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03/09/2010 00:54 CEST - US Open

Le ragioni
di una supremazia

Niente è casuale nel tennis. Se tre donne italiane sono al terzo round e tre uomini perdono al primo turno, anno dopo anno, basta ripercorrere il percorso di vita di Sara Errani attraverso le sue parole per capire quasi tutto. Il contropiede svedese a Seppi scopre…tanti altarini. Evidenziati dalle stesse Schiavone, Pennetta ed Errani. Da New York, Ubaldo Scanagatta


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Ormai ci abbiamo fatto il callo. Alle giornate irrespirabili nell’Inferno di Cemento (leggi Flushing Meadows) dove dai 42 gradi sui campi si passa ai 10 gradi delle sale stampa frigidaire con l’aria condizionata che t’ammazza.

Il callo ai tennisti italiani che si rifiutano testardamente di passano le qualificazioni dell’US open. Il callo ai tre tennisti azzurri che in tabellone in virtù di posizioni di retroguardia post-50 come un anno fa (quand’erano cinque) hanno regolarmente perso tutti al primo turno.

Il callo alle solite tre ragazze più forti, Schiavone, Pennetta ed Errani, che vincono tutte alla grande sottolineando in maniera impietosa il divario che separa il nostro tennis femminile da quello maschile e fa dire, papale papale a Flavia Pennetta: “Noi siamo d’un altro livello, Francesca è n.7 del mondo, io sono stata top-ten…”, e non lo dice certo con cattiveria, lei che dei ragazzi italiani, Potito in testa, è certo amicissima.

Il callo a quelli che in tabellone perdono regolarmente al primo turno. Il callo alla Spagna che ci bastona tutte le volte che ci incontra o quasi (tennis, calcio, ciclismo… è uguale), qui tre duelli e tre batoste: prevedibili in fondo quelle di Fognini con Verdasco (i miracoli si fanno una volta sola, non li ripeteva nemmeno… chi li faceva sul serio 2010 anni fa!) e di Starace con Almagro capace di sommergerlo con 31 aces (ci sarà mai un italiano che batte meglio di un avversario? Tutti a parlare di come serve male Volandri…ma della seconda palla di servizio degli altri vogliamo parlare?). Meno prevedibile francamente quella di Seppi che nemmeno un vantaggio di due set ha messo al riparo dalla rimonta del modesto Granollers.

Quando Andreas, altoatesino con le Alpi che hanno sempre soffiato freddo alle spalle, migliorato soprattutto nell’italiano e nel sense of humour (chi l’avrebbe detto? Eppure garantisco), ti dice che: a) Non mi sono preparato tanto bene per questo US Open b) Faceva troppo caldo…

…che gli vuoi dire se non mostrargli tanta comprensione?

Almeno tanta quanto ne merita anche per aver fatto capire d’essere pronto a tornare sui propri passi riguardo al prossimo incontro di Coppa Davis in Svezia. La miglior notizia del giorno in campo maschile, considerate le difficoltà sempre mostrate da Starace nell’adattarsi alle superfici veloci (con l’eccezione olandese di maggio).

Lo scoop della possibile, anzi probabile rentrée di Andreas in azzurro, lo avvia l’unico giornalista straniero presente alla sua conferenza stampa post Granollers, uno svedese che chiede il permesso a noi italiani per porre la sua unica domanda. A lui, chiaramente, di come abbia perso Seppi con Granollers non gliene può fregare di meno: “Scusi Mr. Seppi ma lei giocherà in Davis?”

Seppi straluna gli occhi e scoppia a ridere guardando la truppa dei colleghi italiani vittime del generale soprassalto: “Ma come, non voi italiani non mi fate questa domanda…e mi mandate uno svedese a farmela?” sbotta Andreas sorridendo.

Risata generale mentre il collega svedese, ignaro, si guarda attorno fra il perplesso e lo stupito. Che avrà mai detto Seppi? Lo tranquillizzo: “Te lo diciamo dopo, se vuoi, ma non ti preoccupare”.

Dopo l’attimo di sconcerto Seppi, stanato a sorpresa da un …”nemico” imprevisto sorprende tutti a sua volta: “Non lo so…_ (Ma come non lo so? Ma non avevi preso un anno sabbatico di riflessione?) _ ...devo parlare con Barazzutti. Sentirò cosa mi dice…”.

Apriti cielo, alea iacta est, il dado è tratto. Bastava meno per invitare le lepri (noi) a correre.

Se ascoltate l‘audio sentirete tutto, per filo e per segno, come anche in altri due audio odierno che ritengo straordinariamente istruttivi (fra i migliori registrati negli ultimi tempi), quello di Sara Errani per un motivo, quello di Flavia Pennetta per un altro. Non perdeteveli.

Finchè Seppi butta lì che c’è… un cinque per cento che possa tornare sulla propria decisione di febbraio-marzo e presentarsi in Svezia. Dal batti e ribatti successivo si capirà che:

a) Seppi sa bene che con questa FIT bisogna fare i patti chiari (“Se in passato mi avessero dimostrato una diversa disponibilità, come quando ero uscito dai primi 100 per la prima volta un paio d’anni fa e avevo gli ultimi 3 tornei in cui potevo fare punti …avevo chiesto di essere esentato da una convocazione e non ci fu nessuna apertura…” Andreas lo dice in risposta ad una mia domanda: “Magari se Barazzutti ti avesse esentato dall’inutile primo turno contro la Bielorussia, ma chiedendoti di dare la tua disponibilità per il match con l’Olanda o addirittura per l’eventuale successivo di spareggio, forse non ti saresti impuntato…”).

b) Ma la sensazione che mi lascia ritenere che Seppi finirà per andare in Svezia (dove si spera che _ se giocherà _ giochi meglio che negli ultimi tre set con Granollers) si è materializzata nel finale della sua conferenza stampa.

Cioè quando Andreas ha detto (sempre “imboccato” da una mia domanda, suggeritami anche dal recente atteggiamento di Fognini che, “divorziato” dall’entrenador Serrano, sta per andare anche lui a Tirrenia come la Schiavone…costa meno, paga la FIT, ci sono altri servizi, qualche buon sparring-partner, perché non approfittarne?): “Quest’anno sono rimasto a casa in inverno, anche perché avevo male al ginocchio, ma l’anno prossimo da qualche parte voglio andare. O a Montecarlo…o anche Tirrenia potrebbe essere una soluzione. Ci sono altri giocatori con cui allenarsi…”.

Eppoi, ma Seppi non l’ha detto in questa circostanza, forse non si dovrebbe dimenticare neppure che Giulia Sartori, 11 anni, la promettente figlia del suo coach Massimo Sartori…chissà, magari potrebbe trovare più facilmente spazio anche lei a Tirrenia. Mica si possono separare coach e giocatore da sempre insieme. Né si può pretendere che Sartori si separi dalla propria famiglia (non ci pensa nemmeno, vi è legatissimo).

E qualcuno ricorderà che Seppi, all’epoca del suo no alla Davis 2010, accettò di sottoporsi ad un autentico e inutile tour de force per presentarsi alla convocazione pretesa dalla dirigenza FIT (diciamo Binaghi più che Barazzutti) a Castellaneta…non senza aver dichiarato apertamente che non poteva fare diversamente per non esporre il proprio circolo di Caldaro, la propria squadra, i propri cari (fra i quali certamente vanno compresi i Sartori al completo) ad eventuali sanzioni punitive. Previste da statuti machiavellicamente architettati da chi le studia tutte per tenere tutti sotto tiro. Ingiusti? Forse, anzi probabilmente. Ma altrimenti il potere a che serve se non ci si mette nelle condizioni di esercitarlo?

Ok, mi accorgo che mi sono dilungato troppo. Su internet, sul web, non si dovrebbe. Così sintetizzo in poche righe la mia profonda ammirazione per Sara Errani, l’unica ragazza sulle orme _ pur distaccata e in classifica e in potenziale _ delle due star veterane Schiavone e Pennetta.

Ha dominato, giocando con grande intelligenza una Kleybanova abbastanza sciupona, ma facendo tutte le cose tatticamente più giuste (“palle alte e liftate per cacciarla lontana e poi poterla muovere più facilmente”) e smentendo sul campo quanto aveva appena affermato Potito Starace “La tattica? Conta poco o nulla. Quando uno serve come serve Almagro, due aces a game negli ultimi due set, c’è poco da fare. E quando servo io anche: se entra la battuta e il dritto bene, faccio il mio gioco, sennò…” e così parlando allargava le braccia.

Certo _ e ribadisco, la sua intervista in audio vale oro: dovrebbero ascoltarla soprattutto tutti quei genitori che puntano su figli futuri professionisti della racchetta _ il primo segreto dei successi di Sara, al terzo turno all’US open per il secondo anno di fila (un anno fa perse dalla Wickmayer rivelazione poi giunta in semifinale), non è l’acume tattico, non è il fisico, non è il tennis, non sono i colpi (e del suo servizio…beh lasciamo stare).

E’ la grinta davvero straordinaria di una ragazzina che voleva davvero arrivare a tutti i costi, fin da quando aveva quattro, cinque, sei anni. Con due genitori che hanno creduto nelle sue possibilità come lei (di più?) e l’hanno aiutata economicamente e con la loro disponibilità come ben pochi altri genitori farebbero. Osservazione banale? Leggete qui di seguito: dagli 8 agli 11 anni Saretta da Massalombarda andava quasi tutti i giorni a Faenza, accompagnata da mamma Fulvia quando non anche da papà Giorgio, per allenarsi con i maestri Casadei e Montalbini. A 12 lei si presenta da Bollettieri in Florida, sola soletta, senza spiccicare una parola d’inglese, senza papà né mamma che assai saltuariamente la vengono a trovare. Piange, soffre di solitudine, è una bambina di 12 anni, ma non molla.

Torna in Italia e sta due anni a Faenza. Poi un anno a Lugo. (Sembra tutto vicino, ma quelli che si lamentano perché c’è traffico per arrivare al circolo della propria città?). Chi li accompagna fa quattro viaggi al giorno. La porta, se ne va, ritorna a prenderla, la riporta a casa. Genitori santi. E benestanti _ il padre commerciante di frutta crede in lei…anche se non è venuta tanto alta, un metro e 64 scarsi con un baricentro un tantino basso. Poi un anno a Forlì, da Casadei e Pambianco. Non basta: si va in Spagna, un anno da Bruguera a Barcellona. Prima di approdare a Valencia, dove si allena da 6 anni a Val, stessa Accademia frequentata da Ferrer, Andreev e la sua girlfriend Kirilenko, a suo tempo Safin….

Beh, avete un’idea di che volontà ci voglia, di quante rinunce abbia fatto Saretta pur di arrivare dove è oggi? Quanti ragazzi italiani (e quanti genitori) si sarebbero sottoposti a tali forche caudine (senza garanzie di successo, investendo per 10-12 anni senza sapere se ci sarebbe mai stato un ritorno economico e di soddisfazione) come ha fatto Sara?

La risposta è nei risultati ottenuti dai nostri tennisti in calzoncini. Nessuno. E non caviamocela con la ritrita banalità di un circuito femminile più facile. I ragazzi italiani sono mai andati ad allenarsi all’estero? Hanno mai fatto le scelte dolorose, sofferte, di Flavia, Francesca, Sara? Si sono mai impegnati allo stesso modo, facendo gli stessi sacrifici? Sono mai riusciti a restare a lungo al top del loro best ranking (accarezzato per qualche mese o poco più nel migliore dei casi) come accade da anni ormai per Flavia, Francesca, Sara? Le risposte a questi interrogativi voi lettori di Ubitennis (ancor prima di sentire gli audio di Francesca che parla di consapevolezza, di Sara che parla di responsabilità, di Flavia che parla di impegno) le conoscete meglio di me e come loro. E allora ci si deve ancora sorprendere se da anni la situazione è quella che è? Io, ormai, sono troppo vecchio per sorprendermi ancora. E lo dico, badate bene, senza con questo voler tirare la zappa addosso a Fabio, Potito e Andreas che mi sono simpatici e sono bravissimi ragazzi che hanno faticato anche loro per arrivare dove sono arrivati (e dove tanti altri, non dimentichiamolo mai, invece arrivati non sono). Solo che fra le nostre ragazze e i nostri ragazzi ci sono e restano quelle sostanziali differenze che sono sotto gli occhi di tutti. Come i risultati.

Ubaldo Scanagatta

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker