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13/11/2010 12:56 CEST - Storie di tennis

Cina, la prossima frontiera

TENNIS - Il trionfo nel doppio olimpico di Atene di Li Ting e Sun Tian Tian ha fatto scoprire il tennis a tutta la Cina. Lo sviluppo, favorito anche dalla tradizione del badminton e del ping-pong, ha portato alla proliferazione di campi e di impianti e ha reso la Cina uno dei più grandi potenziali mercati per il tennis. Emerge, però, la diversità di trattamenti, e risultati, tra donne e uomini, a favore delle prime. Alessandro Mastroluca

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Per anni la Cina è stata un mistero comunista. Oggi è un'incognita capitalista in cui lo sport ha svolto un ruolo non secondario nei processi di sviluppo e di integrazione. I primi che dall'estero ne hanno compreso le potenzialità sono stati gli americani dell'NBA che hanno aperto uffici in Cina nel 1992 e vi hanno ospitato le prime partite nel 2004.

Un anno chiave, quello, per lo sport, e per il tennis, cinese. L'anno in cui Li Ting e Sun Tian Tian vincono l'oro olimpico in doppio ad Atene. “Quella finale è stata tra le più viste di quell'edizione” ha spiegato Guoli Ma, che nel 1989 ha fondato il broadcaster CCTV, che ha trasmesso le immagini di quelle Olimpiadi.

Per la Cina è una vera rivoluzione: è la scoperta del tennis.

La scoperta del tennis – Per anni, in Cina racchette e palline sono state sinonimo di tennistavolo, o al massimo di badminton. Anche Na Li, prima cinese in assoluto (tra uomini e donne) ad entrare nella top-10 del ranking di singolare, per due anni, dai sette a nove anni, ha giocato a volano. Quando il suo coach le propone di provare il tennis la sua candida risposta è: “E cos'è?”.

Anche Zheng Jie, prima cinese a vincere uno Slam (in coppia con Yan Zi ha trionfato agli Australian Open e a Wimbledon) scopre il tennis un po' per caso. I coach che l'hanno avvicinata, nel 1990, nella provincia di Sichuan le hanno dovuto spiegare che era uno sport simile al ping-pong ma che si giocava con racchette e palline più grandi: l'hanno convinta solo grazie alla possibilità di avere dei bei vestiti nuovi.

Buona parte del merito della nuova cultura tennistica cinese è di Sun Jinfang, che all'inizio degli anni 2000 è arrivata alla presidenza della Chinese Tennis Association. Nei primi due anni ha aumentato gli investimenti per permettere a giocatori e giocatrici di andare a giocare all'estero (erano anni in cui la Federazione spendeva complessivamente poco più di un milione di dollari l'anno per aiutare i suoi tennisti a costruire una carriera professionistica). Ma non tutti, comunque, potevano permetterselo, e tra il 2001 e il 2004 Sun Jinfang ha portato i tornei organizzati in Cina da 10 a 19. in più, ha facilitato l'introduzione dei metodi scientifici nell'allenamento e nella preparazione.

La vittoria olimpica, i successi negli Slam in doppio hanno contribuito a far decollare la popolarità del tennis. “E' importante per me essere popolare in Cina: è il mio modo per aiutare la Cina” ha detto Na Li. Ma con la federazione cinese l'anno scorso ha rotto: adesso può scegliersi i coach e la programmazione, e soprattutto può tenere per sé tutto il prize money, in quanto tutti i tennisti che gravitano nell'ambito dell'establishment nazionale devono devolvere una quota maggioritaria dei guadagni alla federazione.

Li, che molti nell'ambito federale consideravano “un costante mal di testa” (secondo quanto riferì un insider l'anno scorso all'Asia Times Online) ha criticato i tifosi che l'hanno attaccata per la sconfitta nella semifinale olimpica di Pechino e da allora non ha più giocato in Fed Cup. Critiche sostanzialmente rientrate dopo gli Australian Open 2010 e la vittoria su Serena Williams che l'ha portata fino alle semifinali. Il contemporaneo successo di Zheng Jie su Maria Kirilenko ha fatto sì che per la prima volta nella storia due cinesi fossero tra le migliori quattro di uno Slam.

Le conseguenze dell'amore – “E' come una piramide” ha spiegato Na Li. “Più larga è la base, più alto sarà il vertice”. La “base”, secondo i dati della Wta, è passata dal milione di praticanti del 1988 (anno in cui il tennis è tornato uno sport olimpico) ai 14 milioni del 2010 (dati di marzo), circa la metà degli statunitensi.

Una crescita resa possibile dal combinato disposto di due fattori. Da un lato il tennis è il terzo sport più trasmesso dalle tv cinesi, dopo il calcio europeo e il basket. La China Central Television (CCTV), che ha un accordo sia con l'Atp che con la Wta (quest'ultimo stipulato nel 2009 da David Shoemaker, dopo l'apertura della sede di Pechino dell'associazione), trasmette 600 ore di tennis all'anno e raggiunge oltre 330 milioni di case.

Dall'altro, il governo da diversi anni considera il tennis come una priorità nell'ambito delle politiche sportive e ha offerto incentivi fiscali per la costruzione di campi e infrastrutture. Oggi ci sono quasi 65 mila campi da tennis, con una prospettiva di crescita, secondo quanto ha rivelato la Infront Sports and Media, del 15% l'anno. “Molte città hanno centri che non possono ospitare eventi internazionali, ma possono andare benissimo per tornei locali o regionali”, ha raccontato l'anno scorso Zhang Shuai a China Sports Today. “Il costo medio per un'ora di tennis è di 15 o 30 yuan (2 o 4 dollari circa), e questo lo rende più accessibile di altre discipline. In più, molti in Cina pensano di poterlo giocare, vista la tradizione del ping pong”.

Dal 2007, poi, è partito il programma “Swing for stars” per lo sviluppo dei ragazzi under-12, che ha offerto anche corsi di aggiornamento a oltre un centinaio di coach. Quest'anno il programma si è chiuso con l'evento China Tennis Gran Prix, sponsorizzato da Mercedes Benz.

Ma la piramide cinese, ed è questa la prima delle due grandi discrasie del movimento nazionale, è tutta pendente al femminile, perché gli investimenti e l'attenzione sono stati concentrati su un piccolo gruppo di ragazze (quelle che avrebbero potuto portare medaglie olimpiche a Pechino 2008), a scapito del tennis maschile. Non a caso il migliore cinese (escludendo il taiwanese Hsun-Lu) nell'ultimo ranking Atp è Zhang Ze, numero 308.

Cercasi pari opportunità - L'anno scorso Zheng Shaoxuan, ex promessa del tennis nazionale e wild-card al Masters 1000 di Shanghai 2009 dove batté Sela al primo turno prima di perdere da Tsonga, confermò che “i tennisti in Cina non hanno le stesse opportunità di giocare ad alto livello delle ragazze”.

L'occasione principale arriva proprio con il Masters 1000 di Shanghai, che quest'anno di storie da raccontare ne ha offerta più di una. Zhang Ze ha quasi battuto Ivan Ljubicic (allora numero 3 del mondo): nel suo 2010, prima, spiccava solo una finale nel challenger di Fergana. Solo le sue difficoltà con la seconda palla hanno evitato la sconfitta al croato, vincitore 57 63 64.

Wu Di ha lottato con l’influenza, con successo, e invano contro Hsun Lu. Ma il vero eroe della settimana è stato Yan Bai, numero 465 del ranking allora, ma 730 fino a due settimane prima, che aveva raccolto i primi punti ATP qualche mese prima, il 26 luglio. È talmente sconosciuto che quasi tutti i media occidentali, compreso il Guardian, ne invertono primo e secondo nome. Dopo dieci vittorie di fila in due futures cinesi, arriva al best ranking e alla wild card per Shanghai. Un pessimo Stepanek gli spiana la strada per il secondo turno (Bai vince 6-3 6-4) e per un assegno da 21 mila dollari, quasi il triplo del montepremi guadagnato in tutta la sua carriera fino a quel match (7.777 dollari).

Al secondo turno Bai raccoglie quattro giochi contro Murray e si sfoga. “I tennisti cinesi sono ancora alle primissime fasi del professionismo. Nessuno di noi ha giocato molto ad alto livello. Ci servono coach e giocatori stranieri”.

Shanghai, città che ha respirato per anni tennis di alto livello (ha ospitato la Masters Cup nel 2002 e dal 2005 al 2008), non ha però del tutto risposto al richiamo del Qi Zhong Tennis Center, lo stadio più costoso del tour (sono stati spesi 230 milioni di dollari per costruirlo). I biglietti per la finale, andavano quest’anno da 85 a 480 dollari circa, il doppio dello stipendio mensile medio di un programmatore di computer cinese.


Il torneo, insieme al China Open, torneo che si disputa a Pechino ed è tra i tornei Premier nel calendario della WTA continuano ad attirare sponsor e contratti milionari. Ed è questa la seconda discrasia nel movimento tennistico cinese, la discrepanza tra interesse generato, indotto economico del tennis da un lato e risultati dall’altro.

Alla conquista dell’Est – Se adesso a Shanghai si gioca un Masters 1000 da oltre 3 milioni di dollari di montepremi e un torneo combined a Pechino dal prize money complessivo di 6,6 milioni di dollari gran parte del merito va a Brad Drewett. Vincitore di due titoli di singolare e sei in doppio, capace di diventare nel 1984 il giocatore australiano con la più alta classifica fino a quel momento (n.34), si è ritirato nel 1990 e tre anni dopo è diventato CEO dell'International Group dell'ATP. E' dal 1998 che Drewett si è impegnato per portare il tennis in Cina.

Ed è anche merito suo se il gigante dell'abbigliamento sportivo made in China Li Ning ha stretto un accordo di sette anni con l'ATP per produrre apparel, scarpe e accessori in co-branding. Il marchio, che ha tra gli altri un contratto con i Cleveland Cavaliers, è anche l'attuale sponsor di Ivan Ljubicic.

Sono solo piccoli esempi di quello che potrebbe diventare, se c'è da dare ragione a Tom Cannon, professore ed esperto di finanza dello sport della Scuola di Management dell'Università di Liverpool, un mercato da 4 miliardi di dollari.

Esempi di quella che è ancora un'incognita e una promessa.

Alessandro Mastroluca

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker