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15/09/2010 19:37 CEST - rassegna internazionale

Un giocatore per tutte le superfici

Christopher Clarey, New York Times - trad. a cura di Francesca Sarzetto

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Su tutti i campi da tennis del pianeta - che siano in terra battuta, erba o l'acrilico foderato blu dell'Open degli Stati Uniti - Rafael Nadal ha risposto a tutte le domande. Ma dopo la fine di tutti gli incontri di New York e il completamento del Grande Slam di carriera per Nadal, martedì le domande continuano ad arrivare.

Sono arrivate nei programmi televisivi del mattino, quando Nadal, dopo una cena a notte fonda e tre ore di sonno, si è trascinato fuori dal letto e ha fatto il tour diventato tradizionale. Sono arrivate a Niketown sulla 57esima Strada da fan che indossavano magliette con scritto "Vamos Rafa" e da John McEnroe, che ha fatto il mastro cerimoniere per un'intervista da quel tempio del consumismo sportivo. Sono arrivate dai giornalisti spagnoli che si erano scritti liste di domande sui loro blocchetti degli appunti prima di incontrare l'atleta che è diventato uno dei simboli (e delle consolazioni) della Spagna moderna.

E alla fine, appena prima di un pranzo veloce e della corsa di Nadal in aeroporto per volare a casa, le domande sono giunte dentro un furgone che sfrecciava davanti ai negozi di Manhattan, con Nadal allungato sul suo sedile, con l'aria più sfinita di quanto fosse mai sembrato lunedì nella sua vittoria in quattro set su Novak Djokovic.

"Questo è il quinto set" ha scherzato in spagnolo, riuscendo a sorridere. "Tu sei l'ultimo."

Ma il riposo arriverà presto per Nadal, e sarà un riposo libero da rimpianti. A ventiquattro anni, è il settimo nella storia ad aver vinto tutti i titoli dello Slam. Ha vinto il Roland Garros cinque volte, Wimbledon due, una in Australia e ora anche a New York.

Gli altri membri di questo club sono Fred Perry, Don Budge, Roy Emerson, Rod Laver, Andre Agassi e Roger Federer. Ma forse è definito ancora meglio da tutti i grandi che non ne fanno parte, tra cui Lew Hoad, Ken Rosewall, Jimmy Connors, Bjorn Borg e Pete Sampras, che non è neanche mai arrivato alla finale a Parigi.

Nadal si è aggiunto ad Agassi, che era l'unico uomo ad aver vinto i quattro Slam, la Coppa Davis e l'oro olimpico. Il fatto che Rafa sia riuscito a mettere il suo nome su tutti gli albi d'oro in un'epoca che sembrava appartenere solo a Federer rende ancora più impressionanti i suoi risultati. All'inizio della carriera di Nadal, il suo gioco e la sua inclinazione gli davano un vantaggio naturale solo sulla terra, ma ha avuto abbastanza talento, abbastanza apertura mentale e abbastanza motivazione per modificare le sue tattiche, e anche la sua tecnica, per recuperare lo svantaggio sulle altre superfici.

La vittoria di lunedì, basata su servizi potenti, difesa soffocante e grandi variazioni di ritmo e rotazioni, è stata solo l'ultima conferma delle sue capacità acquisite sul cemento. Aveva vinto le Olimpiadi nel 2008 su una superficie quasi identica a Pechino, e l'Australian Open 2009 su una superficie molto simile, fatta dalla stessa ditta che fornisce i campi di Flushing Meadows.

"Quello che conta di più quando giochi una finale è la vittoria, ma quello che ti dà davvero un'enorme soddisfazione personale è la sensazione di essere un giocatore migliore, perché quello è il vero prodotto del lavoro di ogni giorno" ha detto Nadal. "Che tu vinca o perda in un certo match può dipendere da piccole cose che a volte sono oltre il tuo controllo, ma sentire di essere davvero migliorato come giocatore quando scendi in campo e sapere che è il frutto di tutto il tuo lavoro di molti anni è una grande soddisfazione.

"C'è così tanta competizione al momento, ed è chiaro che o migliori o sei morto. E penso che il motivo per cui sono migliorato è che se non l'avessi fatto non sarei qui adesso a parlare della mia vittoria all'Open degli Stati Uniti. Dovevo farlo."

McEnroe, che non ha mai vinto né il Roland Garros né l'Australian Open, ha detto martedì "Non ho mai visto nessuno così bravo in partenza riuscire a migliorarsi così tanto".

Ma c'era anche più di questo. Poco più di un anno fa, dopo che Nadal era stato sovrastato da Robin Soderling nel quarto turno del Roland Garros e ha dovuto saltare Wimbledon per i problemi alle ginocchia, la sua capacità di dominare di nuovo era in forte dubbio. C'era anche il divorzio dei suoi genitori da digerire. Poi è arrivato gennaio, quando Nadal si è ritirato nei quarti dell'Australian Open contro Andy Murray per ulteriori problemi alle ginocchia.

Otto mesi dopo, è solo al comando, campione in carica di tre Slam e sicuro di finire l'anno al n.1.

"La gente vede le vittorie, non gli ostacoli", dice lo zio Toni Nadal, suo allenatore fin dall'inizio. "Tutti affrontano degli ostacoli, ma Rafa ha avuto i problemi alle ginocchia, problemi personali e fisici l'anno scorso. Penso che tutto questo renda la vittoria ancora più dolce adesso. Rafa ha un approccio molto importante, cioè anche se le cose non arrivano subito, lui continua a credere che un giorno arriveranno, ed è pronto a continuare a provare finché non succede".

Il suo progresso non si è limitato al tennis. E' venuto per la prima volta a New York nel maggio 2001 con la sua famiglia. Per una settimana, ha visitato la città, e anche il World Trade Center, nell'anonimato, parlando solo poche parole d'inglese.

Nove anni dopo, durante il torneo di quest'anno, ha espresso in inglese la sua solidarietà alle vittime dell'Undici Settembre alla folla dell'Arthur Ashe Stadium. E martedì, dopo uno scambio di complimenti con John McEnroe, è sceso in strada con il suo team, ed è stato accerchiato da dozzine di persone che lo hanno subito riconosciuto, urlavano "Rafa" e sgomitavano per una foto.

"Le cose cambiano nella vita" ha detto poi Nadal. "Ma ovviamente mi sento molto più a casa a New York che nel 2001".

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker