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19/10/2010 13:44 CEST - WTA UNIVERSE

L'arma in più della nuova Ivanovic

TENNIS - Scatta una rubrica settimanale dedicata all’Universo Wta. Il 1° appuntamento è dedicato ad Ana Ivanovic, ex numero 1 del mondo che torna al successo in un torneo dopo 2 anni decisamente travagliati. Tra cambi di coach e fidanzati, la bella serba era franata al numero 70 WTA. A Linz ha ripreso a martellare con il suo dritto bum-bum e si è aggiudicata il torneo, battendo in finale Patty Schnyder: il segreto della rinascita? Finalmente c'è una donna nel suo staff... Elisa Piva

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Cari lettori e lettrici di Ubitennis, con questo primo articolo vi presento ufficialmente una nuova rubrica dedicata – e come poteva essere altrimenti – all'universo del tennis femminile.
Ogni martedì vi parlerò di un personaggio, un fatto curioso, un evento storico o semplicemente un episodio che mi ha particolarmente colpito. Un angolo dove gli appassionati del tennis in gonnella potranno “rifugiarsi” e discutere del tema della settimana, e magari proporre altri argomenti che vorrebbero veder trattato. Ma l'invito è ovviamente esteso anche ai più diffidenti perché, come si dice “mai dire mai”, magari potrebbero riscoprirsi segretamente amanti della Wta...

Non possiamo che partire salutando il ritorno alla vittoria di Ana Ivanovic. Gli esteti del bel tennis magari non esulteranno come al rientro di Jusine Henin, ma gli esteti e basta probabilmente sì. Ventiquattro mesi, tanto è durato il digiuno della bella serba, il cui ultimo successo risale proprio al torneo di Linz del 2008. In mezzo, un periodo nero, tra crisi di gioco, amorose e tanti piccoli infortuni.

In realtà, anche 2 anni fa il trionfo in terra austriaca era stato accolto come un sollievo. Pochi mesi prima aveva raggiunto il n°1 del mondo e vinto il Roland Garros, per poi vivere un'estate/autunno non all'altezza della sua classifica. Il titolo di Linz, dunque, aveva fatto credere che il peggio fosse passato. Invece era solo l'inizio di un incubo, fatto di delusioni, di tensioni, di frustrazioni. Un periodo di tennis stentato, di dritti con il freno a mano tirato, di rovesci steccati, di lanci di palla sballati. Di false speranze, come la semifinale di Roma di quest’anno, di piccole risalite frenate da lievi ma fastidiosi infortuni: prima il pollice a Montréal nel 2008, poi la caviglia a Dubai 2009, poi il ginocchio a Madrid 2009, l'adduttore a Wimbledon 2009, infine il piede a Cincinnati quest’anno.
Ma il punto più basso, anche moralmente, Ana l’ha toccato quando ha perso entrambi i singolari di Fed Cup contro la Russia, condannando di fatto la Serbia allo spareggio.

Ana ha cambiato tante cose per tentare di risalire la china, compresi 3 allenatori: Craig Kardon, il ritorno a Sven Groeneveld, e Heinz Gunthardt. L'intesa con lo svizzero non è arrivata da subito, ma lui ha tenuto duro, perché qualcosa in Ana gli diceva che non era una partita persa. I risultati stentavano ad arrivare, ma l'ex tecnico di Steffi Graf aveva capito dove stava l'inghippo: bisognava lavorare soprattutto sulla mentalità. Doveva scattare qualcosa nella testa della serba, basta paura di vincere, basta colpi trattenuti, ma fino a Wimbledon nulla sembrava cambiare. Poi, sul cemento americano, ecco la svolta. I maligni diranno anche per la rottura con il fidanzato Adam Scott, in realtà Ana ha semplicemente iniziato a godersi di più la vita anche durante i tornei. La presenza della nuova preparatrice atletica, Marija Lojanica, ha contribuito ad un miglioramento fisico, ma non solo. Avendo sempre avuto allenatori uomini, il rapporto non andava oltre quello professionale, e durante i tornei il tempo in cui non stava in campo lo trascorreva in camera da sola. Invece con la Lojanica il rapporto va oltre il lavoro. Un'amica più che una allenatrice, una presenza femminile nell'entourage “che serviva”, dirà Ana, una con cui esce a cena e fa shopping.

La chiave sta proprio lì, una maggiore tranquillità dentro e fuori dal campo, dove è anche meno blindata. “L'avevo sempre vista inaccessibile – commenta Dinara Safina a Stanford – invece siamo uscite a prendere un drink, e ho scoperto che è una ragazza molto semplice”.
Fatto sta che da quel torneo, in campo, si è rivisto il dritto-cannonata che aveva fatto grande la Ivanovic, un lancio di palla finalmente più stabile – anche se non ancora perfetto – e qualche vittoria le hanno regalato sempre più fiducia nei propri mezzi per tornare a giocarsela con le migliori. Proprio come è accaduto a Pechino, dove ha ceduto solo alla neo numero 1 del mondo Wozniacki, ma senza sfigurare. E poi la liberazione a Linz dove si è anche conquistata il posto al master di Bali senza bisogno di una wild card, l'ennesima di questa stagione che l'ha vista scivolare fino alla 70esima posizione mondiale.

A lei va il merito di non aver mai mollato, di aver sempre creduto di poter tornare a certi livelli. E bravi anche quelli che non l'hanno 'abbandonata' nel momento di difficoltà. Non i parenti o gli amici – quelli si spera sempre che ti stiano accanto -, ma gli organizzatori di quei tornei che le hanno concesso una wild card. Hanno avuto ragione loro, quelli di Stanford, di San Diego, di Cincinnati, di Seoul, e soprattutto quelli di Linz. E ha avuto torto lui, Lapierrè, cocciuto direttore del torneo di Montreal che non ha voluto concederle la scorciatoia per 'manifesta inadeguatezza sul campo'.
Pensieri opposti per il direttore del torneo austriaco, che ha pensato proprio a lei, chiamandola in extremis dopo il forfait di Serena Williams. Lei l'ha ripagato al meglio per la fiducia, con la speranza che questa vittoria sia davvero una ripartenza. Certo, non è ancora la Ivanovic di fine 2007-inizio 2008, ma i suoi colpi migliori - dritto e servizio - sono tornati a funzionare. E nel 2011 non avrà praticamente punti da difendere nei tornei che contano.

Elisa Piva

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker