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25/06/2010 22:44 CEST - Wimbledon

Isner e Mahut eroi

McEnroe ci prova, la Regina Elisabetta magari ci avrebbe provato, ma senza successo. Un po' di tradizione la spezzano Henman e la Jones. Mahut gioca anche il doppio. Fognini con appena 4h e 12 minuti è come se....avesse corso i 100 metri! Ubaldo Scanagatta

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Noblesse oblige, Queen Elizabeth s’era fatta molto desiderare. Aveva fatto passare tutta… una vita di Gesù. Trentatre anni dopo il 1977, allorchè per celebrare il Centenario dei Championships aveva onorato l’All England Club della sua seconda e ultima visita, ecco la Regina d’Inghilterra far di nuovo capolino (anzi…cappellino, azzurro confetto come il tailleur) ieri in Church Road, snobbando per una volta i prediletti cavalli.

Protocollo, misure di sicurezza e decine di body-guards l’hanno obbligata a sedersi nel Royal Box per assistere all’esibizione vincente del suo suddito scozzese Andy Murray con il finnico Jarkko Nieminen, impedendole di spostar le regali e vetuste membra d’ottantenne sul campo 18 laddove si scriveva una pagina certamente ben più storica di questo torneo vecchio 124 edizioni senza che nessun match si fosse mai prima concluso 70-68 al quinto dopo 183 games e 980 punti, 11 ore e 5 minuti distribuiti in 3 giorni, non senza aver registrato 215 aces complessivi: 112 per il vittorioso gigante americano John Isner, n.19 Atp e con 2.m e 06 il “pro” più alto del circuito, 103 per il francese d’Angers Nicolas Mahut, soltanto 1,90 cm, appena n.145.

John McEnroe, l’ex SuperBrat (SuperMoccioso) che assai poco British nonostante le origini irlandesi le regole se le è sempre fatte da solo, aveva suggerito di infrangere almeno il protocollo tennistico “Spostate la prosecuzione di Isner e Mahut dal campo 18 al centre court, se lo meritano più di chiunque altro…e poi c’è pure la regina!” ma non gli hanno dato retta.

Così i due implacabili duellanti hanno ripreso a darsi battaglia per un’altra ora e cinque minuti, per altri 22 games scarni ed essenziali, dominati dai servizi, con l’urlo simil-goal quando Isner ha messo a segno l’ace n.100. Il tutto in mezzo ad un nugolo di fotografi che avevano mollato la regina al suo destino, il tutto sul campo 18 fino a che Isner è riuscito con un passante di rovescio a trasformare il quinto matchpoint utile su una smorzata abortita per lasciarsi andare lungo disteso sull’erba da cui, incredulo, sembrava non volesse quasi più rialzarsi. Un minuto prima, giusto per dare un riferimento temporale, la Slovacchia aveva segnato il gol-mazzata del 3-1 agli azzurri di Lippi.

Il match che sembrava non dovesse finire mai, 167 games senza un break dal secondo gioco del secondo set, consegnato alla gloria eterna e agli archivi (“I record sono fatti per esser battuti” disse Bob Beamon dopo il salto di 8m.90cm…ma questo no!) attivava una procedura finalmente fuor di tradizione. Tornata a Buckingham Palace la regina, due glorie del tennis britannico, Tim Henman e Ann Jones,venivano spediti a premiare sul campo i due storici “maratoneti” prima che i paparazzi li trascinassero davanti al tabellone segnapunti. Isner giubilante (“Ma ho smesso di contare i games sul 25 pari”), Mahut distrutto dalla delusione più il sorridente arbitro svedese Layani (udito dire l’altro ieri sera: “In aereo viaggio sempre in economy, che volete che siano 7 ore su un seggiolino?”).

Al loro cospetto le 4 h 12 di Fognini per battere Russel (3-6,5-7,7-5,7-6,6-3) sono state uno scherzo. Ma il suo terzo turno a Wimbledon (come quello della Pennetta, 6-1,6-1 alla Niculescu, e della Errani 6-2,6-2 alla Parra) non lo è. Con Bennetau n.40 si può vincere, per ripagarsi della delusione Seppi.

Kamke b.Seppi 3-6,6-2,6-3,6-4, Radwanska b.Brianti 6-2,6-0, Pavlyuchenkova b.Vinci 6-2,7-6. Dulgheru b.Oprandi 6-2,6-0

Ubaldo Scanagatta

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker