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13/09/2010 20:40 CEST - STORIA DEL TENNIS

Lunedì, un giorno da finale

Da Federer Del Potro degli Us Open 2009 fino a Edberg/Becker atto I, passando per Murray e la resurrezione londinese di Goran Ivanisevic: breve quadro delle finali di Slam posticipate che hanno fatto la storia. Christian Turba

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Goran Ivanisevic e Pat Rafter
Goran Ivanisevic e Pat Rafter

La finale maschile che prenderà il via tra qualche ora, in ritardo di un giorno sul programma ufficiale, non rappresenta certo un’eccezione nel contesto dei tornei del Grande Slam: la storia, infatti, conta un certo numero di finali disputatesi o terminate uil lunedì. Ricercarle tutte dal XIX secolo fino ai giorni nostri sarebbe impossibile, senza l’aiuto di una memoria tommasiano-clericiana o degli strumenti bibliografici adeguati. Ci limiteremo, quindi, a ricordare alcune tra le più recenti e più memorabili.

Diciamo innanzitutto che, con il rinvio di Nadal-Djokovic, per il 3° anno consecutivo gli Us Open vedranno il loro epilogo nella giornata di lunedì: Giove Pluvio, ormai, sta diventando un accompagnatore fedele dell’ultimo Slam stagionale.

Nel 2008, il capo degli dei fece la prima frittata grazie alla collaborazione attiva dell’assurda programmazione decisa dagli organizzatori. Per esigenze televisive, infatti, le due semifinali maschili del SuperSaturday vennero programmate a un’ora e mezzo di distanza l’una dall’altra, e per di più su campi diversi: così, mentre Federer –sceso in campo alle 11 ora locale- svolse alla perfezione il suo compito battendo Djokovic in quattro set, Nadal e Murray videro il loro match (iniziato alle 12.30 americane) stoppato dall’arrivo della pioggia, che imperversò per tutto il pomeriggio e la sera nei dintorni di Flushing Meadows. Al rientro in campo lo scozzese, in vantaggio di due set ma sotto di un break nel terzo al momento dell’interruzione, riuscì a sconfiggere il mancino di Manacor in quattro parziali, ma dovette spendere tante energie: così, il giorno seguente, il “Vampiro” si presentò spompo alla sua prima finale di Slam e venne sconfitto per 6-2 7-5 6-2 da un Federer che, va detto, meritò comunque la vittoria e sorprese tutti coloro che lo davano per finito dopo la deludente estate americana.

L’anno scorso, invece, il maltempo imperversò tra giovedì 10 settembre e venerdì 11 settembre, influendo in particolar modo sull’esito della sfida tra Rafa Nadal e Fernando Gonzalez, che si protrasse fino a sabato 12 e causò l’ovvio spostamento delle semifinali maschili a domenica 13 e della finale a lunedì 14. A differenza dell’anno precedente, i due finalisti si presentarono entrambi all’atto conclusivo con un giorno di riposo (come da programma). “Palito” Del Potro, che in semifinale aveva letteralmente “demolito” Nadal a suon di accelerazioni da fondocampo, sembrò inizialmente pagare l’emozione della prima finale di Slam e si trovò sotto 6-3 5-2 e servizio Federer: inaspettatamente, però, lo svizzero ebbe un calo di concentrazione, di cui l’argentino approfittò mettendo a segno un paio di colpi spettacolari e portando il set al tie-break, vinto per 7 a 5. In vantaggio di un break all’inizio dei due successivi parziali, il 22enne di Tandil si fece però recuperare il vantaggio in entrambi i casi, tanto che l’elvetico, sul 5-4 in suo favore nel quarto set, si trovò a due punti dalla conquista del suo 6° Us Open consecutivo. Con grande freddezza, Del Potro non si scompose e portò nuovamente il set al “Sudden Death”, vincendolo e dominando poi, nel parziale decisivo, su un Federer ormai a corto di energie: nella storia recente, questo è stato sicuramente uno degli esiti maggiormente imprevisti di una finale di Slam.

Curiosamente, prima del 2008, l’ultima finale dello Slam newyorkese disputatasi di lunedì risaliva al 1987: in quell’occasione, il numero 1 e dominatore della stagione Ivan Lendl, perso il primo set al tie-break, riuscì a tenere a bada il più giovane e fresco Mats Wilander (che l’anno successivo avrebbe realizzato 3 quarti di Slam, prendendosi persino la rivincita sul ceco a Flushing Meadows) e, grazie ad un sonoro capotto nel secondo set, indirizzò la partita a suo favore, imponendosi col punteggio di 6-7 6-0 7-6 6-4 ottenendo il terzo ed ultimo trionfo sui campi di Flushing Meadows.

Ma il regno vero e proprio delle finali Slam giocate di lunedì, più per importanza dei match che per quantità, resta Wimbledon: il Centre Court londinese, più sottoposto alle piogge, per ubicazione geografica, dei campi centrali di Melbourne, Parigi e New York, ha infatti ospitato di lunedì 2 finali per certi versi “storiche”.

Qui, nel 1988, si giocò la prima delle tre finali che consecutivamente avrebbero visto fronteggiarsi Stefan Edberg e Boris Becker. I due grandi scesero inizialmente in campo la domenica pomeriggio, ma dopo ben 4 ore e mezzo di attesa: Bum Bum, dato come favorito dai bookmaker in virtù dei suoi 2 titoli già conquistati sull’erba londinese e dell’unico set perso, fino a quel momento, nel corso del torneo, si fece brekkare al primo turno di servizio e salvò una palla dello 0-4. La pioggia, però, fermò subito la contesa e rimandò il verdetto al giorno successivo. Al rientro il campo, il teutonico superò meglio dell’avversario le difficoltà create dall’obbligo di servire a freddo e, ribaltando tutto, in breve si portò sul 5-3, fallendo anche una palla del doppio break. A questo punto, però, Giove Pluvio decise ancora una volta di giocare uno scherzo ai contendenti e interruppe il gioco per un’ulteriore ora e quaranta minuti. Stavolta, Stefanello uscì più caricato dagli spogliatoi e, pur perdendo rapidamente il primo set, iniziò a mettere pressione al suo sfidante con le continue discese a rete, sino ad annientarlo nel tie-break del secondo set. Da quel momento, l’esito della partita prese chiaramente la via della Svezia ed Edberg, molto più a suo agio ed efficace sull’erba umida, rispetto a un Becker nervoso e vittima di molteplici scivolate, vinse con tranquillità i due set successivi, sollevando così il suo primo trofeo dei Championships.

Dopo edizioni segnate dalla pioggia costante, ma sempre conclusesi nei tempi previsti, il 2001 regalò un altro verdetto posticipato, in virtù dell’acquazzone che posticipò la finale femminile dal sabato alla domenica… a giocarsi la successione dell’eptacampione di Wimbledon Pete Sampras, quell’anno giunsero all’atto finale Goran Ivanisevic e Pat Rafter, due giocatori ancora a digiuno di vittorie nel tempio londinese: l’australiano, particolarmente adatto a questi campi in virtù del suo ottimo gioco di volo, aveva appena sconfitto André Agassi in un match tirato conclusosi 8-6 al quinto, mentre il tre volte finalista croato era sopravvissuto, proprio con l’aiuto determinante della pioggia, ad una semifinale che lo vedeva soccombere 2 set a 1 a un altro “perdente di successo”, il padrone di casa “Timbledon” Henman.

Non doveva nemmeno essere presente a quel torneo, Goran: sconfitto al primo turno del Queen’s dal nostro Caratti, l’ex numero 2 mondiale era in quel momento scivolato alla 125esima posizione e, privo di possibilità di accedere direttamente al tabellone principale, sembrava destinato a restare il più grande “choker” della storia dei Championships. Per sua fortuna, gli organizzatori furono benevoli con lui e gli concessero una wildcard: evidentemente in debito di riconoscenza, l’atleta balcanico ritrovò di colpo servizio e atleticità dei giorni migliori, e collezionò uno dietro l’altro gli scalpi di Moya, Roddick, Rusedski, Safin e appunto Henman. Giunto in finale, il croato non riuscì a sopravanzare definitivamente un Rafter in palla e, al quinto set, vide addirittura l’australiano trovarsi a due punti dal match: pensando probabilmente alla finale di 9 anni prima, in cui consegnò la vittoria ad Agassi con 2 doppi falli e 2 errori sul 4-5 del quinto set, l’allora trentenne di Spalato ebbe un’impennata di orgoglio e, sventato il pericolo, operò il break decisivo nel 15°gioco. Fedele alla sua nomea di giocatore pazzo, Ivanisevic attentò una volta di più al cuore dei suoi tifosi e del padre Srdjan presente in tribuna, sprecando 2 match point con altrettanti doppi falli, ma finalmente riuscì a sollevare l’agognato trofeo grazie ad una risposta gettata in rete da Rafter, facendo esplodere il boato di gioia del numerosissimo pubblico croato presente quel giorno sul Centrale ed ottenendo il record di essere la prima wild card ad aggiudicarsi un torneo dello Slam.

Come possiamo dunque vedere, le finali Slam giocate di lunedì riservano spesso partite emozionanti e con esiti sorprendenti: chissà che Nadal-Djokovic non perpetui questa tradizione..
 

Christian Turba

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker