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16/11/2010 20:14 CEST - IL PERSONAGGIO

Mika e il serve and volley perduto

TENNIS – Michael Llodra è arrivato in semifinale a Parigi-Bercy, nell’ultimo Masters 1000 di stagione, giocando un tennis d’altri tempi. Gli appassionati adorano il suo serve and volley "old style". Molti si chiedono: semplice exploit o inizio di una seconda vita tennistica per il francese? Le prime risposte arriveranno dalla finale di Coppa Davis, in cui si è candidato per un posto in singolare. Claudio Gilardelli

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Una capacità rara nel toccare la palla, soprattutto nei pressi della rete, magari a seguire un servizio scagliato dall’alto dei suoi 190 cm, potente o angolato. Ma anche accelerazioni da fondo e soprattutto attacchi in controtempo che fanno sognare gli amanti del tennis d’altri tempi, quello dei gesti bianchi.
Sono il marchio di fabbrica del gioco di Michael Llodra, francese di Parigi, nonostante il cognome di origine catalana. Un talento cristallino, affinato prendendo come modello il gioco di Stefan Edberg, suo idolo, sotto la guida di George Deniau, allenatore già di Guy Forget e Jacob Hlasek. Un tennista che ha probabilmente raccolto meno di quanto avrebbe potuto e che, seguendo lo stereotipo del genio un po’ pazzerello, ha fatto spesso parlare di sé per la sua estroversione dentro e fuori dal campo. Come quando si nascose, completamente nudo, nell’armadietto di Ivan Ljubicic durante il torneo di Miami nel 2005, o come quando, nel 2004, per festeggiare la vittoria in doppio con il compagno Fabrice Santoro agli Australian Open, si tolse maglietta, scarpe, pantaloncini e calzini e, rimasto in slip, gettò i vestiti alla folla in delirio. Ora, Llodra sembra aver trovato un po’ di continuità, ottenendo, quest’anno, alcuni risultati importanti che hanno riacceso la speranza di un ritorno ad alti livelli del serve & volley. Ma quali sono i motivi per cui non possiamo illuderci che questo accada? A mio parere ce ne sono almeno tre.

L’età
Nato il 18 maggio del 1980, Mika, sembrava destinato a imboccare la parabola discendente della sua lunga carriera, quando non più tardi di un anno fa, a 29 anni, era precipitato intorno alla 120esima posizione mondiale, lui che era stato al massimo n.34.  C’è da dire però che, andando a rileggere la storia di questo 2010, sono stati molti i trentenni (o quasi) che si sono tolti delle soddisfazioni: è stato così per Ivan Ljubicic e Mardy Fish, e, tra le donne, per la nostra Schiavone e, in modo minore, per Martinez Sanchez, senza parlare ancora della Date, su cui si è detto già tutto. È evidente che i trent’anni sono una stagione della vita ricca di opportunità, non solo per i tennisti: si è ancora indubbiamente giovani, in buone condizioni fisiche, e si raggiunge una serenità e una maturità frutto di consapevolezze importanti, quali, ad esempio, la famiglia, l’accettazione di sé stessi, delle proprie qualità e dei propri limiti. Un mix di fattori che può rappresentare un valore aggiunto in grado di aiutare a riconoscere e cogliere al volo l’occasione (anche di tutta una vita) quando essa si presenta.
Sembra essere di questa opinione anche Llodra, che ha affermato recentemente all’Equipe: “A 30 anni ho un po' di esperienza di più. Arrivo a gestire sempre meglio la mia carriera. Con l'aiuto di alcune persone, ora mi sento a mio agio. Ho quasi una seconda carriera che mi attende: sono ancora in forma e non mi sento bruciato fisicamente o mentalmente. Ci ho messo un po’ di tempo a capire alcune cose, ma sento che questo mi permetterà di andare più lontano”. E quali sono queste cose? “All'inizio della mia carriera, giocavo solo per fare colpi fantastici, divertire gli spettatori e divertirmi. Oggi riesco a restare concentrato, giocare il mio tennis d’attacco e divertirmi lo stesso. Voglio giocare bene in Francia perché è lì che provo le sensazioni più piacevoli, quando gioco davanti alla mia famiglia e ai miei amici. Voglio giocare bene anche nei tornei del Grand Slam. Ho la consapevolezza di essere in grado di fare una semifinale a un Masters 1000 e anche di puntare più in alto”.   Ma i campioni che sono riusciti a mantenersi costantemente ad alti livelli dopo una certa età sono davvero pochi e bisogna scomodare mostri sacri come Connors, Agassi o Navratilova. Anche Mika lo sa: “Non sto dicendo che accadrà ogni settimana (di fare bene in un torneo importante, ndr) ma quando vedo di cosa sono capace giocando nella media, mi ricordo di quando ho davvero giocato bene e penso che potrei andare lontano”.

Effetto Davis
La partita che ha dato inizio alla cavalcata di Llodra è stata quella con Nole Djokovic, antipasto della prossima finale di Coppa Davis a Belgrado. La vittoria di Mika sul più quotato avversario deve essere necessariamente collocata in questo contesto molto particolare e poco riproducibile e letta anche sotto questa luce. La finale di Davis è infatti uno stimolo che non può essere considerato secondario per un francese, popolo che dimostra da sempre un attaccamento unico al proprio paese, e soprattutto per Llodra che in questa manifestazione ha un rapporto di 11 vittorie a 5 in doppio in 16 incontri a partire dal 2002 e voleva dimostrare di poter essere decisivo anche in singolare. Forget, però, intervistato dall’Equipe, non si sbilancia: “Mika è il mio pilastro in doppio, ma non sappiamo che condizioni ci saranno a Belgrado mentre a Bercy, la superficie è stata accelerata e si adatta perfettamente a Llodra. Una delle possibilità è vedere chi si adatterà meglio al terreno di gioco. Sono comunque molto felice che abbia giocato in questo modo, a Parigi davanti alla sua famiglia e gli amici. È soprattutto un premio per tutto il duro lavoro e l'accuratezza che ha messo nel voler migliorare. Ora è in grado di giocare un tennis spettacolare, ma soprattutto efficace. È questo l’aspetto in cui ha fatto i maggiori progressi. Oggi, è pienamente consapevole delle sue capacità e ce lo ha mostrato più volte in Coppa Davis.”

Alla fine non ha vinto Bercy
Facciamo alcune considerazioni. Il Masters 1000 di Parigi è un torneo con condizioni molto particolari: è l’ultimo torneo di una stagione lunga, che cade una settimana prima del Masters, dove i più forti arrivano spesso affaticati o infortunati o con poche motivazioni. Non a caso negli ultimi cinque anni i vincitori sono stati, fatta eccezione per Djokovic, giocatori non di primissima fascia, quali Tsonga, Nalbandian, Davydenko e Berdych, a caccia del risultato per riscattare una stagione deludente o dei punti necessari per qualificarsi al Masters.
A questo si aggiunga la superficie molto veloce di quest’anno, con un rimbalzo basso, che ha permesso a Llodra di fare il suo gioco, cioè scendere a rete spesso e volentieri, soprattutto sul suo servizio, e da fondocampo confondere gli avversari con cambi di ritmo.
Alla luce di tutto ciò e anche se Llodra afferma, giustamente, di aver “Raggiunto un traguardo importante con la mia prima semifinale a Bercy, ho giocato bene nei momenti importanti, non mi sono lasciato prendere dal panico”, alcuni interrogativi restano in sospeso: come mai Mika nel torneo più importante di Francia dopo il Roland Garros, davanti a un pubblico amico, non è riuscito a far girare a suo favore la semifinale con Soderling, sempre battuto in precedenza, e non ce l’ha fatta, se non a vincere il torneo, quantomeno ad arrivare in finale? E se non ne è stato capace in queste condizioni, riuscirà mai a ripetersi o a vincere qualcosa di davvero importante?

In fiducia sul futuro
Ora Llodra si trova a pochi passi dalla top 20 ed è n.3 di Francia. E anche se a inizio anno affermava che “In termini di classifica, non ho obiettivi da perseguire” chissà che non riesca a migliorare ancora il suo ranking e che questo non gli permetta davvero di avere finalmente una buona occasione in qualche torneo davvero importante, come lui stesso sogna: “Quando analizzo la mia carriera, mi rendo conto di aver fatto grandi cose in doppio e di aver giocato molto bene in singolare”. E in effetti Mika ha ottenuto risultati che uno qualsiasi dei nostri giocatori invidierebbe. Dacché è professionista ha vinto cinque tornei nel singolare, tutti di un certo spessore e tradizione. Nel 2004 si impone a 's-Hertogenbosch, sull’allora n.3 del mondo Coria. Replica quattro anni dopo a Adelaide, battendo Nieminen, e prosegue sconfiggendo nientemeno che Soderling nella finale di Rotterdam. Gli ultimi due tornei li mette in cascina quest’anno, a Marsiglia, dove sconfigge in una finale tutta “bleu” Benneteau, e a Eastbourne, battendo il n.5 del seeding Garcia-Lopez 75 62 in poco più di un’ora. Nel frattempo, trova il tempo di vincere, in coppia il suo storico compagno, Fabrice Santoro, due tornei dello slam, due Australian Open consecutivi (nel 2003 e nel 2004). Insieme a Santoro vince anche un Masters nel 2005, mentre più recentemente, nel 2007, ha trionfato a Wimbledon in coppia con Arnaud Clement. Tuttavia “Mi manca un grande risultato in un torneo del Grande Slam, come una semifinale. Oggi ho la maturità per farlo. Se devo scommettere su un torneo, questo è Wimbledon. Ma a Londra ho avuto spesso sorteggi sfortunati e non ho mai vinto due partite di fila, anche se sento che sull’erba riesco ad esprimermi al meglio”.

E voi cosa ne pensate?

Claudio Gilardelli

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker