’Atp lo premiò in qualità di “comeback player of the year”, per avere iniziato l’anno senza classifica e concluso al n. 17. Nei tornei dello Slam il tedesco si è sempre espresso su buoni livelli, come compete a giocatori tanto dotati: è stato in grado di raggiungere tre volte le semifinali all'Australian Open e tre volte i quarti allo Us Open, oltre a una semifinale a Wimbledon, mentre al Roland Garros non è mai andato oltre il 4° turno, raggiunto lo scorso anno quando andò vicinissimo a eliminare Roger Federer, poi vincitore del torneo.

Haas è stato operato venerdì alla clinica di Vail, Colorado, dal chirurgo Marc J. Philippon. Non tragga in inganno il nome talmente assonante a Marc Philippoussis, altro splendido tennista di porcellana, da sembrare quasi indizio di uno scherzo. Si è trattato di un problema serio. «L’operazione era inevitabile - ha spiegato il giocatore dal suo sito web ufficiale - Il dolore era diventato insopportabile». Il manager del tedesco, Lars Schriewer, ha rassicurato i tifosi: «Tommy si è affidato al migliore nel suo campo, è in ottime mani. Tutto il resto è da valutare». Già, nessuna conclusione affrettata. Ma cosa farà Haas ora? I tempi di recupero saranno lunghi e va ricordato che l’anca è il peggiore nemico dei tennisti. Pensare a Guga Kuerten, tanto per averne un’idea.

Maestro dei «ritorni»

Sarebbe davvero un peccato se il circuito perdesse un personaggio simile, che personaggio lo è stato soprattutto in campo, col suo tennis a tratti abbagliante, servizio potente e sbracciate di rovescio a una mano da far tremare le righe del campo. Il 2009 lo aveva restituito al tennis a suon di ottimi risultati, in primis la semifinale a Wimbledon persa con Sua Maestà Roger, ma ancora prima la vittoria ad Halle. Una stagione che lo aveva riproiettato dove deve stare, nei primi 20 del ranking (attualmente è n. 18). Bisognerà valutare quale motivazioni potrà avere questo cavallo di razza dall’animo fragile, in perenne conflitto con se stesso e con il proprio fisico, già minato anche da tre interventi chirurgici alla spalla destra, i primi due nel 2003 - quando saltò l’intera stagione - e l’ultimo due anni fa.

Gli amanti del bel gioco sperano che tra sei mesi (tanto almeno dovrà passare prima di rivederlo in campo) Tommy si riaffacci sul circuito. Per l’ennesimo rientro. Per rialzare la testa dopo l’ennesima caduta. Per un ultimo, suggestivo giro di pista a farci ammirare quel braccio metà pugile e metà pittore. Con buona pace delle scimmie.

Stefano Bolotta

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