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22/10/2010 23:23 CEST - IL PARADOSSO

Una malattia al giorno leva il doping di torno

TENNIS _ Terrorizzati all'idea di risultare positivi a un controllo antidoping, molti giocatori preferiscono non curare determinate malattie piuttosto che rischiare. L'ultimo è stato Andy Murray: si spiegano anche così le sorprendenti sconfitte allo Us Open e Pechino. Il problema di fondo è la diversa "tolleranza" dei medicinali tra paese e paese. Danilo Princiotto


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“Ho preferito allungare un precario stato di salute piuttosto che rischiare di essere positivo a un test antidoping”. Una frase rapida, poche parole proferite dopo il primo turno di Shanghai, e le inspiegabili sconfitte che Murray aveva patito dallo Us Open in poi (contro Wawrinka e Ljubicic) forse assumono un valore leggermente diverso. Andy ha ammesso di aver avuto una tracheite, con “dolori importanti alla gola e lancinanti mal di testa”. Lo scozzese ha deciso di non prendersi troppi rischi per tentare la qualificazione alla Masters Cup (tra l’altro raggiunta poco dopo) soprattutto considerando che quest’ultimo dopo gli Us Open ha trascorso più di due settimane in Cina e, come molti incidenti del passato hanno dimostrato, sussiste un rischio molto alto nell’assumere medicinali in posti come questo.

Farmaci si, farmaci no

Analizzando il regolamento, l’ATP fornisce ad ogni giocatore una lista di tutte le sostanze proibite e dunque da evitare, tra cui vi sono anche rimedi regolari da adottare in caso di varie malattie (a quanto pare, poco efficaci). Questa stessa lista è data dai giocatori ai propri medici di fiducia, secondo quanto dice il portavoce dell’ATP: “I nostri fisioterapisti non sono autorizzati a dare ai giocatori nessun tipo di medicina; oltre ai medici di fiducia, solo il medico del torneo può fare questo e ovviamente lui sa cosa è permesso e cosa non lo è.” Ha dichiarato Nicola Arzani, in ATP da una vita. Ma Bill Norris, il fisioterapista più rispettato dell’ATP, con 40 anni di carriera sulle spalle: "Un farmaco consentito in un determinato paese potrebbe essere considerato in modo diverso in un’altra nazione, come per esempio la Cina. Murray ha fatto benissimo ad essere prudente”  Ma come? Possibile che i giocatori siano sottoposti ad un rischio così alto solo per una diversa interpretazione (o un mancato aggiornamento) della lista “nera” dei farmaci?

Meglio non rischiare

La regola è che solo e soltanto il giocatore è responsabile di ciò che assume, anche se il farmaco è stato prescritto da un medico. “Ci sono stati diversi casi di doping in Sud America, ed era chiaro, in alcune situazioni che i loro medici non sapevano cosa stavano davvero somministrando” ha continuato Norris. Alberto Mancini, ex giocatore e capitano della squadra argentina in coppa Davis è stato partecipe di un episodio abbastanza consueto nel circuito; dopo aver preso un aspirina per curare una banale influenza, un suo giocatore “ha trascorso diverse settimane con il terrore di risultare positivo all’antidoping”. Altri casi, abbastanza recenti in Argentina sono Canas e Puerta; “Non c’è dubbio che le squalifiche per doping abbiano distrutto in parte la loro carriera, forse o forse no, i due sono stati solo un po’ ingenui nell’assumere farmaci proibiti” è Richard Evans, giornalista e amico del nostro Ubaldo, ad esprimersi sul caso. Le occasioni di essere colpiti da serie malattie, viaggiando per il mondo e frequentando spogliatoi affollatissimi, è considerevole: la leggera forma di mononucleosi di Federer, quella più pesante del croato Ancic, adesso anche Roddick e infine Murray, per non parlare di molti altri casi di cui non siamo a conoscenza a causa della pluralità dei casi (sarebbe davvero impossibile!). Fermo restando che il tennis è e deve restare uno sport pulito, utilizzando anche regole ferree (a tal proposito è condivisibile il comportamento della Wada, soprattutto per ciò che riguarda le visite a sorpresa), i giocatori vanno aiutati, soprattutto quando sono in fase debilitante. Il fattore “paura” gioca un ruolo pericoloso e rischia di mettere a repentaglio intere carriere (Ancic docet) ancor prima che agisca la Wada. Occorrerebbe forse maggior dialogo tra i giocatori e l’ATP e anche una leggera dose di buon senso nel momento in cui il caso lo richiede. In Italia si è soliti dire “una mela al giorno toglie il medico di torno” ma in alcuni casi c’è bisogno di qualcosa in più che di una semplice mela.

Masters, biglietti a ruba. Parlando proprio di Andy Murray, ha contribuito in maniera consistente alla vendita dei biglietti nel Regno Unito. Infatti dopo il torneo di Shanghai le vendite per il Masters sono aumentate del 20%. “Questo dato ha sottolineato che il supporto per Murray tra i britannici è ancora molto sentito” ha dichiarato Edward Parkinson, direttore dell’azienda che si occupa dello smistamento dei biglietti “Tutti gli occhi saranno puntati su di lui e sono sicuro che riuscirà a chiudere l’anno nel migliore dei modi”. Le possibilità ci sono, le premesse anche.
 

Danilo Princiotto

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker