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03/08/2010 13:53 CEST - Top Players

Murray, ancora non si vede la luce

Lo scozzese, sconfitto domenica in finale da Querrey, non vince un torneo dagli inizi di novembre 2009 (Valencia). Il licenziamento dell'allenatore solo l'ultimo segnale di un periodo irrequieto. Karim Nafea

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Crisi. Questa parola deve essere nella mente di Andy Murray da un po’ di tempo, di sicuro è sulla bocca dei giornalisti. Si, perché quest’anno, oltre alle ben documentate difficoltà nel tennis al meglio dei cinque set (i majors), nonostante una finale persa con Federer ed una semifinale persa con Nadal, si sono palesate incertezze anche nei tornei che si giocano al meglio dei tre set, nei quali, soprattutto sul cemento, lo scozzese era considerato, non più tardi di un anno fa, quasi imbattibile. Il momento non è negativo solo per quello che riguarda il campo, infatti Andy ha appena “divorziato” da Miles MacLagan, che lo aveva seguito negli ultimi tre anni e mezzo, a causa di incomprensioni che riguardano il ruolo di Alex Corretta, ed è fresca la notizia della rinuncia di Darren Cahill ad allenarlo.

La stagione è cominciata in modo piuttosto incoraggiante per Murray che ha giocato un ottimo torneo in Australia, battendo un buonissimo Nadal ai quarti e perdendo solo in finale da Federer. Dopo questa sconfitta, durante la premiazione, Murray è scoppiato in un pianto quantomeno inusuale , per l’immagine che da di se, menzionando la pressione che sente sulle spalle, nel tentativo di far si che un tennista britannico torni a vincere un major ( in campo maschile) dai tempi di Fred Perry. Da questa partita e da questo pianto sono nati i problemi per lo scozzese che praticamente non si è più visto nel resto della stagione. Il vero problema però non sta nella sconfitta con Querrey in finale a Los Angeles o nel non aver ancora vinto un torneo dello Slam, né nel fatto che non alza un trofeo da ormai otto mesi ( ultimo torneo vinto a Valencia). Infatti il problema è a monte: Murray da un paio di anni al vertice grazie ad un tipo di gioco che sembra non appartenergli. Lo scozzese possiede indubbiamente un talento straordinario ed è, tra i migliori, il giocatore più completo come arsenale tennistico dopo Federer. Partendo da queste basi, sinceramente, non si riesce a capire per quale motivo lui ed il suo staff abbiano deciso di puntare su uno stile di gioco che lo pone costantemente svariati metri dietro la riga di fondo e lo costringe a difendersi per la maggior parte del tempo. Giocando in questa maniera Murray è diventato un top player però si è anche privato delle armi che lo avrebbero potuto rendere “speciale”: affidandosi al tennis percentuale si è assicurato un ottimo livello medio ma si è, volutamente o no, negato la possibilità di raggiungere il livello massimo del suo tennis. Questa ha causato una differenza di comportamento nell’affrontare i due mostri sacri del tennis contemporaneo: Federer (soprattutto) e Nadal. Benché con Federer abbia ancora uno score complessivo vincente (6-5), lo svizzero la ha battuto nelle due finali Slam che ha giocato fin qui. Chiunque dovesse essere il suo prossimo coach (sono stati nominati come papabili Tony Roche, Todd Martin, Sven Groneveld e Larry Stefanki), dovrebbe secondo me analizzare la sopracitata finale dell’Australian Open e notare la differenza di atteggiamento tra i primi due set dove Murray ha aspettato che Federer (che peraltro ha giocato una partita strepitosa) facesse qualcosa (risultato 6-3, 6-4) ed il terzo dove invece ha cercato di comandare il gioco (7-6, con un break di vantaggio e vari set point non trasformati). Nadal invece è stato battuto da Murray già due volte nei majors: la prima a New York nel 2008 giocando una grande partita e la seconda appunto nell’ultimo Australian Open con un’altra fantastica prestazione. In queste due partite, senza dimenticarne una terza, sempre in Australia dove Nadal riuscì ad imporsi solo al quinto set approfittando del calo fisico dello scozzese, Murray era entrato in campo determinato a mantenere il pallino del gioco nelle proprie mani, rischiando molto più del (suo) solito, ma giocando un tipo di tennis che è molto più naturale per lui. Questa probabilmente è la chiave: contro Nadal, Murray si vede costretto a rendersi più aggressivo per via della superiorità atletica dello spagnolo, mentre contro Federer ritiene più redditizio, come da lui affermato, scambiare da fondo aspettando l’errore, rendendosi conto troppo tardi che questo, soprattutto in un torneo dello Slam, può essere letale e cercando di cambiare tattica quando ormai non c’è più niente da fare. La partita che ha fatto suonare qualche campanello d’allarme è stata la semifinale dell’ultimo Wimbledon dove l’idolo di casa (si fa per dire) è stato frustrato da un Nadal che gioca si a buon livello ma che, anche se può sembrare ridicolo, è a mio giudizio inferiore al Nadal che ha iniziato la stagione e che ha perso con lo stesso Murray in Australia. Questa gara mi ha deluso particolarmente perché, anche se a tratti combattuta, mi è sembrata senz’anima, senza la grinta (a volte eccessiva ed isterica) che lo caratterizza e con poche idee tattiche. Con questi esempi si vuole dire che Murray pur definendosi un giocatore molto adattabile al tipo di avversario che incontra, necessita di uno stile di gioco fisso, poiché le variazioni non devono essere apportate all’impianto tattico in toto (non puoi pensare di giocare un torneo costantemente in difesa e poi trovarti Federer in finale e solo allora cominciare a tirare tutte le palle, anche per uno con il suo talento questo non è applicabile con successo), ma devono essere rivolte all’impostazione mentale una volta per tutte: Murray deve entrare in campo con una sola parola in testa: aggressività. Con il talento che ha basterebbe solo la voglia di comandare di più gli scambi per ottenere maggiori risultati. Altro problema è l’eccessiva consapevolezza di questo talento, che spinge lo scozzese quasi a “costeggiare” gli avversari, ritenendo che un minimo della sua attenzione basti per battere la maggioranza dei giocatori. Nonostante questa presunzione non riesce a rendersi conto che giocando in questo modo lui, quel talento, lo sta sprecando e non gli sta dando nessuna opportunità di esprimersi, questo conflitto di stili lo sta distruggendo psicologicamente facendo si che lui stesso non sappia cosa deve o cosa vuole fare.

La prima contromisura da attuare è l’assunzione di un coach di grande personalità che sappia come imporre le sue idee, poiché sono giunto alla spiacevole conclusione che pur nella sua grande intelligenza Murray non sappia cosa vuole e una figura forte che lo sostenga è quanto mai necessaria; assunto un nuovo coach, dovranno compiere una scelta: continuare a giocare di percentuale ed accettare di rimanere solo un comprimario oppure impegnarsi a cambiare tattica assumendo una posizione più vicina alla linea di fondo e cercando di comandare il punto più spesso, magari aggiungendo anche le discese a rete, poiché Murray è tra i Top ten il miglior interprete del gioco di volo. Sarebbe anche molto importante l’allontanamento, almeno temporaneo di Alex Corretta (l’utilità di questi coach part-time è e rimane dubbia), in quanto ha l’unico effetto di “confondere” ulteriormente le idee dello scozzese che ora ha invece bisogno di principi saldi e costanti. Altra mossa utile sarebbe quella di rendersi un minimo più”invisibile” ai media, evitando magari ulteriori casi come quello della Ferrari o dei litigi con la fidanzata, e di concentrarsi esclusivamente sul tennis.

C’è da sperare che lo scozzese ritrovi una forma decente per rendere almeno un po’ più interessante un circuito che al momento langue e che decida di modificare il suo atteggiamento tattico in modo da onorare le sue capacità e permettere a chi non ama un tennis fatto solo di corsa e recuperi o di potenza di divertirsi ancora per qualche anno

Karim Nafea

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