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05/08/2010 22:23 CEST - Caso Del Potro

Del Potro torna. Lui o la sua ombra?

Del Potro torna ad allenarsi sul campo da tennis, ma smentisce la sua presenza agli Us Open e in Davis. Decisive le prossime tre settimane per il suo rientro a Bangkok a fine settembre. Francesco Ferrando
 

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del potro ritorna
del potro ritorna

L'umore di Juan Martin Del Potro sta tutto in una foto, che lo ritrae nei pressi della rete, sul campo di allenamento. Felice come un bambino: «É bello tornare a colpire la palla, anche se con calma. Ho tenuto di nuovo in mano la racchetta...» fa sapere via Twitter, il suo mezzo di comunicazione preferito. Dopo le ultime voci sul proprio rientro, Palito aveva tenuto sulle spine gli appassionati per ventiquattro ore, promettendo di dare sue notizie appena possibile: «Domani torno su un campo da tennis, dopo vi racconto com'è andata...». Solo pochi scambi al centro del campo, quindici o venti palle in tutto, ma il polso sembra reggere. Non è solo un buon segno, è un momento importante, atteso da molto tempo.

Cinque mesi, per l'esattezza. Tanto è passato dall'ultima volta che aveva provato a colpire di nuovo alla sua maniera. Miami era alle porte e Palito aveva passato quasi un mese a ciondolare a destra e a manca con quella vistosa fasciatura che gli arrivava fino al gomito, in attesa. Aveva provato a maltrattare la palla con la violenza di sempre, ma si era dovuto arrendere. Il fastidio al polso destro era ancora lì, non gli permetteva di allenarsi serenamente. Un problema che si portava dietro da tempo, almeno dal torneo di Shanghai in ottobre, qualcuno dice addirittura da Miami 2009. E alla fine gli aveva presentato il conto, salatissimo: prima il ritiro a Kooyong, poi l'infortunio agli Us Open e quel primo stop di venti giorni.

Era solo l'inizio di un lungo calvario, alimentato dai mille dubbi circa la vera natura della sua lesione, senza riuscire a capire come uscirne: resistere oppure sottoporsi a un intervento? E, nel caso, a chi rivolgersi? «L'unica paura che avevamo, era quella di non capire di cosa si trattasse - ammette adesso il suo coach, Franco Davìn - per questo abbiamo cercato di trovare il miglior specialista possibile. C'è costato del tempo, ma Juan Martin è molto giovane e ha tanti anni davanti a sé. Ne valeva la pena».

Nel frattempo, a ogni annuncio di rientro, ne segue uno di rinvio: la sua presenza a Miami salta, poi tocca a Montecarlo, infine arriva la rinuncia al Roland Garros e a Wimbledon. Juan Martin continua il suo pellegrinaggio presso alcuni dei più importanti specialisti al mondo: prima a Buenos Aires, poi in Spagna, infine negli Stati Uniti. Cominciano a circolare dubbi sulla bontà con la quale viene gestito l'infortunio del giovane campione da parte del suo entourage. L'iperprotettivo clan di Tandil si chiude a riccio, alimentando strane voci, tra cui quella di un disagio psicologico, una presunta "sindrome da palcoscenico", a seguito del suo trionfo a Flushing Meadows.

Poi, all'apice della confusione sul "caso Del Potro" - ai primi di maggio - arriva il famoso comunicato stampa, alla stazione radiofonica argentina Rock Y Pop. Juan Martin è stato operato negli Stati Uniti dal luminare Richard Berger, presso la clinica Mayo. Il gigante argentino fa ritorno a Tandil, accolto dalla folla con un misto di sollievo e preoccupazione per i tempi di recupero. Da tre a sei mesi, per questo genere di intervento, senza la certezza assoluta di ristabilirsi a pieno. É questo un periodo che Juan Martin sfrutta per stare con la sua famiglia e abituarsi all'idea del lungo percorso che lo aspetta.

Ai primi di giugno il gigante argentino riprende l'allenamento atletico, poi si sottopone a ulteriori esami, che danno esito positivo. Vengono smentite le prime voci sul suo, improbabile, rientro agli Us Open e in Coppa Davis contro la Francia. ma cominciano a trapelare anche le prime ipotesi fondate. «Non ha ancora preso in mano una racchetta, ma stiamo lavorando perché scenda in campo a Bankok» ammette il suo fisioterapista Diego Riva. Ovvero il 24 settembre, una settimana prima del Master 1000 di Shanghai.

Chi gli è stato vicino nelle ultime settimane lo ha definito impaziente. Di togliere le ragnatele dalla racchetta, sfogare la sua rabbia sulla pallina e ritornare quello che era. «Ha attraversato tutte le fasi: in certi periodi è stato depresso - ammetteva Davìn qualche giorno fa - in altri motivato. Dal nostro ultimo viaggio negli States è tornato determinato. Ora sta smaniando per riprendere in mano la racchetta. Controlla l'incordatura e il grip, la osserva e la tocca».

Adesso, a sei mesi di distanza dall'ultimo incontro ufficiale, Juan Martin Del Potro sembra pronto a ricominciare, "da zero", come ha tenuto a precisare il suo coach. «É fondamentale che lo capisca, perché non è facile per un ragazzo di 21 anni vincere uno dei tornei più importanti in assoluto e poi ritrovarsi senza più nulla. Nutriva molte aspettative ripetto a questa stagione».

Perderà molte posizioni (per ora resiste al numero sette del ranking) e molti punti, per l'esattezza i 3100 conquistati lo scorso anno in Canada, agli Us Open e a Washington, ma la data di rientro è ancora un tabù. Ma ancora per poco, forse: lo aspettano tre settimane di test sul campo, di intensità graduale. Se tutto andrà liscio, sarà possibile finalmente parlare del suo ritorno a Bankok.
Gli appassionati mezzo mondo incrociano le dita e aspettano. In fondo ventun giorni di attesa, per loro e per Palito, valgon bene una carriera.

Francesco Ferrando

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