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09/11/2010 12:16 CEST - Rassegna Stampa del 11 Novembre 2010

Il giorno dell’esaltazione del trionfo, ma c’è un giallo sul futuro della Pennetta in Fed Cup (Semeraro, Piccardi, Torromeo, Valesio, Rossi)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Flavia, miss Italia. Ma è giallo sul suo futuro in Fed Cup Tennis:

Stefano Semeraro, la stampa del 9.11.2010

Carina, femminilissima, Flavia Pennetta: finché si tratta di scherzare fuori dal campo, magari di giocare a nascondino quando la si interroga su questioni di cuore («Fidanzata? Ma quando mai...»). Ma una ragazza d'acciaio, come può spiegare il ct Corrado Barazzutti, quando si tratta di menare rovesci in campo. O di difendere il valore del tennis femminile; anzi, dello sport femminile. A San Diego, come a Reggio Calabria un anno fa, è toccato a lei mettere il paletto definitivo, il punto del 3-1 contro gli States, dopo l'inaspettato bradisismo nervoso di Francesca Schiavone, la match-winner designata scioltasi fra la costernazione generale davanti alle trafitture bionde di Melanie Oudin. «Cosa mi ha suggerito Corrado prima di entrare in campo contro la Vandeweghe? Solo di giocare come so». Semplice da dire, non banale da fare. Ma la Penna è una che da giovane ha superato un anno di stop causa tifo, che è stata capace di reinventarsi una carriera in Spagna, di entrare fra le top-ten e diventare n.1 in doppio dopo una operazione al polso che avrebbe potuto scucirle il tennis di dosso. «Ho cercato di restare serena e concentrata. Sul 2-2 ci sarebbe stato comunque il doppio. Mi sono detta che era meglio chiudere prima». Meglio agguantarla subito, la terza Coppa in cinque anni, gioire, festeggiare («dopo la cena ci siamo scatenate in un karaoke bar a cantare We are the champions»). E togliersi un sassolino rosa: «Lo sport principale in Italia è il calcio, lo sappiamo, e va bene così. Quello che dispiace è pensare che se al posto nostro ci fossero stati i maschi avremmo avuto molta più attenzione. Certo, da quando abbiamo vinto nel 2006 la prima Fed Cup, e poi grazie alle vittorie mie, di Francesca, della squadra, l'interesse è cresciuto, la gente ci riconosce e si aspetta molto da noi. Però... Non è solo un problema italiano. Ma noi donne, dal tennis, al fioretto, alla pallavolo, più che vincere cosa possiamo fare?». Barazzutti prova a scherzarci su: «La colpa è vostra, del movimento femminista che è crollato: ma non datemi del maschilista, io ho due figlie e poi con una squadra come questa come potrei esserlo?». Qualcuno ipotizza una ospitata a «Porta a Porta». «No, no», sorride Flavia. «Me ne vado in vacanza: due settimane da mamma e papà. Non sono un tipo glamour, preferisco una cena con la famiglia e gli amici. Un regalo da parte della federazione? Tutti i regali sono graditi...». Puntini di sospensione (economica) in attesa di capire quale sarà il futuro di questa grande squadra di ragazze ormai donne: la Schiavone ha 30 anni, la Pennetta quasi 29, la Vinci quasi 28. La baby Errani 23, ma dietro di lei non si intravedono ricambi di qualità. E forse dopo la terza Fed Cup viene fame di altri traguardi. Vero Flavia? «Per ora la Fed Cup resta in programma, il primo turno lo giocheremo in Australia dopo gli Open. Il calendario non aiuta (la finale di Coppa coincide con. il "masterino" di Bali, ndr), e nessuno fa niente per cambiarlo, quindi si dovrà fare una scelta. Per ora non ci penso. Obiettivi per il 2011? Vincere la Fed Cup è sempre una gran cosa. Certo, si potrebbe fare di più per i giovani, ma mi pare che le ragazzine del 92 stiano facendo bene. Io non mi pongo obiettivi precisi, anche se l'anno prossimo, dopo una stagione massacrante come questa (139 match fra singolo e doppio, ndr), dovrò riposarmi di più e fare richiami fisici, visto che certe partite le ho perse per stanchezza: fisica e mentale». La pazienza delle donne è immensa... Ma non infinita.

Non tradiscono mai le splendide sorelle d'Italia

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 9.11.2010

Il tailleur aziendale, nella notte del trionfo, alla cena di gala nel bell'hotel in cui 4o anni fa Billy Wilder ambientò «A qualcuno piace caldo», è una tortura. Nostre signore del tennis lo indossano ciascuna a modo suo, Flavia spavalda, Francesca a disagio, Roberta ironica, Sara timida per finta, personalizzando la camminata sui tacchi come la vittoria di questa terza Fed Cup a casa degli Usa (3-1 il risultato finale, incluso il veniale scivolone della Schiavone con la Oudin), il cui segreto è nell'alchimia che da 5 anni riunisce 4 ragazze sotto un cuore unico che, eccezionalmente, per un weekend, batte all'unisono. Dalla colazione, quando a volte la Franci scende dalla camera con un'espressione un po' così e allora la Saretta s'inventa una gag per strapparle il sorriso, al furibondo burraco serale nel quale nessuna vuole perdere, sotto la sensibile regia del ct Barazzutti («Ho una moglie e due figlie che dovrò ringraziare perché è grazie a loro che ho imparato a capire la psicologia femminile»), nulla è lasciato al caso. L'Italia di Fed Cup, ormai, è un meccanismo perfetto: l'inno cantato a squarciagola tenendosi abbracciate, Flavia che aiuta Francesca a risollevarsi dalla caduta, e Francesca che sa di potersi lasciar andare perché sotto c'è una solida rete di protezione, Roberta e Sara con gli occhi incollati alle sorelle di tennis, la risposta made in Italy alle Williams sisters (assenti), in California si sono fotografate insieme come in gita di classe e alla fine dell'impresa non c'è discussione su chi debba pagare pegno per il tris (il fisioterapista Max e il preparatore Stefano caldamente invitati allo striptease come a Parigi dopo il successo della Schiavone) e sull'ambientazione del party durato fino all'alba, giusto in tempo per prendere il volo per Roma «Un drink e a ballare, vuoi venire? Però poi non puoi scrivere quello che ha visto...». Mille grazie, ma certe feste pagane vanno santificate nel segreto della confraternita, là dove, tra sacrifici e rituali, mettendo da parte l'egoismo («E poi dicono che le donne in squadra sono acidelle. Ma quando mai? Qui nessuna vuole fare la splendida!» se ride la Pennetta), le streghette cucinano le loro pozioni. Rimane un tabù da prendere a pallate. «Siamo campionesse .» del mondo», cantano. Ed è vero: è un titolo che vale. Come un oro mondiale del volley o della scherma, come un successo iridato di squadra che, se non fosse Fed Cup («Però non è la Davis... E basta con questi stereotipi!» sbotta la Vmci), forse celebreremmo di più. «In Italia esiste solo il calcio — ragionano le ragazze senza acrimonia —, eppure dal 2006, da quando vinciamo, il tennis è cresciuto, e molti ci si sono avvicinati grazie a noi». Flavia è netta: «Se tre Coppe Davis le avessero conquistate i maschi, di certo avrebbero avuto più attenzione». «È colpa vostra dopo il femminismo avete smesso di lottare...» provoca Barazzutti, che stasera può dire ciò che vuole. La Fed Cup è mia e me la gestisco io. E l'anno prossimo, se avete il coraggio, venite a prendervela. Gaia Piccardi

Le azzurre hanno regalato rispetto al tennis italiano

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 9.11.2010

Uno schiaffo in faccia al tennis azzurro. Per rianimarlo. Sono anni ornai che le ragazze si impegnano in un'impresa che all'inizio sembrava impossibile. E bisogna dire che ci sono riuscite. Quello che hanno fatto in questo 2010 merita un applauso. Chi non se la sente, si faccia pure un esame di coscienza. Le azzurre hanno cuore, grinta. Lottano anche quando non ne hanno più la forza, riescono a vincere partite disperate. Flavia Pennetta è stata grande. E' arrivata in California stanca, distrutta da una stagione che l'ha vista giocare come quasi nessuna altra al mondo. E ha vinto con i nervi, con quel carattere tosto che l'ha fatta salire così in alto. Il gioco di Francesca Schiavone regala emozioni, il talento messo in mostra sulla terra rossa di Parigi ha conquistato (quasi) tutti. Pratica un tennis fuori dal tempo. In un mondo di amazzoni picchiatrici lei usa colpi che sono uno sberleffo, Poi le capita di infilarsi in un tunnell buio, a San Diego è accaduto contro la Oudin. Ma per forturna sono momenti sempre più rari. Le ragazze (brava anche Sara Errani, due titoli in doppio, e Roberta Vinci, una vittoria in singolare, imbattuta in FedCup) sono una squadra formidabile. Forti nei tornei (non dimentichiamo i quarti agli US Open della Schiavo-ne) e in Coppa. Meritano rispetto. Come lo merita il loro capitano. Corrado Barazzutti. Un uomo che pochi hanno capito. E questo è comprensibile. Un coach che troppi hanno insultato. E questo si capisce meno.

Pennetta & C. ancora regine. Vi sveliamo il loro segreto

Piero Valesio, tuttosport del 9.11.2010

Ma quanto è bella, la terza stella. Quella che campeggerà sulle divise ufficiali dell'Italia del tennis femminile nel prossimo futuro. Ogni stella è un titolo, non come nel calcio. E loro, le ragazze, di titoli ne hanno conquistati tre, il numero perfetto. Rendendo chiaro al mondo due realtà inconfutabili. La prima: l'Italia è la squadra di tennis più forte e continua del mondo. Secondo: l'Italia del tennis è la formazione sportiva più vincente dell'intero sport azzurro negli ultimi anni. Rivaleggiando giusto con le ragazze della scherma. E già che siamo aggiungiamo pure una terza realtà: la loro è una storia unica nel senso che Schiavone, Pennetta, Vinci ed Errani (più quelle che sono venute prime e quelle, come la Garbin e la Santangelo, hanno fatto parte del gruppo dal 2006 ad oggi) sono riuscite in un'impresa ancora più grande: conferire dignità e significato al termine «squadra» nel più individuale e individualista degli sport: per l'appunto, il tennis. Tuttavia c'è una parte di italianità che proprio non ne vuole sapere di gioire quando è il caso di gioire e di attribuire i giusti peana a chi li merita. Sono quelli che hanno detto e dicono: quella di San Diego è stata una vittoriucola perchè le Williams non c'erano. La risposta a questa: basta. Serena e Venere non'erano? Amen. Non ci sono mai e compariranno (sempre che non smettano prima) giusto per guadagnarsi il lasciapassare per Londra 2012. Ma quando mai si è valutato l'esito della finale in base agli assenti in una squadra avversaria? La quale squadra, tra l'altro, ha raggiunto la fi' nale esattamente con quegli elementi? E quella Oudin che ha strapazzato una Francesca Schiavone svuotata come non mai ha tirato così più piano delle sorella ne? Così su due piedi non sembrava proprio. RAPPORTO Il fatto è che le partite nate storte delle ragazze di questa squadra (come quella di Francesca domenica) dal 2066 a oggi si sono contate sulle dita di una mano: Fatto che fa emergere come proprio nella «squadra» le azzurre trovino una dimensione particolare che eleva il loro rendimento. Se si è nella condizione mentale di perdere non c'è bisogno di incontrare Virgina Wade, Martina Navratilova o Serena Williams. Si perde comunque. Se non si è in quella condizione magari si perde lo stesso perché alla sorte piace giocare: ma più probabilmente si vince. Le azzurre hanno un rapporto privilegiato con la vittoria, quando si gioca in Fed. GRANDEZZE Dopo il weekend di San Diego s'impone anche un'altra domanda? Più grandi gli uomini della Davis '76 e delle tre finali complessive o le donne del trittico di Fed? Esprimo il mio voto: le donne del trittico. Con tutto il rispetto e l'ammirazione per Panatta, Bartolucci, Barazzutti e Zugarelli che di quella vittoria furono gli artefici. E senza dimenticare che pure allora ci fu chi sottolineò che il valore di Fillo e soci non era propriamente eccezionale. In quegli anni i gesti del tennis forse non erano più bianchi ma si erano giusto un po' impolverati. Oggi quei gesti non esistono più: con le ore di allenamento e gli stili di vita di allora, a parità di talento (fatto salvo sua maestà McEnroe ma questo è un altro discorso) oggi non si vincerebbe una partita. Per primeggiare oggi c'è bisogna di una dedizione quasi maniacale all'obbiettivo e, oggetti, di uno spirito di sacrificio superiore. Il primo a saperlo è Corrado Barazzutti di quel quartetto faceva parte: «Queste ragazze sono migliori di noi, hanno costruito qualcosa di più grande.. Sono giorni di finestre adornate per il tennis azzurro. La tentazione di definire «irripetibile» una stagione così sarebbe fortissima ma non cediamole: mai porre limiti a quello che queste unte dalle divinità tennistiche possono fare. E celebriamole come si deve. Il trionfo di San Diego arriva dopo quelli ottenuti a Charleroi nel 2006 e a Reggio Calabria l'anno scorso: la storia delle nostre favolose ragazze è davvero senza fine.

Azzurre invincibili La Pennetta fa il suo dovere: Usa stesi 3-1

Massimo Rossi, libero del 9.11.2010

Alla fine il pronostico è stato rispettato e le nostre splendide ragazze, alla quarta finale negli ultimi cinque anni, hanno portato a casa da San Diego la loro terza Federation Cup, la seconda consecutiva contro le americane dopo il successo a Reggio Calabria dell'anno passato. Dopo il 2-0 della prima giornata Francesca Schiavone ha pensato bene di ravvivare l'interesse dell'evento decidendo di riposarsi (3/6 - 1/6) contro quel furetto operoso della giovanissima Melanie Oudin (diciannove anni appena compiuti), per fortuna ci ha pensato Flavia Pennetta, come da copione, ad alzare la coppa condannando alla seconda bruciante sconfitta in due giorni la diciottenne Vandeweghe (6/1-6/2).E non si dica che la capitana Usa, la bellissima e dolcissima Mary Joe Fernandez ha sbagliato formazione schierando a fianco della Mattek (n.58) una troppo acerba e inesperta Vandeweghe (n.118) al posto appunto della Oudin (n.65). Le nostre avrebbero vinto sempre e comunque, perché sono in questo momento la squadra più omogenea e quindi la più forte in assoluto, potendo contare su giocatrici di ottima classifica (71a Schiavone e 23 la Pennetta) e su un doppio fortissimo con Flavia numero uno del mondo nella specialità e Roberta Vmci (38) o Sara Errani (42) magnifiche comprimarie. E non si venga anche a dire che mancavano le Williams, perché nello sport l'atleta vincente è un mix di tecnica, forza, ma anche di ottima con -dizione fisica. Ergo, rimpiangere un giocatore infortunato è come imprecare perché la nonna non aveva le ruote. A voler essere pignoli bisogna evidenziare il fatto che la Schiavo-ne è del 1980, mentre la Oudin è del 1991 e la Vandeweghe del 1992. Ci sta dunque che Francesca abbia pagato un po' di stanchezza, ma in tal caso lo stesso discorso avrebbe dovuto valere anche per Flavia, che ha sì due anni meno della leonessa ma che è la stakanovista del circuito, avendo giocato nel 2010 ben 137 match fra singolo e doppio. L'ultimo la conquista del master a Doha in coppia con l'argentina Dulko. Per avere un'idea, basti pensare che la giovanissima n 1 attuale, la polacca naturalizzata danese Wozniacki, di match quest'anno ne ha giocati 93, ed è ovviamente fra le più impegnate. È giusto allora guardare dietro, come forse ha fatto la Fernandez dando fiducia alla 18enne Vandeweghe (comunque dotata di talento) e, seppur in seconda battuta, alla 19enne Oudin. Non è purtroppo la situazione nostra, dove capitan Barazzutti non ha molto da pescare alle spalle della brava Errani, che è del 1987 ma che non sembra avere grossi margini di miglioramento. In ogni caso questo è il momento di fare i complimenti alle nostre ragazze. Solo a loro, però, perché i maschietti al contrario sono ai minimi termini: nessun azzurro nei primi 50 del mondo. L'ultima notizia è che Bolelli (114) - da grande speranza si è ornai trasformato in delusione - vorrebbe farsi allenare dai tecnici federali - Furlan e Barazzutti - cui si attribuisce il merito dell'exploit della leonessa in quest'ultimo anno, compreso il successo al Roland Garros. Siamo chiaramente allo stato confusionale. Con tutto il rispetto faremmo il male del tennis se credessimo veramente che qualche seduta di allenamento al Centro Tecnico di Tirrena e qualche consiglio di capitan Barazzutti siano stati decisivi per far vincere a una giocatrice di trent'anni un torneo dello slam. Così come sbaglierebbe il bolognese a pensare di risolvere in casa federale quei problemi che non ha risolto con due dei migliori coach in circolazione, Pistolesi prima e Piatti dopo. Proprio della differenza tra tennis maschile e femminile si parlerà al 12 Simposio Internazionale in programma il 13-14 novembre a Basiglio (Sporting Milano 3)


 

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker