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04/11/2010 09:27 CEST - Analisi

Il tennis dei profeti in patria

TENNIS - I tornei della scorsa settimana, tutti vinti da tennisti della nazione ospitante, hanno evidenziato la competitività dei giocatori di casa. Analisi e ragioni di una tendenza sempre più viva. L'argomento non si estende agli italiani. Va però detto che il nostro paese ha perso quasi tutti i tornei del circuito maggiore (restano solo gli Internazionali di Roma). Christian Turba

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Se c'è uno sport in cui il detto latino « Nemo propheta in patria est » (nessuno è profeta in patria) non è valido, quello è il tennis maschile. Non parliamo di Slam o di tornei Masters 1000, nei quali comunque la superiorità di un tennista su un altro è destinata ad emergere, indipendentemente dalla sua nazionalità: ma nei tornei minori, per intenderci gli ATP 500 e, soprattutto, gli ATP 250.
L'ultima settimana di gioco ha chiaramente mostrato questa tendenza. A Montpellier, Gael Monfils ha ottenuto il primo successo della stagione sconfiggendo in 3 set Ivan Ljubicic e mostrando quel sangue freddo che molte volte gli è mancato, quando, perso il secondo set dopo aver avuto un break di vantaggio, non si è lasciato andare ed ha conquistato un break in apertura del set decisivo, poi vinto 6-1. Per giungere fino all'atto finale, l'afrofrancese aveva precedentemente battuto, in una semifinale tiratissima, il connazionale Jo Wilfried Tsonga, che a sua volta aveva avuto la meglio su Gilles Simon dopo quasi 3 ore di gioco: per lui, è il 3°alloro della carriera, dopo quelli ottenuti a Sopot nel 2005 e l'anno scorso a... Metz, nel nord della Francia!
A Vienna si è vista una finale tutta austriaca tra Jurgen Melzer e Andreas Haider Maurer. Il primo gioca ormai da un anno ad alti livelli, ma ad Amburgo aveva nettamente perso una finale che lo dava per ultrafavorito contro Golubev e, successivamente, aveva giocato a corrente alternata: tornato nella madrepatria, ha ritrovato quella solidità che molto spesso gli fa difetto e si è aggiudicato il terzo titolo in carriera, nonché il secondo consecutivo... a Vienna. Non parliamo poi di Haider Maurer, numero 157 del mondo e mai segnalatosi a livello ATP se non per i cinque set giocati a New York contro Soderling. Ripescato in seguito alla rinuncia di Gulbis e onorato dell’esordio con il redivivo Thomas Muster, ha in seguito sconfitto il nostro Andreas Seppi al tie-break del 3° set, per poi incasellare due vittorie contro due clienti difficili come Marin Cilic (in crisi certo, ma sempre un top 15) e Michael Berrer. In finale, quando tutti si attendevano un facile Successo del più esperto Melzer, il 23enne di Zwettl si è portato a servire per il match sul 5-4 del secondo set, venendo tradito solo dal braccino al momento di chiudere i conti.
Infine, l' ATP San Pietroburgo, vinto dal sorprendente Kukushkin, kazako per convenienza ma russo di nascita. Il nuovo numero 58 mondiale, già vincitore su Wawrinka in Coppa Davis, ha realizzato la miglior performance della carriera, sconfiggendo avversari tosti come Chardy, Gabashvili, Tipsarevic ( quest’ultimo rimontando da uno svantaggio di 2-4 nel set finale), Marchenko e infine, in due set netti, la testa di serie numero 1 Mikhail Youzhny. Youzhny che, lui stesso, ha invertito la tendenza negativa post Kuala Lumpur, vincendo 3 match al terzo set, di cui due al tie-break, per giungere in finale. Segnaliamo, infine, la presenza in semifinale di un atleta in disarmo da lungo tempo come Dimitry Tursunov e dell’ucraino Illya Marchenko, alla prima semifinale ATP della carriera così come Kukushkin.

Insomma, l’aria di casa ha fatto bene a francesi, austriaci e russi (o comunque dell’ex Unione Sovietica). Combinazione fortuita? Non si direbbe. Dall’inizio dell’anno, nel circuito ATP (Slam e Masters Series esclusi), alla sezione “vittorie di tennisti in tornei casalinghi” troviamo nell’ordine: l’ultima vittoria dell’anno di Marin Cilic nell’oasi di Zagabria; il trionfo di Michael Llodra su Julien Benneteau all’Open 13 di Marsiglia e, nella stessa settimana, di Sam Querrey a Memphis; l’alloro di Fernando Verdasco a Barcellona; il ritorno alla vittoria del principino Gasquet nell’”Arena di Nizza” (ben scaldata per fronteggiare Verdasco); l’ovvia scorpacciata di titoli degli atleti Usa nell’estate americana, con la doppietta, Newport e Atlanta, di Mardy Fish e la sorprendente vittoria di Querrey nella finale di Los Angeles, ai danni di Andy Murray: il ritorno alla vittoria di Gilles Simon nell’Open di Moselle di Metz. Con gli ultimi fanno undici trofei in totale, senza contare i vari exploit di tennisti forti ma non fortissimi nei Masters Series casalinghi: tanto per citarne alcuni, la semifinale di Almagro a Madrid ( miglior risultato stagionale ante Roland Garros, battendo Soderling e Melzer) o il percorso da favola di Fish a Cincinnati.

Nel 2009, le vittorie a domicilio furono 16 (con risultati tutt'altro che scontati come il trionfo di Rajeev Ram a Newport o quello di un Ginepri in decadenza a Indiananpolis), nel 2008 “solo 7” (ma con la prima vittoria Atp di Querrey a Las Vegas e quella di Kunitsyn a Mosca, ed inoltre l'exploit di Tsonga a Parigi Bercy): quindi, più che basarsi sui soli risultati del 2010, bisognerebbe fare un discorso di continuità, analizzando ad esempio gli albi d'oro di alcuni tornei o stilando una “classifica per nazioni”.
Partiamo dalla Francia, la regina per eccellenza delle vittorie a domicilio. Tutti i tornei disputati su territorio francese, ad eccezione del Roland Garros, sono stati conquistati da tennisti di casa (Llodra, Gasquet, Simon, Monfils) con Benneteau finalista a Marsiglia. Non solo: negli ultimi 5 anni, i tornei disputati nell’Esagono contano in complesso su 10 vincitori ed 8 finalisti. Un altro caso è quello dei tornei giocati in Russia. A San Pietroburgo il campione in carica era l’ucraino Stakhovsky, mentre nel 2008 un ancora acerbo Golubev (come Kukushkin, kazako di nazionalità ma russo di nascita) si era spinto sino alla finale perdendo da Murray. Ancora meglio (o peggio, dipende dai punti di vista) a Mosca: il trionfo di Troicki ha interrotto infatti una serie di 6 vittorie da parte di tennisti locali (3 volte Davydenko, Andreev, Youzhny e infine Kunitsyn), e non dimentichiamo che in precedenza lo zar Yevgeny Kafelnikov aveva messo in fila 5 vittorie consecutive (1997-2001). Come non citare, poi, il torneo di Zagabria? Dal 2006, anno di creazione, l’Atp 250 croato è stato conquistato per 2 volte da Marin Cilic ed 1 volta da Ivan Ljubicic (finalista anche nel 2008). Infine, per tornare sul capitolo americano, segnaliamo il torneo di Los Angeles, vinto due volte di seguito da Querrey, il triplo trionfo di Andy Roddick sulla terra di Houston o al Sap Open di San José e, per spostarci in America Latina, il torneo di Vina del Mar/ Santiago, autentico feudo dei tennisti sudamericani che qui vi vincono ininterrottamente dal 2000 (4 vittorie del padrone di casa Fernando Gonzalez ed una a testa per Coria, Kuerten, Bellucci, Horna, Acasuso, Gaudio) con la sola eccezione del trionfo dell’iberico David Sanchez (su Marcelo Rios..) nel 2003.

Quale sono le ragioni di questo fenomeno? La prima, e più scontata, è che un torneo ATP 250 / 500, tra wild-card, iscrizioni alle qualificazioni e al seeding principale, avrà per forza di cose una maggioranza di tennisti appartenenti alla nazione che lo organizza: in primo luogo perché ottenere la presenza di un top player in un torneo non obbligatorio costa parecchi soldi (tanto per dirne una, il compenso ottenuto da Novak Djokovic per partecipare al torneo di Marsiglia nel 2009 ammonta a circa 300.000 euro), in secondo perché gli spettatori di quel torneo, cioè coloro che rapportano il beneficio economico agli organizzatori, sono principalmente interessati a sostenere un loro rappresentante, che sia forte o meno forte. Ecco così che si crea una situazione come quella di Montpellier: 10 francesi inseriti nel tabellone principale, più altri 2 entrati dal tabellone di qualificazione, con Tsonga testa di serie numero 2, Monfils favorito numero 3 (ed inserito nella stessa zona di tabellone del connazionale) ed un solo scontro fratricida al primo turno (Simon-Mahut). In queste condizioni, le probabilità che un transalpino si aggiudichi la competizione sono alte in partenza, come lo sono del resto in tutti i tornei francesi, avendo i “cugini”, bontà loro, un bagaglio di atleti molto più competitivo del nostro. San Pietroburgo, poi, é un altro esempio chiaro in questo senso: tra tennisti militanti per la Russia e russi nazionalizzati kazaki, il St.Petersburg Open contava nove rappresentanti locali ai nastri di partenza - tra cui il favorito numero 1 Youzhny- e quasi tutti sorteggiati in parti di tabellone adiacenti, così da garantire l'accesso ai quarti di almeno 2-3 di essi. A Vienna solo 4 austriaci erano presenti nel tabellone principale, ma occorre dire che l'Austria ha un serbatoio tennistico semivuoto: ciononostante, due di essi hanno raggiunto la finale. Un’altra ragione scontatissima è l’abitudine di un tennista ad allenarsi sui terreni di casa, che lo renderà atto ad esprimersi al meglio su tali terreni, come normalmente accade negli sport di squadra come calcio e basket, in cui c'è una forte discrasia tra rendimento in casa e rendimento in trasferta.

Al di là di questo, però, bisogna anche considerare il modo in cui si vincono questi tornei: nella maggior parte dei casi, infatti, i giocatori in questione sfoderano grandi prestazioni, tra le migliori della loro carriera. Michael Llodra, all’Open 13 di Marsiglia, sfoderò un serve-and-volley da favola pressoché privo di errori, annichilendo due giocatori come Baghdatis e Soderling; nella finale di Nizza, per un breve momento, si ebbe l’impressione di rivedere il Richard Gasquet del famoso match di Montecarlo 2005 con Federer, dalla quantità di rovesci vincenti che uscivano dalla sua racchetta; persino Monfils, nell’ultima settimana, ha evoluto il suo stile di gioco, passando dal difensivismo ad oltranza palesato nella maggioranza delle sue uscite ad un gioco più propositivo e, talvolta, votato persino alla ricerca della rete.

E’ probabile che la vicinanza di un pubblico amico e pronto a sostenere fino all’eccesso (pensiamo alle “arene” di certi scontri di Coppa Davis giocati nei paesi balcanici o in Sudamerica) abbia un effetto psicologico sul giocatore, moltiplicando fino all’estremo le sue energie e fornendogli quel quid in più per elevare le sue prestazioni tecniche. In uno sport come il tennis, in cui la componente psicologica può fare davvero la differenza nel corso di una partita - o ancora meglio di un weekend come quelli di Coppa Davis- saper di avere fronte un pubblico pronto a sostenere nei momenti negativi o nelle discussioni con avversari ed arbitri, financo quando il tennista ha torto, dà a questo tennista quella tranquillità necessaria per giocare al massimo. E, forse, non è un caso che molte di queste vittorie “casalinghe” avvengano in tornei indoor: a parte l'ovvia considerazione che tornei di questo tipo non si giocano in tutti i paesi, e chi proviene da una nazione con una “cultura “ dei campi indoor può essere avvantaggiato, è come se lo spazio chiuso di un palazzetto creasse una sorta di “capsula” nella quale tifosi e giocatore di casa diventano quasi un tuttuno, a scapito del tennista avversario.

Per finire, in tutto questo discorso, gli italiani dove stanno? In passato, numerosi azzurri fecero bene nei tornei di casa. Inutile dire che i “grandi padri” del nostro tennis la fanno da padrone: Nicola Pietrangeli, tra le altre cose, trionfò agli Internazionali d'Italia, mentre Adriano Panatta s'impose a Senigallia, Firenze (2 volte) e ovviamente a Roma - nel mitico 1976 su Guillermo Vilas - e Paolo Bertolucci fu per 3 anni (1975-1977) campione in carica del torneo di Firenze allora diretto dal nostro Ubaldo e vinse anche a Riccione e Prato.
Tuttavia, anche in epoca recente si ha memoria di exploit dei tennisti tricolori nei tornei di casa. Il felsineo Paolino Cané, oltre ad aver tirato fuori il meglio di sé in Coppa Davis (memorabili le vittorie ottenute contro Mats Wilander, a Cagliari nel 1990, e contro Mark Woodforde a Firenze nel 1993) ed essersi aggiudicato numerosi tornei minori come Genova, San Marino e Torino, ottenne il terzo ed ultimo successo ATP della carriera nel torneo, di casa in tutti i sensi, di Bologna del 1991, battendo in finale lo svedese Jan Gunnarsson dopo aver sconfitto gente come Stoltenberg, Tarango, Javier Sanchez e Muster (allora numero 64 mondiale). Circa un anno dopo un altro bolognese, Omar Camporese, seppe entusiasmare molti italiani vincendo il torneo di Milano e sfoderando due grandi prestazioni, col russo Cherkasov in semifinale e in seguito con un Goran Ivanisevic già al top in finale: fu la punta massima della sua carriera, quella che gli valse il best ranking di n. 18. In seguito, però, Omar avrebbe avuto occasione di fornire altre due grandi prestazioni sul suolo italico, precisamente in Coppa Davis e sempre contro la Spagna: nello stesso 1992, quando a Bolzano batté Bruguera ed Emilio Sanchez (in 3 set netti) e soprattutto nel 1997, quando, ormai a fine carriera e ripescato in extremis da Panatta, sconfisse Carlos Moya sui campi indoor di Pesaro, garantendo ai nostri l'accesso alla semifinale del World Group.

Tornando al torneo di Milano, dagli anni '90 fino al 2005, fu teatro di altri exploit da parte di tennisti nostrani: dalla finale di Cristiano Caratti nel 1991, ottenuta battendo Lendl al 2°turno e poi persa dal russo Volkov, fino al trionfo di Davide Sanguinetti nel 2002, coronato dalla vittoria in finale ai danni del futuro re Roger Federer (7-6 4-6 6-1 il punteggio). Alla lista dei giocatori “leoni in Italia” si può aggiungere poi Andrea Gaudenzi, che pur senza aver mai vinto un torneo ATP italiano -vanta solo una finale a San Marino nel 1995- fu più volte protagonista al Foro Italico (ricordiamo la vittoria sull'allora numero 11 Roger Federer nell'edizione 2002) e in Coppa Davis: come dimenticare i successi su Ferreira e Chesnokov del 1996 o la cavalcata del 1998, tristemente conclusa a Milano con l'infortunio alla spalla che lo privò di una possibile vittoria sullo svedese Magnus Norman?. Non dimentichiamo, infine, Filippo Volandri, che dopo due finali perse nel 2004 e nel 2005, conquistò l'ultima vittoria ATP di un azzurro nel torneo di Palermo del 2006 (su Nicolas Lapentti) e si rese più volte protagonista al Foro Italico ( nel 2007, con la sensazionale vittoria su Federer, ma anche quest'anno raggiungendo gli ottavi dal nulla).

Quest'oggi, invece, il piatto langue ed, oltre ad una certa debolezza mentale dei nostri rappresentanti nei momenti topici e ad un obiettivo calo delle loro prestazioni, la ragione può risiedere nelle righe scritte sopra: ormai, in Italia non ci son più tornei ATP. Gli ultimi a scomparire, in ordine di tempo, sono stati Palermo nel 2007 e Milano nel 2006; precedentemente, però, ad abbandonare il palco dell'ATP erano stati tornei come Firenze (disputatosi dal 1973 al 1994), Bologna (attivo dal 1985 al 1998), Genova (cancellato nel 1993) o Saint Vincent. Giusto per fare un quadro generale, l'ATP fiorentino -Bertolucci e Panatta a parte – conta tra i suoi vincitori Francesco Cancellotti (1984) e Massimiliano Narducci (1988), mentre il torneo romagnolo, oltre alla vittoria di Cané, comprende nel suo albo d'oro 3 finalisti italiani, come Claudio Panatta nel 1985, lo stesso Cané nel 1986 e Renzo Furlan nel 1992. Ci restano gli Internazionali d'Italia, che obiettivamente sono fuori dalla portata di Seppi e soci: chissà che, reintroducendo qualche località dello Stivale nel calendario, non ritorni con esse qualche titolo di un tennista (maschio) azzurro. Purtroppo, dati gli orientamenti dei dirigenti ATP, questo dubbio è destinato a rimanere nelle nostre menti per molto tempo.

Christian Turba

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24 Ottobre 2004

Marat Safin incontra poche difficoltà nello sconfiggere David Nalbandian nella finale del Masters di Madrid con il punteggio di 6-2, 6-4, 6-3. Queste le parole del russo a fine match: “E' stato tutto troppo facile. Non credo riuscirò a giocare così per sempre!”

 

Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker