Italiano English Français
HOMEPAGE > > Rochus: "Doping? Liberalizziamolo!"

04/11/2010 19:25 CEST - IL CASO

Rochus: "Doping? Liberalizziamolo!"

TENNIS - Più rumore di così, il quasi pensionato Cristophe Rochus, non poteva fare. Sul sito dell’ATP non c'è traccia, ma l’intervista rilasciata dal belga che dieci anni fa ci spedì nella Serie B della Coppa Davis ha fatto molta sensazione. “Consentire l'uso del doping? Non sarei contrario. E comunque il problema esiste… ” Karim Nafea (e traduz. di Teo Gallo dell'intervista comparsa sull'Herald Sun)

| | condividi

Così si è pronunciato pochi giorni fa il nativo di Namur riguardo al problema doping. Attenzione: non è la semplice dichiarazione di un atleta che si sta per la prima volta togliendo il sassolino dalla scarpa. Rochus già una volta in passato aveva ricevuto dall’ATP una lettera d’ammonizione per essersi espresso senza peli sulla lingua riguardo allo stesso scottante argomento. Già, l’ATP, che sul tema doping non ha certo gradito le rivelazioni “postume” di Andre Agassi.
Ricorderete che nella sua autobiografia “Open” Andre ha raccontato della sua positività alle metanfetamine nel 1997, quando venne “pescato” dall’antidoping. Fu però graziato dalla stessa ATP, che preferì credere alla sua versione dei fatti e, di fatto, insabbiò la faccenda.

“Questa ipocrisia è esasperante” _ sbotta Rochus.

Oltre che dall’establishment spesso nei confronti dei grandi campioni _ ha detto  Rochus in un'intervista rilasciata a "Le Derniere Houre", quotidiano belga _ c’è anche un’eccessiva “comprensione” da parte degli appassionati e dei tifosi che tendono ad ignorare o quantomeno a sorvolare sulle “leggerezze” dei loro preferiti.
Il campione diventa, per l’appassionato, un semidio che può permettersi tutto. E che bisogno avrà mai un semidio di ricorrere ad un “trucco” tanto terreno quanto il doping?
Tornando a parlare di ATP, non si può parlare senza prove come ha fatto Rochus. Ciò anche se è indubbio che l’obiettivo primario del sindacato dei giocatori sia la tutela degli interessi dei proprii affiliati e lo sviluppo del Tour.
In quest’ottica il coinvolgimento di un top player in una vicenda di doping, cioè uno di quelli per cui gli spettatori / appassionati / tifosi fanno la fila alle biglietterie o pagano l’abbonamento alla televisione, creerebbe indiscutibilmente un gravissimo danno.
Questa situazione, in cui come ha spesso sottolineato il presidente dell’ITF Francesco Ricci Bitti, il “controllato” dovrebbe esercitare anche la funzione del controllore, può portare indiscutibilmente ad un conflitto di interessi. All’Associazione Giocatori non conviene davvero che un giocatore di nome sia coinvolto e tantomeno resti impelagato in brutte storie.

Rimanendo invece sul personaggio Rochus è singolare che sottolinei l’ipocrisia del sistema proprio uno che ha iniziato l’intervista dicendo che non avrebbe problemi ad accettare l’ipotesi di una legalizzazione di queste sostanze. Si ha la sensazione che il tennista belga creda che alcuni possano godere di una certa immunità ed altri invece, tra cui naturalmente luistesso, no. Però da qui a legalizzare alcune sostanze dopanti (certo nocive per la salute) il passo è piuttosto lungo. Ciò che lascia perplessi delle dichiarazioni di Rochus è che, più che dettate da un principio etico, paiono ispirate da un ragionamento del tipo “perché loro si ed io no?”
Nella sua intervista il belga ha fatto due nomi: quello della sua celebre connazionale Justine Henin e quello del già condannato per doping Guillermo Canas. Mentre riguardo alla prima le sue sono pure illazioni destituite di ogni fondamento (quali prove ha addotto?), e mi meraviglierebbe se la Henin non gli facesse causa, val la pena leggere quel che Rochus ha detto invece riguardo al caso Canas: “Sanno bene i rischi che ci sono nel prendere certe sostanze, ma lo fanno per poter dare sostentamento alle loro famiglie. Il caso di Canas per esempio, lui si è sacrificato per dare da vivere alle prossime generazioni della sua famiglia. La sua causa era quasi nobile.”

Ma cosa dice Christophe Rochus? E’ impazzito? Cosa dire allora dei giocatori provenienti da paesi sperduti, che girano il mondo inseguendo il loro sogno, e le cui famiglie si sono sacrificate per permettere loro anche solo di provarci? Loro non meritano di dare da vivere alle future generazioni?
Ciò che ha fatto Canas, ammesso che si sia realmente dopato (gli hanno trovato “solo” un diuretico, sostanza coprente che gli sarebbe stata prescritta dal medico del torneo di Acapulco), è stata una esplicita e premeditata violazione delle regole. E’ il tipico caso secondo cui il fine non giustifica i mezzi. E questo ragionamento svela l’errore di fondo fatto da Rochus: parlando delle distinzioni che si fanno all’interno dell’ATP (“loro si ed io no”) ne ha creata una ulteriore: se lo fai per vincere non va bene, ma se è per guadagnare soldi per la tua famiglia allora la tua causa è ”quasi nobile”. Fermo restando che ci sono modi leciti, non solo più nobili come dice Rochus, per guadagnare soldi per la tua famiglia, quel che dice Rochus è assolutamente inaccettabile.

Non ci sono prove di ciò che Rochus afferma per cui è difficile parlare con cognizione di causa. Ciò che è sicuro è che il Tennis e lo sport in generale sono diventati anche (se non soprattutto) business e per troppa gente, giocatori, allenatori, agenti, il doping è solo uno dei tanti mezzi per arrivare a far soldi.
E purtroppo anche quando non è business subentra l’accettazione di un sistema divenuto modello: tant’è che le sostanze dopanti dilagano anche in ambiti dilettantistici e amatoriali dove i soldi non ci sono.
Quest’ultima riflessione dovrebbe persuaderci che sparare a zero sull’establishment professionistico è un po’ come tirare colpi a casaccio. Per arginare il problema _ mission almost impossible _ si dovrebbe innanzitutto cambiare il tipo di approccio che si ha con il Tennis (e con lo sport). Lo sport non è solo competizione: è anche un’occasione di miglioramento, non solo risultati agonistici. Ma qui si rischia di scivolare nell’utopia. Chi fa agonismo non vuol sentire, non accetterà mai questo tipo di discorsi.

Christophe Rochus ha detto quello che pensava, ma non si è rivelato un maitre à penser. Ha fatto esplodere un petardo senza rendersi conto delle conseguenze e di quel che diceva. Se li sapeva che doveva fare dei nomi, dei fatti, supportandoli con delle prove.  Qui si che contano solo i fatti: senza prove è inutile anche solo discutere, perché non si può dare un seguito concreto alle proprie conclusioni. In ogni caso adesso non serve che aspettare una replica dell’ATP, a meno che (come è probabile) non si percorra, ancora una volta, la strada del riserbo. E poi di queste pseudodenuncie a fine carriera siamo tutti anche un po’ stufi. Troppo ipocrite, probabilmente troppe interessate.

Traduzione ( di Teo Gallo) dell’intervista di Cristophe Rochus sull’ Herald Sun, periodico australiano
http://www.heraldsun.com.au/sport/tennis/christophe-rochus-claims-endemic-doping-in-tennis/story-e6frfgao-1225945952303

 

 

Il Belga C. Rochus sostiene che il doping nel tennis è una realtà, secondo dichiarazioni esplosive che faranno discutere e sicuramente porteranno a una reazione dei vertici dell’Atp.
Il giornale belga “La Derniere Heure” aggiunge che il giocatore ha incautamente dichiarato di “non essere contrario” alla legalizzazione di sostanze che aumentano le prestazioni.
“ Molti giocatori imbrogliano. Il fatto è che alla gente non piace che se ne parli . Vorrei solo che si smettesse di fingere, c’è troppa ipocrisia.”
Rochus ha detto anche di aver ricevuto una lettera di avvertimento dalla Atp in relazione a dichiarazioni del passato e ha continuato spiegando di aver ricevuto fino a 15 tests all’anno durante 10 anni, ma ritiene che per i giocatori non sia per nulla difficile eludire i controlli.
“ Ho visto cose che hanno visto in tanti” ha chiosato senza andare oltre. Credo sia impossibile giocare 5 ore sotto il sole e tornare in campo il giorno dopo fresco come una rosa. Ricordo un match contro un giocatore di cui non diró il nome. Vinsi il primo set facilmente 61; lui andó al bagno e tornó trasformato- Era avanti 53 nel secondo set e quando recuperai fino al 55 vidi che sanguinava dal naso. Pensai che era davvero una cosa strana.
Alla domanda “Saresti favorevole a una legalizzazione delle sostanze cosidette dopanti” Rochus ha risposto di non essere contrario.
“ Quelli che prendono certe sostanze sanno i rischi che corrono ,ma lo fanno perché lo sport puó dar loro molti soldi, abbastanza da mantenere la famiglia per tutta la vita.
Rochus ha anche citato le voci secondo cui l’improvviso ritiro di Justine Henin nel 2008 fu in realtà dovuto ad una sospensione per doping; la Henin è tornata nel circuito 18 mesi dopo.
“ Ho sentito di queste voci. Quello che posso dire è che rimasi sorpreso dal suo ritiro senza motivi apparenti. Di solito giocatori di questo livello si congedano dal tour in altro modo, annunciando il ritiro con mesi di anticipo”.
Ricordiamo che Rochus fu al centro di una investigazione relativa ad un match a Rhode Island lo scorso luglio: nelle ore precedenti il suo match contro Bloomfield ( 522 della classifica Atp) ci furono movimenti sospetti sui siti di scommesse e grosse somme furono insolitamente piazzate sull’underdog . Bloomfield vinse la partita 76 63.
A quel tempo Rochus era il numero 160 dell’Atp dopo aver raggiunto il n. 38.

 

Karim Nafea

comments powered by Disqus
Ultimi commenti
Blog: Servizi vincenti
La vittoria di Francesca Schiavone a Parigi

Fotogallery a cura di Giacomo Fazio

Ubi TV

Bahrami-Noah, magie in esibizione

Quote del giorno

"Non so quale sia il segreto per vincere uno Slam; sai, non ne ho mai vinto uno".

Andy Murray dopo la sconfitta con Wawrinka agli US Open

Accadde oggi...

24 Ottobre 2004

Marat Safin incontra poche difficoltà nello sconfiggere David Nalbandian nella finale del Masters di Madrid con il punteggio di 6-2, 6-4, 6-3. Queste le parole del russo a fine match: “E' stato tutto troppo facile. Non credo riuscirò a giocare così per sempre!”

 

Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker