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18/11/2010 03:45 CEST - US Open

Tetto a Flushing ma non per l'Ashe

TENNIS - La USTA ha approvato un programma di rinnovamento da 300 milioni di dollari per l'impianto di Flushing Meadows: Armstrong e Grandstand saranno demoliti e sostituiti da due stadi nuovi, uno dei quali predisposto ad avere un tetto retrattile. L' Arthur Ashe rimarrá come ora, é troppo grande per essere coperto. A lavori ultimati, come si comporteranno se nelle giornate finali dovesse piovere? Vanni Gibertini

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Ci sono volute tre finali maschili consecutive rinviate al lunedí a causa del maltempo per convincere la USTA (United States Tennis Association, la federtennis americana) ad affrontare in maniera seria il problema e mettere mano al portafoglio. Il consiglio ha approvato un piano di ammodernamento del Billie Jean King National Tennis Center di Flushing Meadows che, per una spesa totale superiore ai 300 milioni di dollari, prevede la demolizione dello storico Louis Armstrong Stadium e del Grandstand, e la costruzione al loro posto di due stadi piú piccoli, il piú grande dei quali sará “roof ready”, ovvero costruito in modo tale da poter essere dotato di un tetto retrattile.

L’attuale Arthur Ashe, con una capienza di 22.547 spettatori (piú gli ospiti delle corporate suites), é lo stadio per il tennis piú grande al mondo. Come é stato piú volte confermato durante le ultime edizioni degli US Open disturbate dalla pioggia, non ha una struttura tale da poter sopportare il peso di un tetto, per cui continuerá a svolgere il suo ruolo di arena principale anche negli anni a venire, con lo scopo di accogliere le grandi folle newyorkesi, almeno nelle giornate in cui Giove Pluvio vorrá assentarsi dalla Grande Mela.

Solamente un decimo della cifra totale (circa 30 milioni di dollari) é peró stata stanziata dalla USTA, che prevede di continuare ad usare il Louis Armstrong ed il Grandstand per i prossimi 6-8 anni. Verrá invece iniziata immediatamente la costruzione di un mini-stadio da 3000 posti, nella zona sud-est dell’impianto a fianco dell’area ospitalitá, che sará sicuramente pronto per l’edizione 2012 degli US Open, ma che potrebbe anche essere disponibile entro il prossimo agosto per l’edizione 2011. I fondi per finanziare l’intero progetto dovranno peró essere necessariamente trovati entro il 2016-2018 in quanto i due campi storici del National Tennis Center, costruiti in soli 9 mesi nel 1978 per consentire agli US Open di traslocare dalla ormai vetusta struttura di Forest Hills, sono stati edificati su una discarica di rifiuti e recenti perizie hanno evidenziato come le strutture inizieranno progressivamente a deteriorarsi entro i prossimi 6-8 anni.

Il piú piccolo dei due nuovi stadi sará costruito all’incirca nella stessa posizione ove ora sorge il Grandstand e godrá di una capacitá di circa 7000 posti, contro i 6100 dell’attuale campo. Anche se sicuramente la nuova struttura sará piú moderna e confortevole del vecchio Grandstand che giá da diversi anni sta mostrando i segni del tempo, é probabile che l’atmosftera e la grande vicinanza al campo degli spettatori che si gode ora sul terzo campo piú importante di Flushing Meadows rimarranno un ricordo di chi ha avuto la fortuna di assistere alle tante battaglie che vi si sono disputate. La grande novitá sará peró rappresentata dal piú grande dei due nuovi stadi, che avrá una capienza di circa 12-14.000 posti (contro i 10.700 dell’attuale Louis Armstrong) e che, sebbene non verrá costruito immediatamente con un tetto retrattile, sará peró concepito per poter essere coperto in un secondo momento, consentendo cosí di continuare il gioco anche in caso di maltempo.

Questa soluzione rappresenta comunque un compromesso abbastanza atipico tra l’impossibilitá di rinunciare ad una struttura molto capiente ma necessariamente outdoor come l’Arthur Ashe, ed il desiderio di fornire alla televisione partite in diretta in qualunque condizione atmosferica. Si verrá peró a creare una situazione, unica in tutti i tornei dello Slam ed in generale inedita in tutto il tennis professionistico, nella quale i giocatori programmati sul secondo campo in ordine d’importanza godranno di un notevole privilegio rispetto ai top players normalmente impegnati sull’Arthur Ashe. Senza contare poi che, nel caso in cui il maltempo dovesse distrurbare le giornate conclusive (nelle quali tutti gli incontri vengono normalmente programmati sull’Ashe), gli organizzatori si troverebbero nell’imbarazzante situazione di dover sistemare nello stadio “coperto” circa 10.000 spettatori in piú di quanti saranno i posti disponibili.

E’ evidente che la USTA ha cercato di conciliare capra e cavoli, cogliendo l’occasione dell’inevitabile rifacimento dei due campi storici per cercare di risolvere il problema della mancanza di un tetto, problema che si é presentato in maniera plateale durante le fasi finali delle ultime tre edizioni. La soluzione trovata é ben lungi dall’essere ideale, ma deve necessariamente accomodare la scelta di lungo periodo, fatta nel 1997, di dotare il torneo del monumentale Arthur Ashe per produrre l’offerta di biglietti necessaria a rendere il tennis appetibile al grande pubblico newyorkese. A suo tempo la USTA venne posta davanti al dilemma di costruire una struttura piú piccola, ma con il tetto mobile, oppure l’attuale gigantesco catino che abbiamo imparato a conoscere. La scelta ha favorito i record di affluenza che si sono succeduti nel corso delle ultime edizioni (oltre 700.000 spettatori in quindici giorni), ma paradossalmente ha trascurato i bisogni della televisione (il network CBS) che pure versa 21 milioni di dollari l’anno per i diritti di trasmissione e controlla saldamente la programmazione, imponendo la follia tecnica del Super Saturday.

Quello che sembra chiaro comunque é che nel giro di pochi anni il tennis perderá uno dei teatri che hanno ospitato alcune delle piú grandi battaglie della sua storia moderna. il Louis Armstrong, originariamente costruito costruito per accogliere 21.165 spettatori, ha ospitato le finali degli US Open per 19 edizioni, dal 1978 al 1996: tra esse ricordiamo l’epica battaglia tra Lendl e Wilander nel 1988 (6-4 al quinto dopo 4 ore e 55 minuti), che incoronó lo svedese n.1 del mondo, la vittoria di Steffi Graf lo stesso anno che sancí l’unico Grande Slam della storia moderna, ed il primo Slam di Pete Sampras contro Agassi nel 1990. Ma anche senza le finali, non si possono dimenticare le memorabili maratone di Jimmy Connors nel 1991 che raggiunse le semifinali a 39 anni, battendo Patrick McEnroe rimontando due set, Aaron Krickstein 7-6 al quinto sotto un sole impietoso, e Paul Haarhuis nei quarti mettendo a segno un punto che rimane di diritto nella storia del tennis; e non si puó non menzionare che su questo campo Chris Evert giocó l’ultimo match della carriera (quarti contro Zina Garrison nel 1989), Sampras vomitó in campo prima di vincere 7-6 al quinto contro Corretja (quarti, 1996), e Adriano Panatta giocó una delle sue migliori partite fuori dalla terra battuta cedendo a Jimmy Connors solamente per 7-5 al quinto set (quarti 1978).

Vanni Gibertini

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker