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12/10/2010 11:55 CEST - APPROFONDIMENTI

Maria,
dove sei?

TENNIS - Dopo l'infortunio patito nel 2008 Maria Sharapova pare avere smarrito la strada. Nel 2010 soltanto 13 tornei giocati, un mare di doppi falli e nessun grande titolo vinto. Di pochi giorni fa l'annuncio che salterà la Kremlin Cup, per tornare in campo solo nel 2011. Tornerà la campionessa che è stata? Il tennis femminile avrebbe un gran bisogno di lei. Roberto Paterlini

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Maria Sharapova appartiene a quella categoria di giocatrici che non hanno né il rovescio di Justine Henin, né il dritto della Graf, né la supremazia fisica (quando stanno bene) delle sorelle Williams, eppure sono delle campionesse. Intendiamoci, la russa ha un ottimo dritto, un gran rovescio e un fisico perfetto per il tennis - o perfetto e basta, direte voi - ma soprattutto negli ultimi tempi, complici i guai alla spalla e il nuovo movimento a cui si è costretta per eseguire quello che era il suo miglior colpo, vale a dire il servizio, un solo, fondamentale, aspetto è rimasto a distinguerla da (quasi) tutte le altre: la testa. Il coraggio, la determinazione e la forza mentale sono caratteristiche che - ci insegnano i saggi - non si possono insegnare. O le hai o non le hai. Sin dalla nascita, e non c’è mai stato dubbio che Maria le possedesse. Fu grazie a queste qualità che la siberiana vinse, appena diciassettenne, il torneo di Wimbledon nel 2004, battendo Lindsay Davenport - approfittando, come una vera veterana, di un’interruzione per pioggia quando l’americana conduceva 6-2, 3-1 - per poi sconfiggere in finale Serena e determinare quella che Liz Clarke sul Washington Post del giorno dopo definì “la più sconvolgente sorpresa della storia del tennis”.
 

Sempre la testa, quello stesso anno, la portò addirittura a vincere il Masters di fine stagione, recuperando uno svantaggio di 0-4 di nuovo alla più giovane delle Williams (va ricordato, infortunata) in finale. Nel 2005 fu sconfitta nei tornei del grande Slam solo da quelle giocatrici che poi si portarono a casa il titolo (Serena, Henin, Venus, Clijsters), ma ciononostante riuscì ad issarsi per la prima volta in vetta alla classifica, il 22 di Agosto, sia pure per una sola settimana. Fu nel 2006 che il fisico le presentò il primo, ancor esiguo, conto, quando un infortunio alla caviglia la costrinse a saltare tutta la stagione su terra battuta ed a presentarsi fuori condizione al Roland Garros. Raggiunse comunque la sua terza semifinale consecutiva a Wimbledon, e nell’estate conquistò il secondo torneo del Grande Slam della sua ancor giovane carriera, battendo Amelie Mauresmo e Justine Henin - ai tempi n°1 e n°2 - per vincere lo US Open. Dopo aver riconquistato il primato in classifica ad inizio 2007, Maria fu di nuovo costretta a saltare la stagione su terra battuta, per la prima volta, ufficialmente, a causa di un infortunio alla spalla, raggiunse tuttavia il suo miglior piazzamento al Roland Garros - semifinale, persa con Ivanovic - ma da quel momento soffrì le più premature sconfitte a Wimbledon e allo US Open da quando era diventata una campionessa: 4° turno ai Championships (ma contro Venus, poi vincitrice del torneo), e soprattutto 3° turno a Flushing Meadows (A. Radwanska). Fuori di nuovo per un altro paio di mesi, si presentò in grande forma al Masters - poté partecipare solo grazie al ritiro di Venus, - dove raggiunse la finale perdendo da Henin una delle partite più belle che si ricordino - 5-7, 7-5, 6-3 in 3 ore e 24 minuti - e sullo slancio di quel risultato vinse a Gennaio dell’anno successivo il suo terzo, e ad oggi ultimo, torneo del Grande Slam, senza perdere nemmeno un set e polverizzando lungo il cammino Davenport, Henin e Ivanovic.
 

Nell’agosto di quell’anno, dopo che una serie di risultati altalenanti avevano caratterizzato la sua stagione, Maria si ritirò dal torneo di Toronto per uno strappo alla cuffia dei rotatori della spalla, che apparentemente si era procurata addirittura ad Aprile. Questo fu L’INFORTUNIO, non solo con la prima ma con tutte le lettere maiuscole, che la costrinse a saltare il resto della stagione 2008 ed a farsi operare nell’Ottobre di quell’anno. Maria non poté difendere il suo titolo all’Australian Open e soltanto a Maggio dell’anno successivo riuscì a rientrare per il suo primo incontro di singolare, al torneo di Varsavia, ormai precipitata al numero 126 della classifica.
 

Senza troppe aspettative, con la consapevolezza che le ci sarebbe voluto del tempo per ritornare al suo abituale livello, la siberiana giocò una discreta seconda parte di 2009, vincendo il Tier I di Tokio e facendo finale all’Open del Canada, chiudendo la stagione ad un più che dignitoso 14° posto; pronta a riprendersi la propria poltrona tra le prime 5 in questa stagione… ma qualcosa deve essere andato storto.
 

Attraverso il suo portavoce, Masha ha fatto sapere che la sconfitta dell’altro giorno a Pechino contro la connazionale Elena Vesnina sarà l’ultima del suo 2010, salterà il torneo di casa a Mosca e riprenderà a frequentare il circuito WTA dal Gennaio del 2011. Nonostante due titoli minori, a Memphis e Strasburgo, la vera Maria quest’anno si è vista davvero poco, e non solo perché ha centellinato le sue presenze (13 tornei), ma perché in poche occasioni è parsa somigliare alla giocatrice straordinaria che aveva calcato i campi sino al 2008. In una partita soltanto, o in particolare, si è riconosciuta la Sharapova di qualche anno fa: negli ottavi di finale a Wimbledon contro la miglior Serena Williams. Maria ha perso, ma è stata l’unica ad arrivare a set point contro l’americana nei quindici giorni londinesi, e di là dalla sconfitta o del punteggio, è stata la sola in grado di reggere la competizione a partire dall’atteggiamento e dalla personalità in campo, giocando a testa alta, come una campionessa che affronta un’altra campionessa.
 

Correndo il rischio di essere semplicistico, credo che il suo più grande problema sia diventato il servizio, il quale, pur avendo ritrovato la velocità - ha battuto una prima a 195 Km/h al torneo di Birmingham, suo record assoluto - e quasi tutti gli ace del passato - è decima nella classifica stagionale, con 164 ace in 41 partite - ha drammaticamente perso in continuità, e la vede troppo spesso incappare in serie di doppi falli che non le permettono di giocare con la tranquillità di un tempo e compromettono anche altri aspetti del suo tennis. La WTA non tiene una statistica annuale riguardo ai doppi falli, tuttavia basta fare mente locale - ovvero sfogliare un po’ di articoli sulla rete - per trovare gli 11 doppi errori della partita di primo turno persa contro Maria Kirilenko all’Australian Open, i 13 contro Jie Zheng ad Indian Wells, gli 11 contro Kimiko Date a Tokio la scorsa settimana, o i 7 (in appena due set) contro Elena Vesnina a Pechino qualche giorno fa. Durante l'ottavo di finale contro Caroline Wozniacki allo US Open, sotto 1-2 nel primo set, ma avanti 40-30 sul proprio servizio, Maria ha servito ben tre - anche in questo caso, forse, servirebbero tutte lettere maiuscole, e magari pure il grassetto - doppi falli consecutivi, subendo il break ma soprattutto palesando quella debolezza e quella fragilità che certo nessuno avrebbe mai pensato di attribuirle un tempo. “Dopo lo US open non ho potuto allenarmi quanto avrei voluto” ha dichiarato la russa a Pechino, facendo forse intendere un nuovo infortunio non reso pubblico e probabilmente non superato, vista ancora la decisione di saltare la Kremlin Cup. Tuttavia ha poi aggiunto, a testimonianza del suo atteggiamento: “Nella mia carriera ho vinto e perso molto partite, devo solo rimettermi in sesto e guardare avanti”
 

Certe qualità. dicevamo, non si possono insegnare. Resterebbe da capire se le si possano smarrire, oppure se, nonostante le difficoltà, gli infortuni e i doppi falli, siano sempre lì, pronte a riaffiorare. Fa un certo effetto ricordare che, nonostante tutto questo peregrinare, Maria abbia solo 23 anni, e fa piacere pensare che le resti ancora tanto tempo per tornare se stessa. Se il tennis ci ha insegnato qualcosa, anche quest’anno, è che i veri campioni sanno rinascere dalle loro ceneri, e quella partita a Wimbledon fa almeno sperare che anche per Sharapova possa essere così. Con Venus - pare - presto fuori, Serena e Clijsters a mezzo servizio ed una Henin ancora tutta da verificare, il tennis femminile ha ancora bisogno di lei. Che il corpo la assista.

Roberto Paterlini

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker