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15/06/2010 19:09 CEST - Tennis e doping

La vittoria val bene una pillola?

Sul doping nel tennis si è detto tutto e il contrario di tutto. Per alcuni è limitato ad alcuni pochi casi isolati. Quelli che per altri rappresentano invece la punta dell’iceberg. Abbiamo cercato, nel nostro piccolo, di fare luce sull’argomento incontrando un esperto. Questa è la prima parte della lunga intervista che abbiamo realizzato. Claudio Gilardelli

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Doping e tennis. Un argomento che genera negli appassionati discussioni accese, frutto di convinzioni diverse, basate spesso su opinioni non supportate da fondamenti scientifici, se non addirittura guidate dal tifo.
Da questa considerazione nasce l’esigenza di avere un parere super partes e autorevole. Quello del dott. Carlo Giammattei, medico sportivo presso il Dipartimento di Ortopedia Medicina e Traumatologia dello Sport dell’Az. USL 2 Lucca diretto dal prof. Enrico Castellacci, medico della Nazionale italiana di calcio.
Gli abbiamo posto le domande che i nostri lettori avevano avanzato in commento all’articolo “Dove ti trovi? Viaggio nel mondo Wada”, integrandole con gli interrogativi e le curiosità dei redattori di Ubitennis. Ne è uscita una lunga intervista, che vi proponiamo divisa in tre tranche.
L’intento, come abbiamo dichiarato in apertura, è cercare di fare un po’ di chiarezza, per quando è possibile. Con la convinzione, comunque, che altre domande verranno e che quindi saremo ben lungi da mettere un punto alla questione.
In questa prima parte ci soffermeremo sui farmaci dopanti più utilizzati.

Quali secondo lei possono essere le sostanze da usare in uno sport come il tennis per avere il massimo della performance?

Tutte quelle proibite dalla Wada, ovviamente, potrebbero dare un aiuto in più a chi pratica questo sport, come anche altre discipline. Mi sentirei però di dire che in uno sport con le caratteristiche del tennis possono fare la differenza tutte quelle sostanze che aiutano il recupero e la concentrazione, che migliorano la prestazione atletica e permettono di raggiungere una condizione fisica perfetta. Per quanto riguarda tecnica e talento, non esistono chiaramente farmaci che possano darti ciò che solo la natura può averti donato.

Può farci qualche esempio?

Certo. Le sostanze che possono migliorare la prestazione atletica nel tennis sono l’Epo (eritropoietina, un ormone sintetizzato dai reni e in piccola parte dal fegato e regola la produzione di globuli rossi), gli anabolizzanti, gli stimolanti, gli eccitanti, solo per fare alcuni esempi. Queste sono però tutte sostanze che attualmente sono rintracciate benissimo ai comuni test antidoping.
Ci sono poi anche altre sostanze più difficilmente reperibili sul mercato ma anche di più difficile riscontro. Sono l’insulina e i fattori di crescita insulino simili IGF (ormoni dalle forti proprietà anaboliche coinvolti nella proliferazione e nella differenziazione cellulare, soprattutto a livello cartilagineo e muscolare), l’ormone della crescita GH (secreto dall’ipofisi, modula l’azione degli IGF), i realising factor ipotalamici (ormoni rilasciati dall'ipotalamo come stimolo specifico per la secrezione di GH da parte dell'adenoipofisi) o il fattore ipotalamico di liberazione delle gonadotropine GnRH (ormone che induce il rilascio da parte del’ipofisi di gonadotropine, ormoni con effetto stimolante sulle gonadi), la corticotropina ACTH (un ormone che promuove la sintesi di ormoni steroidei, tra cui il cortisone), l’ormone luteinizzante LH (nel maschio stimola l'attività endocrina delle cellule interstiziali del testicolo con produzione di testosterone).
Ricordiamo infine alcune pratiche come l’emotrasfusione che viene fatta con lo scopo di aumentare il numero dei globuli rossi (senza ricorrere all’Epo) e tutte le infusioni endovenose che possono essere effettuate con lo scopo di diluire il sangue per mascherare così l’effetto di farmaci usati a scopo dopante oppure per favorire il recupero. In questo ultimo caso vengono somministrate soluzioni elettrolitiche reidratanti con zuccheri e/o aminoacidi. Tali sostanze non sono incluse nella lista di quelle proibite ma le nuove norme della Wada vietano tutti i tipi di infusioni endovenose a meno che non vengano svolte in ambiente ospedaliero per problemi sanitari.

Mi è chiaro perché certi cosiddetti atleti vogliano usare farmaci proibiti per migliorare le prestazioni. Non mi è chiaro il motivo per cui si debba ricorrere a una flebo e rischiare quando alcune sostanze, come gli zuccheri e gli aminoacidi ad esempio, possono essere assunti in un attimo per via orale in modo del tutto lecito. Mi può spiegare?

In effetti talvolta i vantaggi di un infusione endovenosa sono puramente psicologici, ma ci possono essere dei reali benefici in casi particolari come dopo match molto lunghi e ravvicinati o con condizioni climatiche particolari caratterizzate da temperature elevate e umidità. In queste situazioni, le infusioni endovenose possono garantire un più rapido recupero delle forze e possono favorire i processi anabolici per il semplice motivo che tutte le sostanze assunte per via ematica agiscono direttamente a livello cellulare, senza passare dall’apparato digerente. Infatti il transito da stomaco e intestino diminuisce la quantità di sostanza che entra in circolo, in quanto l’assorbimento non è mai del 100%. Inoltre, questo “passaggio in più” non rende la sostanza immediatamente disponibile, ritardandone l’effetto anche di qualche ora. Infine, con le flebo, si evita anche di sovraccaricare l’apparato digerente, perché la sua naturale alternativa è l’assunzione acqua, zuccheri, vitamine e aminoacidi attraverso la dieta. Questo non è un aspetto di poco conto se si pensa che un atleta dopo un match particolarmente duro è molto stanco e tale condizione fisica è spesso associata a scarso appetito.

A proposito di ormone della crescita, recentemente il mondo del tennis è stato scosso dal “caso Odesnik”, un giocatore americano trovato dagli ufficiali di dogana all'arrivo in Australia in gennaio con otto fiale di GH da 6 milligrammi ciascuna nel suo bagaglio. Quali sono gli effetti collaterali nell’uso del GH?

L’uso del GH può portare a un aumento dell'incidenza tumorale, all'ingrossamento della scatola cranica e delle mascelle, all’allungamento del mento delle orecchie e dei piedi, all’ingrandimento degli organi interni, della massa scheletrica del tessuto connettivo, a una modifica della tolleranza al glucosio che può sfociare in maggior incidenza del diabete.

Cos’è un agente mascherante?

L’agente mascherante, come dice il nome stesso, è un farmaco o una pratica usate per coprire la presenza di sostanze proibite nei campioni prelevati per l’esame antidoping. Pertanto gli agenti mascheranti sono proibiti sia in gara sia fuori gara. Un esempio di sostanza usata come agente mascherante sono i diuretici che rendono difficile il ritrovamento di altre sostanze dopanti, diluendole o, in taluni casi, inibendone l’escrezione attraverso una modifica sul pH delle urine. Tuttavia l’uso di diuretici lascia sempre una traccia, e cioè il diuretico stesso.

I diuretici per coprire gli anabolizzanti come possono essere utilizzati senza essere scoperti?

Per fortuna sono stati messi a punto metodi analitici sempre più aggiornati e sensibili in grado di determinare i prodotti diuretici nelle urine anche in minime tracce. Già con le metodiche attualmente in vigore tutti i principali diuretici possono essere ritrovati nelle urine con analisi di laboratorio di routine e con ottima affidabilità, rendendo di fatto molto difficile utilizzare questi prodotti e non venire scoperti.

Ci sono altre sostanze migliori da utilizzare a questo scopo?

Gli atleti intenzionati a vincere a ogni costo potrebbero scegliere farmaci nuovissimi, molecole tanto recenti da sfuggire alle autorità che vigilano sulla trasparenza nello sport, poiché i metodi di analisi non sono ancora disponibili. Mi sento di dire che se tale scelta può garantire l’impunità, almeno nel breve periodo, finché il farmaco non viene monitorato, espone però l’atleta al rischio di pericolosi effetti collaterali non ancora ben conosciuti.
Un’altra pericolosa e alternativa tecnica dopante, difficilmente evidenziabile dagli attuali test antidoping e che viene riportata da alcune notizie di stampa prevede la somministrazione di sali di cobalto. Senza entrare nel merito dei dosaggi, non vorrei che a qualcuno venga in mente di provare questa pericolosissima sostanza, viene riportato che determinate quantità di sali di cobalto sono in grado di aumentare la produzione di globuli rossi fino al 40% e di incrementare l’ematocrito addirittura del 20- 30%. Potrebbero essere utilizzati in associazione con l’Epo, per aumentarne la risposta eritropoietica a basse dosi di mantenimento, rendendo così l’Epo più difficilmente individuabile agli attuali metodi di rilevamento antidoping. Essendo sostanze tossiche per il nostro organismo, si tratta come ho già detto, di tecniche molto pericolose, che solo qualche pazzo potrebbe decidere di utilizzare.

Dato che il tennis è uno sport in cui la psiche è "quasi" la maggior componente (a uguale capacita tecnico-atletica la differenza è la testa) come una pratica doping può agire anche sulla consapevolezza di un tennista di essere (per riassumere in una parola che potrà sembrare eccessiva o non completamente adatta) "invincibile"?

Più che una pratica, sicuramente potrebbe aiutare l’assunzione di sostanze stimolanti, come ad esempio la cocaina.

La cocaina? Ci sono stati parecchi casi di tennisti trovati positivi a tale droga (Richard Gasquet, Martina Hingis, Karel Nováček, Mats Wilander per fare i nomi più illustri) . Molti credono che venga utilizzata esclusivamente per ragioni ricreative piuttosto che per migliorare le prestazioni.

È una convinzione diffusa, è vero, ma chi lo crede si sbaglia. Se non avesse effetti sulle prestazioni non sarebbe stata inserita dalla Wada nella lista delle sostanze proibite! Infatti la cocaina e gli stimolanti in generale aumentano il livello di reattività e di attenzione, doti importantissime in alcuni sport come tennis e calcio. Non è una coincidenza, infatti, che i casi di positività a questa droga arrivino per lo più da queste discipline.
La cocaina ha effetti fisici e psicoattivi diversi a seconda del soggetto, e dipendono ovviamente dalla frequenza di assunzione, dalle modalità d’uso e della quantità assunta. Si può dire però che, in generale, tale sostanza alza il tono dell'umore, dà maggior sicurezza in sé stessi, rende il pensiero molto più veloce. In ambito sportivo, le prestazioni motorie sono percepite come migliori e più soddisfacenti e il senso di fatica è attenuato.
Ha però pericolosi effetti collaterali. Danneggia irreparabilmente il cervello, distruggendo i neuroni e le strutture cerebrali (le sinapsi) che mediano il passaggio d’informazioni nervose. I problemi neurologici provocati dall’uso di cocaina possono essere ictus, convulsioni ed emicranie e, nel lungo periodo, demenza. Tale droga può causare anche complicazioni cardiovascolari come l’accelerazione dei battiti e l’aumento della pressione arteriosa ma anche problemi respiratori, complicazioni gastrointestinali associate a dolori addominali, nausea e a innalzamento della temperatura del corpo.
Ne approfitto per dare un consiglio ai giovani: non usate tali sostanze, che creano dipendenza e sono molto dannose alla salute. Esistono tecniche particolari di grande efficacia per raggiungere il massimo di concentrazione mentale prima di una partita, che inoltre sono molto salutari per il nostro organismo. Basti ricordare tutte le tecniche orientali di rilassamento, lo yoga oppure il training autogeno, ad esempio.

In generale, stimolanti a parte, quali possono essere gli effetti del doping sulla psiche dell'atleta?

L’uso di tecniche dopanti è molto dannoso anche per la psiche dell’atleta, perché si crea una dipendenza psicologica da queste sostanze. Infatti spesso l’atleta che ha fatto uso di farmaci dopanti pensa che sia riuscito a raggiungere determinate prestazioni solo grazie a queste sostanze e non riesce a distaccarsene per la paura di non essere in grado a mantenere l’attuale livello prestativo.

Dato lo stress a cui sono sottoposti gli atleti, si può ipotizzare l’uso di antidepressivi? E che effetti avrebbero sulla performance?

L’uso di antidepressivi può essere ipotizzato anche negli sportivi visto la vasta diffusione che hanno questi farmaci nella popolazione normale. Non si tratta però di farmaci in grado di migliorare la prestazione sportiva. Il mio consiglio, comunque, è di cercare di non ricorrere a questo tipo di sostanze anche se l’atleta sta attraversando un brutto periodo, con scarsi risultati e di conseguenza cada in sindromi depressive. In questo caso è meglio che si affidi ad un buon psicologo e ricorra a tecniche tipo il già citato training autogeno.

Dal 1996 ad oggi sono stati trovati positivi a test antidoping una sessantina di tennisti. Facciamo un po’ di nomi: questa è la lista ufficiale dedotta dai documenti presenti sul sito della International Tennis Federation (ITF). Posso chiederle un suo commento tecnico sulle sostanze che hanno utilizzato?

Certo. Vedo che sono stati riscontrati numerosi casi di positività a tutta una serie di sostanze stimolanti, di cui abbiamo già parlato: 13 casi di positività alla cannabis (Kristof Michils, Ryan Newport, Steve Sanford, Marcel Felder, Franz Stauder, David Buck, Holger Fischer, Melle Van Gemerden, Simon Larose, Travis Moffat, Guillaume Legat, Miguel Gallardo Valles, Nicolas Coutelot), 11 alla cocaina (Richard Gasquet, Martina Hingis, Simon Larose, Lourdes Domínguez Lino, Karel Nováček, Mats Wilander, Nicola Gambi, Maximilian Abel, Diego Hipperdinger, Jamie Burdekin, Diego Hipperdinger), un caso ciascuno all’adrafinil (Meliha Karic), al modafinil (John Paul Fruttero), il metabolita primario dell'adrafinil, all’efedrina (Kyu Tae Im), al niketamide (Charles Irie), all’isometeptene (Marcelo Melo), all’etilefrina (Mariano Puerta), alla metamfetamina (Andre Agassi), al carphedon (Andrei Plotniy), alla metilexanamina (Ivo Minar), alla pemolina (Dimitry Vlasov) e alla caffeina (Martin Rodriguez).
Sono poi stati riscontrati tre casi di positività al salbutamolo (Alex Bogomolov Jr., Todd Perry, Anthony Dupuis) e uno alla terbutalina (Ilanit Fridman), i quali sono beta-2 agonisti e cioè sostanze stimolanti che però, a seconda del dosaggio, hanno effetti anabolizzanti. L’uso di questi medicinali è consentito solo per inalazione in pazienti affetti da asma, dopo opportuna notifica preventiva da parte di un medico specialista in malattie respiratorie all’autorità medica competente prima della competizione.
Poi ci sono gli anabolizzanti: tre casi di uso di nandrolone (Guillermo Coria, Sesil Karatantcheva, Petr Korda) e di clenbuterolo (Karol Beck, David Sebok, Mariano Puerta), uno di metil-testosterone (Juan Ignacio Chela), di stanozololo (Pedro Braga) e di GH (Wayne Odesnik - possesso).
GH a parte, è difficile farla franca per quanto riguarda l’uso delle altre sostanze, in quanto sono ben rintracciabili nelle urine. E come abbiamo detto anche le sostanze mascheranti vengono scoperte, come dimostrato dai tennisti che sono stati trovati positivi a diuretici: tre casi di idroclorotiazide (Graydon Oliver, Laura Pous Tio, Guillermo Cañas), uno di canrenone (Courtney Nagle), di amiloride (Laura Pous Tio) e di furosemide (Kristina Antoniychuk).
Discorso a parte va fatto per la finasteride (due casi nel tennis, Mariano Hood, Mark Nielsen) che non è un diuretico ma è il principio attivo di farmaci che combattono la caduta dei capelli. È stata inserita nella lista ufficiale delle sostanze proibite dal 1 gennaio 2005, in quanto, secondo il rapporto della Wada si presterebbe ad un uso improprio come agente mascherante di certi steroidi, fra cui il nandrolone. Molti sportivi, in passato, sono risultati positivi alla sostanza, tra cui anche il calciatore Romario. Dal 2009 però, non più nell’elenco dei prodotti vietati dalla Wada in quanto la multinazionale americana Merck Sharp & Dohme scopritrice della molecola, l’ha resa inefficace come agente mascherante.
Infine vedo nella lista un uso anche di farmaci glucocorticoidi per i quali sono stati segnalati tre casi di positività: al triamcinolone acetonide (Stefan Koubek), al budesonide (Juan Viloca) e al betamethasone (Luis Feo Bernabé). I glucocorticoidi sono molecole che il nostro organismo produce normalmente, come ad esempio il cortisolo, e rivestono un ruolo importante nel metabolismo dei carboidrati, delle proteine e degli acidi grassi. Dal punto di vista terapeutico, hanno attività antinfiammatorie ed immunosoppressive. In ambito sportivo la somministrazione di corticosteroidi riduce i processi infiammatori e il dolore in caso di lesioni ed ne è consentito l’uso topico (orecchio, occhi, derma), per inalazione e per via intrarticolare, previa segnalazioneagli organi competenti. È proibita invece la somministrazione di questi farmaci per via orale, intramuscolare o per via rettale.

Abbiamo parlato fino ad ora di sostanze o tecniche volte a migliorare la performance. Quali sostanze possono essere invece deleterie per la prestazione tennistica?

Ci sono centinaia di sostanze che peggiorano la prestazione sportiva, farmaci che vengono usati in vari tipi di patologie, ad esempio. Non ha però molto senso entrare nello specifico, visto che in genere si cerca di migliorare la performance non di peggiorarla. Anche una alimentazione scorretta o una scarsa idratazione sono le principali cause di diminuzione di prestazione.

Ci sono sostanza dopanti che possono, anche in maniera indiretta, causare infortuni?

L’uso di sostanze dopanti portano l’atleta a raggiungere risultati che non sono più proporzionali all’allenamento svolto e di conseguenza possono predisporre all’insorgenza di patologie da sovraccarico funzionale, cioè problemi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico e a livello di tendini, cartilagini e articolazioni. In particolare per quanto riguarda i tendini, questi aumentano la loro resistenza proporzionalmente all’allenamento dell’atleta. È chiaro quindi che qualsiasi “forzatura” può portare a patologie anche gravi.

Lei sa che quello che sta dicendo scatenerà tra i nostri lettori illazioni sugli infortuni a tendini e ginocchia di questo o quell’altro atleta..

Sarebbe sbagliato perché non esiste nessun rapporto diretto tra doping e infortuni. È vero che il doping può influenzare l’incidenza di lesioni ai tendini o alle articolazioni, ma questi possono avvenire anche per cause del tutto naturali. Facendo sport ci si può fare anche male e un atleta può essere geneticamente e strutturalmente predisposto ad essere soggetto a certi tipi di infortuni senza che questo significhi che si sottoponga a pratiche dopanti. Viceversa, un atleta potrebbe non incorrere mai problemi di questo genere, pur dopandosi. Nel tennis poi l’equivalenza “doping=infortuni a tendini ed articolazioni” non regge perché tali problemi sono tipici e all’ordine del giorno in questa disciplina, a qualsiasi livello di pratica.

Claudio Gilardelli

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker