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06/11/2010 22:58 CEST - FINALE FED CUP

Mary Joe, coraggio da leonessa!

TENNIS - Con una mossa a sorpresa, Mary Joe Fernandez ha deciso di schierare Coco Vandeweghe al posto della disastrata Melanie Oudin. Barazzutti avrebbe fatto lo stesso? Chiuderà la prima giornata Pennetta-Mattek. Bisti e Mastroluca

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Sorpresa! Non sarà Melanie Oudin (incapace di battere una top 100 da cinque mesi), bensì Coco Vandeweghe a sfidare Francesca Schiavone nel primo match della finale di Fed Cup 2010, al via Sabato sera (ore 21, diretta Rai Sport 1). Priva delle sorelle Williams, Mary Joe Fernandez ha deciso di giocarsi il tutto per tutto. Ha capito che topolina Melanie non è in condizione, allora ha deciso di puntare sull’amazzone Vandeweghe, 19 anni ancora da compiere, nata a New York ma californiana nelle sembianze e nell’anima. Per la giovane Coco, figlia di un’atletica olimpionica e nipote di un paio di cestisti NBA, sarà un battesimo di fuoco. A noi fa impressione, perché dalle nostre parti la valorizzazione dei giovani è vista più come un rischio che come un’opportunità. “Rischiano di bruciarsi” è la filastrocca ricorrente. All’estero non la pensano così, anche se in effetti la sfida contro la Schiavone sembrerebbe una scalata troppo ripida per la Vandeweghe, cresciuta moltissimo negli ultimi mesi ma ancora totalmente acerba a certi livelli. Gli Stati Uniti non sono nuovi a esperimenti del genere: nel 1995 spedirono in campo la 19enne Chanda Rubin nell’impossibile finale di Valencia contro le spagnole. Chanda fece una buona figura, facendo match pari contro il colosso Conchita Martinez.

Rispetto ad allora, la Vandeweghe ha un vantaggio non indifferente: il fattore campo. Mary Joe Fernandez ha chiamato a raccolta la gente di San Diego, invitando al baccano infernale, lecito e non lecito, per creare un clima da stadio e caricare le sue ragazze contro la corazzata italiana. Il sorteggio del Seaworld, tenuto dalla foca ammaestrata Clyde, ha dunque regalato una breaking news che testimonia il coraggio di Mary Joe, che in due anni di capitanato ha fatto miracoli con una squadra priva delle sorelle Williams e dunque senza grande qualità. Due finali in due anni sono un risultato straordinario, frutto di una mentalità vincente che Mary Joe è riuscita a trasmettere alle seconde linee Yankee, facendole sentire importanti e tutte decisive. Se ha scelto la Vandeweghe avrà avuto i suoi buoni motivi. Saranno state le sensazioni in allenamento, oppure un intuito femminile incomprensibile a tutti noi. Di certo ha mostrato un gran coraggio, nonché l’intenzione di volersi giocare questa finale fino in fondo. Al contrario, nessuna sorpresa in Casa Italia. Corrado Barazzutti ha confermato Francesca Schiavone e Flavia Pennetta, ignorando le ultime indicazioni che davano una Roberta Vinci in gran forma e una Flavia un filo provata da una stagione lunghissima (137 match!) e poco competitiva in singolare da almeno un paio di mesi. E’ anche giusto che si sia comportato così: “Squadra che vince non si cambia” è un altro ritornello molto caro agli italiani, e il duo Pennetta-Schiavone ha regalato gioie immense alla nostra nazionale. Flavia giocherà il secondo singolare contro Bethanie Mattek, che negli ultimi due precedenti (entrambi sul cemento di Los Angeles) l’ha saputa mettere in difficoltà. Ci si domanda cosa avrebbe fatto “Barazza” a ruoli invertiti con Mary Joe, ma in fondo poco importa. Il tempo delle chiacchiere è ultimato, la San Diego Sports Arena è pronta. La Fed Cup è lì, pronta ad essere sollevata. (Ri. Bi.)

La molteplicità nell'unità (Di Alessandro Mastroluca)

Mary Joe Fernandez per la seconda volta deve affrontare l'Italia senza le sorelle Williams. E ha scelto una squadra che punta sulla varietà. Una squadra che per continuare a nutrire speranze non deve però guardare la classifica, perché le quattro azzurre sono tutte nelle prime 50 del mondo, mentre la giocatrice statunitense con la miglior classifica è la 25enne Bethanie Mattek, che il 29 novembre festeggerà il secondo anniversario del suo matrimonio con il presidente della JPS Insurance Justin Sands. Numero 58 del ranking, è al suo debutto in una finale di Fed Cup: l'anno scorso era diventata la prima americana a vincere due match consecutivi nello stesso giorno battendo, nella semifinale contro la Russia, prima la Makarova in tre set, poi la coppia Dementieva-Kudryavtseva nel doppio decisivo insieme a Liezel Huber. Ma un infortunio la tenne fuori dalla finale di Reggio Calabria: questo perciò sarà il suo debutto nel title-match di Fed Cup.

Per anni è stata famosa soprattutto per i completini inusuali che ha sfoggiato. Nel 2007, ad esempio, si è presentata agli Us Open con un vestitino corto dorato che ha fatto distrarre un raccattapalle: un immagine che ha fatto il giro del mondo. Nello stesso anno a Wimbledon era scesa in campo per la prima volta con una mise che comprendeva un paio di calzettoni da baseball (divisa che adesso è all'interno del Wimbledon Museum). Con Flavia Pennetta, l'americana, che ha giocato cinque singolari di Fed Cup in carriera perdendone tre, ha vinto solo una volta su cinque confronti diretti, a Los Angeles nel 2006.

La brindisina, che proprio a San Diego ha giocato l'ultima semifinale della sua stagione, arriva da tre sconfitte consecutive nel circuito WTA in singolare, bilanciate dalla vittoria storica nel Masters di doppio in Doha in coppia con Gisela Dulko, con cui costituisce la coppia che ha chiuso il 2010 alla posizione n.1 del ranking di specialità. Flavia è la stakanovista del circuito: come ricorda Vincenzo Martucci ha giocato 128 partite nel 2009 e 137 in questo 2010. Un piccolo rischio stanchezza c'è, e anche Flavia lo sa: ma la sua affidabilità in un contesto come una finale di Fed Cup non è in discussione.

Molto ci si aspetta dal clash generazionale tra Francesca Schiavone e Coco Vandeweghe. Francesca, prima italiana ai WTA Championships da quando l'ingresso si è ristretto a otto giocatrici, ha chiuso l'avventura a Doha con due sconfitte e la vittoria sulla Dementieva che ha lasciato quel gusto un po' amaro delle cose perdute per il ritiro, annunciato con sorpresa di molti direttamente sul campo dopo la stretta di mano. Dal 2008 la milanese ha perso solo tre singolari in Fed Cup (contro Llagostera Vives e Medina Garrigues a Napoli e contro Alona Bondarenko quest'anno in quarti a Kharkiv). L'anno scorso, a Reggio Calabria, ha giocato un match solo, battendo 7-6 6-2 Melanie Oudin, in un match condizionato dalla pioggia che ha costretto gli organizzatori a sospendere l'incontro con la statunitense in vantaggio 4-2 nel primo set. Coco, n.114 WTA, nipote del giocatore NBA Kiki, è il nome nuovo del tennis femminile a stelle e strisce, la stellina in rampa di lancio che ha in un certo senso ereditato le attenzioni riservate dodici mesi fa a Melanie Oudin. E' la 67ma giocatrice ad essere convocata in nazionale in Fed Cup. “E' cresciuta molto” ha detto di lei Mary Joe Fernandez, “sta lavorando tantissimo. Dopo gli Us Open è andata in Asia tre settimane, ha vinto molto. Ha un gran servizio, solidi colpi da fondo, sa variare, giocare in slice: ci dà varietà, aggiunge stile”.Cresciuta tennisticamente a due passi da San Diego, proprio nel torneo californiano ha ottenuto il primo risultato di prestigio della sua stagione, e della carriera, la vittoria sulla Zvonareva che l'ha portata nei quarti (ha perso dalla Kuznetsova). In quell'occasione disse: “Mi piace giocare davanti a un pubblico numeroso, soprattutto se è dalla mia parte”. E chissà se gli 8850 posti della San Diego Sports Arena saranno pieni.

I precedenti della finale

Il title match di San Diego sarà l'undicesimo confronto diretto tra Usa e Italia, con le azzurre che hanno sempre perso fino alla finale dell'anno scorso di Reggio Calabria. Usa e Italia si sono sfidate nel primo turno della prima edizione della Fed Cup nel 1963, con vittoria delle yankees 5-0, e per altre cinque volte tra gli anni '60 e '70. Memorabile il tie del 1986, vinto 2-1 in rimonta dalle americane dopo che Sandra Cecchini aveva inflitto la prima sconfitta in Fed Cup a Chris Evert. Da quando è cambiato il format della Fed Cup, ed è stato introdotto il principio dell'alternanza nella “choice of ground” nelle sfide successive tra le nazioni, ci sono stati tre confronti diretti. Nel 1999 il tie vale l'accesso alla finale: si gioca ad Ancona.Venus Williams apre demolendo Rita Grande ma in serata (match che si conclude alle 20,25), davanti ai 3.300 spettatori del Conero che chiudono con la ola, Silvia Farina a suon di volée si prende una delle più belle vittorie della carriera: doppio 6-4 a Monica Seles, numero 5 del mondo, che non protesta mai nemmeno quando i giudici le rubano un paio di punti. Ma il giorno dopo Silvia, che si lamenta per la terra troppo umida, scatenando le reazioni negative dei suoi stessi tifosi, non argina Venus mentre Serena lascia solo due giochi a Rita Grande. Il doppio sancisce il 4-1 Usa.

Nel 2003, a Washington, finisce 5-0: due vittorie a testa in singolare per Chanda Rubin e Meghann Shaughnessy più il successo in doppio di Lisa Raymond e Alexandra Stevenson. L'Italia torna dal Distretto di Columbia con solo un set vinto, il primo portato a casa da Francesca Schiavone contro la Rubin. Nel trionfo azzurro dell'anno scorso non c'è stata, chiaramente, solo un Giove Pluvio “casalingo” che ha reso pesante la terra di Reggio, usata e accampata come scusa ancora in questi giorni, nella conferenza stampa pre-sorteggio, per spiegare le dimensioni della resa a stelle e strisce. Gli Usa rimangono, comunque, la nazione che ha vinto più volte la Fed Cup, 17 volte, e che nella manifestazione ha portato a casa anche più tie di tutte, 140, perdendone solo 29. La stagione d'oro è arrivata a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, con quel filotto di 37 dall'1-2 contro l'Australia in semifinale 1975 allo 0-2 contro la Cecoslovacchia nelle semifinali 1983. Le statunitensi, però, che in casa hanno un record di 17-2 in casa dal 1995, non alzano la coppa dal 2000, l'ultima volta in cui la finale si è giocata negli Stati Uniti. L'ultimo decennio è stato, è superfluo ricordarlo, marcato con il simbolo del tricolore italiano, comparso in finale quattro volte nelle ultime cinque edizioni.

ITALIA-STATI UNITI, UNA STORIA LUNGA 47 ANNI

I RECORD IN FED CUP DELLE NAZIONALI E DELLE OTTO CONVOCATE

 

Riccardo Bisti / Alessandro Mastroluca

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker